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Venezuela, un mese di violenza: polizia e milizie sotto accusa

 

At least two dead, 23 injured and more than 25 detained during protests

Dall’inizio delle proteste che dal 12 febbraio stanno interessando tutto il Venezuela, i morti sono già almeno 25 (tra cui tre poliziotti), i feriti 318 (di cui 81 poliziotti), gli arrestati 1322 (92 dei quali ancora in carcere).

In prigione sono anche 15 agenti di polizia, arrestati nell’ambito delle 25 inchieste ordinate dal ministro della Giustizia su altrettante denunce di tortura. La presenza degli agenti di polizia tra i morti e i feriti testimonia che le manifestazioni degli ultimi 30 giorni hanno avuto e hanno, in parte, carattere violento. Ma lo sproporzionato numero di vittime civili testimonia soprattutto che le forze di polizia stanno reagendo con un uso della forza eccessivo, non necessario e arbitrario (qui, un video che mostra l’uso di proiettili veri contro una manifestazione di studenti, nel corso della quale verrà ucciso Bassil Da Costa, 24 anni).

La pensano allo stesso modo, al riguardo, Human Rights WatchAmnesty International, secondo le quali il crescente clima di violenza e polarizzazione politica sta azzerando le garanzie sui diritti umani e mettendo a rischio lo stato di diritto.

Ha destato particolare preoccupazione la denuncia del Programma venezuelano di azione ed educazione sui diritti umani circa la presenza in piazza di gruppi organizzati, apparentemente con compiti di ordine pubblico, non appartenenti alle forze di polizia e privi del minimo addestramento per svolgere un ruolo del genere. Questi civili, che si muovono spesso in motocicletta irrompendo anche nei cortei, sarebbero anche responsabili di attacchi e intimidazioni contro difensori dei diritti umani.

Chi osa documentare la violenza delle autorità rischia pesantemente. Secondo l’ong Spazio pubblico, solo nei primi quattro giorni di protesta, dal 12 al 16 febbraio, 17 giornalisti sono stati aggrediti o arrestati.

Sul sito di Amnesty International è possibile sottoscrivere un appello in cui si chiede al presidente Maduro che cessi l’uso arbitrario ed eccessivo della forza e s’indaghi su tutte le morti di manifestanti. Da quando è stato pubblicato, il numero dei manifestanti uccisi è purtroppo aumentato e le “misure straordinarie” annunciate ieri dallo stesso presidente non fanno pensare a niente di buono.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.43) 19 marzo 2014 23:11

    Prima che parta il solito format: finanziamento di gruppi di opposizione; denunce contro il "regime" per violazione dei diritti umani; sanzioni internazionali con contorno di attacchi speculativi; intervento militare "umanitario"; cambio di regime, che sfocia o in un caos distruttivo o in un regime allineato ai "paesi civili" (poco importa che sia democratico o autoritario), le faccio notare due cose.

    La prima è che per ragioni storiche, culturali, sociali, il Venezuela è un Paese violento a prescindere dal regime che lo governa; la seconda è che l’attuale regime che governa il Venezuela è nel mirino degli Stati Uniti per la sua ostentata indipendenza rispetto alla leadership della superpotenza americana, spingendosi perfino (!) alla collaborazione con Cuba: storica bestia nera degli USA.
    Glielo dico perché la morte del carismatico Chavez potrebbe essere ritenuto il momento buono per riportare il Venezuela nel "cortile di casa" degli USA, e mi spiacerebbe dover notare che Amnesty fa la sua parte in tal senso.

  • Di (---.---.---.72) 19 marzo 2014 23:17

    Non lo noterà, glielo assicuro. Denunciare violazioni dei diritti umani non significa fare un favore agli Usa.

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