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Un anno fa il Conclave

"Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. Incontamente intesi e certo fui che questa era la setta d'i cattivi, a Dio spiacenti e a' nimici sui. Questi sciaurati che mai fur vivi..." (Inferno, III, 58 - 64). Ed ancora: "Lo ciel poss'io serrare e disserrare, come tu sai; però son due le chiavi che il mio antecessor non ebbe care..." (Inferno, XXVII, 103 - 105).

È assai severo il giudizio di Dante su Pietro da Morrone, eletto Papa il 5 luglio 1294 con il nome di Celestino V e dimessosi 5 mesi dopo. Il giudizio dantesco non è stato unanimemente condiviso nella Chiesa, tanto che Papa Clemente V invece lo canonizzò nel 1313. Si tratta, come per altre nella Chiesa e nella sua storia, di una vita senz'altro segnata dal divino e soprattutto dal mistero: una vocazione eremitica fortemente anche vissuta, la chiamata alla maggiore funzione pubblica che la Chiesa possa offrire, al tempo stesso una realtà post dimissionaria in cui in tempi che ancor oggi sarebbero da record, si realizza una delle più importanti basiliche della sua epoca, quella di Collemaggio in cui è tutt'ora sepolto. Chi e cosa egli abbia rappresentato nella Chiesa resta tutt'ora avvolto nel mistero.

È facile scorgere prontamente dei parallelismi con Joseph Ratzinger, secondo Papa dimissionario, l'anno scorso. Qui l'eremo è quello dell'erudizione teologica, delle varie Università e delle loro Facoltà. Si tratta di un eremo che porta alla ribalta, ed in grande, una ribalta storica, la più importante dell'era contemporanea: quella del Concilio Vaticano II. Lì il Prof. Ratzinger è il più importante dei giovani teologi progressisti, il primo alfiere del progressismo ed è in questo ruolo che dà un'impronta decisiva al Concilio stesso. È la catapulta per una realtà che dall'eremo delle cattedre accademiche proietta - seppur con la nota discrezione che sempre lo ha contraddistinto - inevitabilmente sotto i riflettori cui per forza viene a trovarsi il teologo più importante, per di più anche prima Cardinale e poi addirittura a capo della Conferenza per la dottrina della Chiesa (l'ex Sant'Uffizio), insomma il numero 2 del Vaticano.

Sin qui abbiamo storia e ruoli di vita tutto sommato conciliabili con un pò di destrezza - e ne ha ben tanta - con la vocazione personale di fondo, anche se sul piano teologico, pur restando fermo l'impianto dottrinale, bisogna registrare uno spostamento di fatto da leader dell'ala progressista a leader di quella conservatrice (il verso di Dante non è del tutto ingiustificato), di cui diventa un esponente intransigente che causerà l'allontanamento o la marginalizzazione di molti della sua ex area, tra cui Kung e Martini. La nuova nomina, quella a Pontefice è invece poco conciliabile con la vocazione di fondo di Benedetto XVI, si tratta infatti - per usare una semplificazione di quelle a linee oceaniche - del passaggio da primo professore e teologo a primo parroco della Chiesa: il parroco del Mondo. Il nuovo ruolo infatti, sebbene non presenti alcun genere di problematiche sul piano teologico, dottrinale, e, neppure - checché se ne dica - su quello politico e diplomatico, ne presenta diversi e molteplici sul piano personale, a cominciare, come già anche per Pietro da Morrone, dall'età. È la presenza del Divino e della Grazia nella storia della Chiesa a volere così? È certo che a Celestino V è seguito Papa Bonifacio VIII, uno dei pontefici più importanti della Storia, e Papa Francesco sembra ripetere la cosa...

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