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Secessionisti veneti: sino a che punto prenderli sul serio?

Di cosa si tratta, di un piccolo manipolo di esaltati o di una cosa molto più pericolosa? È plausibile l’ipotesi della nascita della lotta armata in Veneto? Veneto come i paesi baschi? Queste domande sono rimbalzate per tutta la giornata del 2 aprile, alla notizia dell’arresto di 24 indipendentisti veneti, che disponevano di una certa quantità di armi fra cui un rudimentale carro armato: un trattore con delle lamiere, munito di una imprecisata arma da tiro. Le notizie sono poche, parziali e frammentarie e la fonte più ricca di informazioni sono i testi di alcune intercettazioni telefoniche pubblicate il 2 aprile scorso “Fatto quotidiano” (leggetele, sono molto interessanti).

Ma è probabilissimo che nelle carte degli inquirenti ci sia decisamente di più: conosco per esperienza la procura bresciana e so che non sono prodighi di notizie con la stampa, per cui è bene muoversi con molta cautela, partendo dalle poche evidenze:

1. il “carro armato”: non sappiamo quale sia lo spessore della lamiera è come siano state effettuate le saldature, ma è con ogni evidenza una costruzione rudimentalissima ed, a primo colpo d’occhio una cosa da sfasciacarrozze non in grado di resistere ad un colpo di mortaio o, forse, anche meno

2. Il numero dei partecipanti: gli arrestati sono solo 24 (e non sappiamo sino a che punto ciascuno è coinvolto), naturalmente è possibile che ce ne siano molti altri, pronti a partecipare alla lotta (vedremo se ci saranno altri arresti o, almeno, avvisi di garanzia). Però, anche dalle intercettazioni, si ricava l’impressione di una organizzazione non numerosa e non particolarmente complessa, come dovrebbe essere se si trattasse anche solo di diverse centinaia di persone. Né vi sono altre evidenze che facciano sospettare seguiti particolarmente numerosi. Dunque, nel complesso ci sembra che si tratti di alcune decine, al più, un centinaio di persone. Troppo poche per un’insurrezione.

3. Le armi: ci sono, ma non si dice né quante né di che calibro o potenza di fuoco, tuttavia se ci fossero stati anche alcuni kalashnikov se ne sarebbe parlato al pari del “carro armato”. Dunque, si immaginano al più qualche decina di pistole e, al massimo, qualche carabina: poca roba.

4. Livello di professionalità degli uomini: molto prossimo allo zero, almeno dal punto di vista della cospirazione sono dei veri polli, essendosi fatti beccare prima di fare alcunché. E le intercettazioni fanno capire che il gruppo era nel mirino del Ros da un pezzo.

5. Rete di relazioni: sappiamo di un incontro con altri due gruppi indipendentisti (sardi e friulani) nel 2012 da cui sarebbe scaturita l’ “Alleanza”. Anche qui poca roba. Però dalle intercettazioni si sente parlare di viaggi in Albania (“dove c’è l’arsenale”) e di contatti con la Serbia, non sappiamo se a livello istituzionale o, più sensatamente, con qualche altro gruppo estremista. Da considerare, anche perché potrebbe trattarsi di contatti con la mafia albanese e l’arsenale potrebbe rivelarsi ben più cospicuo di quello trovato sin qui, ma neanche qui è tutto da vedere.

Tutto ciò premesso, si ricava che, con quelle armi e quel numero di uomini non si fa né una insurrezione né una guerriglia. Si può fare una azione dimostrativa eventualmente molto cruenta. Ma, al termine della quale, non ci sarebbe scampo per gli attentatori che finirebbero tutti arrestati o peggio (e, infatti, nelle intercettazioni, si dà più o meno per scontato il rischio di finire in galera).

Ma a che scopo? Una prima ipotesi è quella della “scintilla che dà fuoco alla prateria”, cioè un gesto clamoroso a seguito del quale inizia la vera insurrezione. In effetti, nelle intercettazioni c’è chi dice che “parte della polizia sta con noi”, per cui i congiurati si sarebbero attesi (non sappiamo sulla base di quali elementi o fantasie) una defezione dei corpi armati dello Stato, il che avrebbe dato altra concretezza al piano eversivo. Ma, per quanto la situazione in Veneto sia piuttosto tesa (ad es. è una delle regioni in cui ci sono stati diversi suicidi di imprenditori ed in cui si avverte un marcato malcontento fiscale), appare del tutto improbabile lo sviluppo di una rivolta armata in qualsiasi forma. Anche il “referendum” di una decina di giorni fa che parlava di un 80% di veneti favorevoli all’indipendenza, con una partecipazione di milioni di votanti, era una palese bufala priva di ogni consistenza che solo la fame di scoop dei nostri mass media ha trasformato in qualcosa di cui valga la pena di parlare.

Se realmente gli arrestati pensavano a questa eventualità, vuol dire che avevano perso ogni contatto con la realtà e che i recenti avvenimenti ucraini ne avrebbero esaltate le aspettative. Dopo di che l’insurrezione non ci sarebbe stata, ma, magari, un po’ di morti ci sarebbero scappati. Oppure come la miccia che consente ad altri di intervenire. Ma non ci sono elementi che supportino questa ipotesi.

Dunque, potremmo concludere con il giudizio del comandante del Ros di Brescia, autore dell’inchiesta: velleitari ma pericolosi.

Però c’è qualche aspetto che induce a non accontentarci di questa soluzione così tranquillizzante. Ad esempio la presenza fra gli arrestati di Franco Rocchetta. Non sappiamo, peraltro quali siano gli elementi a suo carico e sino a che punto sia realmente coinvolto nell’affaire (lui per ora sembra smentire ogni partecipazione), tuttavia Rocchetta non è un personaggio da prendere sotto gamba: il suo nome spunta nell’elenco dei partecipanti al viaggio nella Grecia dei colonnelli, organizzato dagli uomini dell’Aginter Presse e di Ordine Nuovo. Pochi mesi dopo, l’uomo era a Praga, proprio quando arrivavano i carri armati russi: un’ottima posizione per chi debba riferire. Nel 1980 fondò la Liga Veneta, la “madre di tutte le Leghe” che , già nel 1983 ottenne un deputato ed un senatore. In seguito, la Liga Veneta confluì nella Lega Nord e Rocchetta fu deputato e sottosegretario.

Un personaggio certamente non riducibile ad un esaltato, anche se sicuramente ha posizioni estremistiche che lo hanno portato a rompere con la Lega Nord, accusata di aver rinunciato all’obbiettivo separatista. E dunque, occorre saperne di più e capire se sia realmente convolto nella cosa, perché se lui fosse dentro, dovremmo guardare al fatto con tutt’altra ottica. Ad esempio, il progetto in sé resterebbe ugualmente velleitario, ma potrebbe sorgere il dubbio che sia funzionale ad altri obiettivi non dichiarati. E magari scoprire che ci sono altri interessati a suscitare l’immagine di un paese allo sbando attraversato da fremiti di lotta armata.

E dovremmo chiederci: chi muove i fili di questa grottesca rappresentazione?

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Marco Barone xcolpevolex (---.---.---.167) 4 aprile 2014 14:47
    Marco Barone

    Condivido l’articolo. Sono diversi anni che segnalo l’indifferenza mediatica verso quello che accade in Veneto, in tema di "indipendenza", ma al momento opportuno il tutto è esploso .

    per esempio nulla si è detto dei centinaia di consigli comunali che si sono pronunciati in modo favorevole a richiedere l’indipendenza del veneto, ovviamente non tramite il referendum giunto alla luce grazie ai media, ma uno più istituzionale di cui si attende il parere della Regione Veneto, che ovviamente, come già accaduto in Sardegna, verrà probabilmente bloccato semplicemente perchè non costituzionale. La cosa che deve indurre alla riflessione è il tempismo, il coinvolgimento di certi personaggi, che alla fin fine vengono sempre fuori, le analogie con gli anni 90, quando le mafie sostenevano processi di autonomia territoriale e di indipendenza, ed in particolar modo anche il sostengo economico. Vi è un ceto imprenditoriale che probabilmente finanzia certe iniziative. Chi sono? Quanti sono? quanti soldi hanno raccolto? Perchè alla fine i soldi e la loro provenienza sono fondamentali per capire collegamenti ed intrecci. Comunque l’attenzione dovrà essere alta fino alle elezioni europee, poi, probabilmente, tutti questi processi verranno azzerati...ed anche qui vi sarebbe molto da dire...
    mb

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