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Tre suggerimenti per il Rottamatore: otto per mille, ora di religione e parità scolastica

Nell’incontro con la stampa, al termine del Consiglio dei ministri dello scorso 12 marzo, il premier Matteo Renzi ha illustrato le riforme che ha intenzione di avviare nei prossimi mesi. Tra di esse, ha presentato anche un nuovo piano-scuola. Ma si tratta realmente di una riforma? Renzi ha in realtà preannunciato (non c’è ancora alcun provvedimento formale) lo stanziamento di tre miliardi per le ristrutturazioni scolastiche.

Le risorse si dovrebbero attingere dal Fondo sociale europeo (come già sostenuto dall’associazione dei costruttori edili, che però è di parte, avendo un tornaconto diretto nel provvedimento) e da imprecisati recuperi di spesa presso lo stesso ministero.

Persino lo stesso sottosegretario renziano al ministero dell’Istruzione, Roberto Reggi, ha sollevato dubbi in merito. Nei giorni scorsi ha infatti dichiarato a Repubblica che:

Matteo Renzi spara razzi nel cielo, quello è il suo talento, ma poi noi arranchiamo dietro. Sulla scuola dà i numeri. Mancano tutti i dettagli, e che dettagli. Nessuno sa davvero quante e quali sono le scuole su cui dobbiamo intervenire, né conosce i fondi disponibili”

Senza contare che i cento milioni già stanziati e assegnati sono a rischio: “Il ministro Giannini è costretta a prorogare di due mesi la scadenza per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione urgenti in quasi 700 scuole”, scrive sempre Repubblica.

Reperire i tre miliardi necessari per il piano-scuola è comunque possibile per un’altra via. Anzi, tre. La prima, e più semplice da tradurre in pratica, è l’utilizzo per l’edilizia scolastica di proprietà pubblica dei fondi dell’Otto per Mille statale, come abbiamo già scritto oggi: una campagna pubblicitaria in tal senso potrebbe facilmente spingere tantissimi cittadini a sottoscrivere per l’opzione “Stato”. Certo, tale scelta finirebbe per far diminuire le firme (e quindi i fondi) in favore della Chiesa cattolica. E certo, l’auspicio di un impegno governativo si scontrerebbe con lo staff iperclericale che si è appena installato alla guida del ministero dell’Istruzione. Ma una strada c’è, e ha delle potenzialità notevoli.

Il secondo suggerimento è la rottamazione di ogni contribuzione pubblica alle scuole private. La cifra stimata dall’Uaar è di circa ottocento milioni per le sole scuole cattoliche, che ne costituiscono il 65%. Ben oltre un miliardo di nuove risorse potrebbe dunque essere recuperato in tal modo, e nel solco di quanto recita la nostra Costituzione.

Ma c’è anche qualcos’altro che si può rottamare: l’ora di religione cattolica, un privilegio con i baffi che costa circa 1,25 miliardi l’anno alle disastrate finanze pubbliche. È vero che gli accordi concordatari di villa Madama sanciscono che:

“La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, é garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”

Ma non è scritto che l’insegnamento religioso debba essere retribuito dallo Stato. Anche perché i docenti sono scelti dai vescovi. Sarebbe dunque cosa buona e giusta che se li pagassero loro.

Che l’ora di religione cattolica sia un anacronismo lo pensano del resto ormai in molti. Nei giorni scorsi Il Movimento Cinque Stelle ha infatti presentato un’interrogazione parlamentare alla ministra Stefania Giannini in merito all’ora di religione. I deputati Vega Colonnese, Silvia Giordano e Roberto Fico chiedono se, nonostante il Concordato, si è valutato la possibilità di abolirla, sostituendola con un’ora di insegnamento laico e scientifico della storia di tutte le religioni. Secondo i parlamentari grillini occorre rispettare la sentenza 203/1989 della Consulta, che, pur “salvando” l’ora di religione, ha sancito come la laicità sia un supremo principio costituzionale e che quindi pretenderebbe dallo Stato equidistanza e imparzialità nei confronti di tutte le religioni. Per contro, l’ora di religione rappresenta “una netta preferenza” verso il culto cattolico.

È apprezzabile che qualcuno in Parlamento abbia rotto il tabù dell’ora di religione cattolica: se sostituirla, o con cosa sostituirla, sono in fondo questioni da affrontare in un secondo momento. Il catechismo pagato da tutti i contribuenti è assolutamente incompatibile con qualsiasi principio costituzionale di laicità dello Stato. I politici clericali possono comunque dormire sogni tranquilli: se alla Chiesa arrivassero meno fondi potrebbero sempre rivendicare di avere soddisfatto i desideri di papa Francesco.

Foto: Jeremy Vandel/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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