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Chiesa: per i pedofili riprovazione morale, ma nessun obbligo di denuncia

Le leggi contro la pedofilia non sono affatto adeguate alla realtà della distruzione psicofisica che quel reato comporta.

Ne è una prova questo filmato che anche il Corriere.it ha messo in onda, dove si vede una ragazza americana di 28 anni che, a distanza di sedici anni da quando fu violentata da una sua insegnante, ha deciso di ricorrere alla giustizia. Trovando la strada sbarrata dalla decadenza dei termini per la denuncia.

Allora ha deciso di telefonare alla sua ex insegnante e di registrare la telefonata in cui esplicitamente la accusa di averle completamente distrutto la vita. Senza che la pedofila omosex sia riuscita nemmeno a capirne il motivo.

È agghiacciante la totale incapacità di queste persone di avere quel minimo di rapporto umano che faccia loro almeno intuire il disastro che provocano - un vero e proprio omicidio psichico - imponendo una genitalità adulta (sessualità è un termine del tutto fuorviante, non c’è niente di “sessuale” in una violenza pedofila) a bambine/i o ragazzine/i del tutto immaturi e impreparati.

Naturalmente sappiamo bene che esistono tendenze culturali che si arrampicano sugli specchi pur di dimostrare la liceità di rapporti fra adulti e bambini/adolescenti; a partire dalle dichiarazioni di un Foucault o dalle confessioni di un Cohn-Bendit

Ce l'ha ricordato Sergio Romano sul Corriere quando, anni fa, scrisse di un clamoroso caso accaduto in Francia nel 1977:

“Tre uomini erano stati arrestati per avere avuto rapporti sessuali con ragazzi non ancora quindicenni ed erano stati tenuti in carcere per più di tre anni in attesa di giudizio. Ma i ragazzi non erano stati oggetto di violenze e si erano dichiarati, a quanto pare, consenzienti. Fu questa l' occasione in cui alcuni intellettuali francesi firmarono una «petizione» in cui si chiedeva, tra l' altro, di eliminare dal codice leggi desuete e anacronistiche che non tenevano alcun conto della libertà e maturità sessuale dei ragazzi. Tra i firmatari della petizione vi furono tra gli altri Louis Aragon, Roland Barthes, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, André Glucksman, Felix Guattari, Jack Lang, Bernard Kouchner, Jean-Paul Sartre, Philippe Sollers, insomma il Gotha dell'intelligencija francese di quegli anni”.

Ma, sottolineò giustamente il corsivista, il testo degli intellettuali firmatari "non teneva conto della vulnerabilità psicologica di un minore e delle ricadute che questa estensione della libertà sessuale avrebbe potuto avere sulla sua vita”.

Da questo elenco, che comprendeva un ex ministro socialista della cultura (Jack Lang) e il fondatore di Medici senza Frontiere (Bernard Kouchner), mancava anche una nota esponente della psichiatria infantile d’oltralpe, la freudiana e allieva di Lacan, Françoise Dolto. Per il resto c’era l'élite della “cultura alternativa” di quei tempi, tanto che Giulio Meotti su Il Foglio del 7 settembre 2013 titolò “Il ’68 dei pedofili” un articolo che ripercorreva l’episodio di cui aveva parlato Romano tre anni prima (ma aggiungendo la Dolto, inspiegabilmente assente nell'elenco del Corriere).

Il giornalista del Foglio è entrato nel merito di quanto scriveva la stampa della delirante sinistra radicale nel corso degli anni ’70 e ’80: “Libération, definiva la pedofilia “una cultura volta a spezzare la tirannia borghese che fa dell’amante dei bambini un mostro da leggenda”, anche se poi ha fatto un uso politico della sua (peraltro condivisibile) denuncia, quando sembra voler usare le colpe della sinistra per alleggerire quelle della Chiesa: “Siamo alle origini dell’ipocrisia di una cultura e della sua classe dirigente che avrebbe posto sotto inquisizione la chiesa cattolica per gli abusi sessuali (veri o presunti)”. Presunti, li chiama.

Meotti, conscio proprio dell’importanza politica dell’argomento ci ritorna qualche giorno più tardi rinvigorendo le sue accuse al gotha dei Verdi tedeschi.

Anche Nichi Vendola, l’attuale governatore della Regione Puglia, e dirigente dell’ultimo baluardo storico della sinistra radicale italiana, in un’intervista pubblicata da La Repubblica il 19 maggio 1985 affermava tranquillamente: «Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti…». Dire che non è facile parlarne indica una confusione concettuale, una non chiarezza, in merito ai rapporti tra adulti e bambini che, si spera, il politico di SEL abbia risolto positivamente e definitivamente.

Ampiamente ambigui sarebbero stati anche i Radicali, secondo alcune accuse piuttosto articolate. 

Sempre su Repubblica, Antonio Gnoli intervistò Alberto Arbasino su Pasolini: “In quegli anni non c’erano termini che designassero omosessualità o pedofilia. (…) Allora non esisteva il nome e dunque non esisteva neppure la cosa” sostenne l’intervistato “Pier Paolo amava i minorenni, un’inclinazione che oggi sarebbe oggetto di una riprovazione assoluta”. Affermazioni chiare, ma dire, oggi, che Pasolini era un pedofilo solleva obiezioni e negazioni sdegnate.

Francesco Merlo sul Corriere si ribellò invece al parallelo tra pedofilia e cultura del ’68, in una difesa della cultura sessantottina che lascia molto perplessi viste le inequivocabili dichiarazioni di “assoluzione” dei rapporti con minori che ampia parte delle élite intellettuali di quella generazione e di quel fronte politico hanno fatto pubblicamente.

Ma poi c’è anche il fronte opposto, quello delle religioni che, nonostante alcuni casi siano avvenuti sia nelle scuole talmudiche della comunità ebraica newyorkese che nelle scuole coraniche di quella islamica di Londra o nel clero anglicano, riguardano essenzialmente la Chiesa cattolica. Per dimensioni e diffusione del crimine (termine più corretto della definizione di “fenomeno” che viene spesso usata per indicare i casi di abuso sui minori).

Naturalmente, dal momento che la “bolla” della pedofilia ecclesiastica non è affatto una “bolla”, ma migliaia o decine di migliaia di casi ormai assodati e dimostrati allora si ricorre ad una specie di curioso ricatto morale che sa tanto di chiamata di correo: “... è tutta la galassia culturale contemporanea che farebbe meglio ad ignorare la pedofilia clericale e a pensare ai suoi celebrati intellettuali primi fra tutti Foucault e Tournier, i magnifici corifei della "pedofilia dolce".

Farebbero meglio a ignorare, cioè - si insinua - conviene a tutti tacere. Dalla penna dell’autore (Giuliano Guzzo) sfugge una difesa d’ufficio dei preti pedofili, tanto quanto agli intellettuali di sinistra (o radicali) è sfuggita la difesa d’ufficio dei pedofili di sinistra (o radicali).

Una curiosa alleanza fra opposti fondata sulla logica mafiosa del non sentire, non parlare, non vedere. L’importante è negare, tacere, ignorare.

Anche se la Chiesa, ipocritamente, si sdegnava per la violenza sui minori proprio mentre varava i suoi codici interni (Crimen sollicitationis e De delictis gravioribus tutti imperniati sul "segreto pontificio") per impedire che con le denunce all'autorità civile le venisse arrecato pubblicamente un danno; mentre gli intellettuali del '68 tentavano addirittura di costruire una "cultura" distruttiva, facendola passare per progressista e liberatoria, che ancora oggi qualcuno cerca di riproporre; il riferimento è alle esternazioni recenti di un noto scienziato, Richard Dawkins, che mi è stato segnalato tempo fa da un lettore. Difficile dire chi è meglio e chi è peggio, se mai dovessimo scegliere.

Della distruzione della psiche e della vita di un numero vastissimo di minori importa evidentemente poco. Come sembra chiaro dalle "linee guida" presentate in questi giorni dalla Conferenza episcopale italiana in cui si conferma che i vescovi non hanno alcun obbligo, secondo la CEI a guida Bagnasco, di denunciare alle autorità giudiziarie i casi di pedofilia di cui fossero venuti a conoscenza. Solo un “obbligo morale” che, conoscendo la moralità dell’Istituzione Chiesa in merito, lascia decisamente perplessi. Una discrezionalità d’azione lasciata a quel clero che nei decenni ha dato ampie dimostrazioni di voler sempre e solo insabbiare i casi di violenza di cui era consapevole, salvo trasferire i preti coinvolti di diocesi in diocesi, contribuendo così a diffondere la peste come dei veri untori medievali.

Ma, curiosamente, larga parte della stampa considera un “cambiamento epocale” questa ignobile farsa di considerare la pedofilia un tema da impegno “morale”, ma non un obbligo tassativo e inderogabile, questo sì "morale", di denuncia penale.

Foto: Cesar Martin/Flickr

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