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La Boldrini non comprende la satira ma la satira comprende la Boldrini

Laura Boldrini possiede un numero notevole di qualità ma possiamo tranquillamente elidere dal novero dei suoi talenti l’autoironia.

Il presidente della Camera dei deputati patisce troppo la pressione mediatica e le telecamere mettono in mostra un’irrecuperabile predisposizione ad una rigida suscettibilità.

I segni di tale “empasse” sono evidenti: guarda con spaventata fissità l’obiettivo (sembra sia quasi un’arma puntata su di lei) e oltretutto teme visceralmente le interviste, e non perché premedita o sospetti un atteggiamento ostile da parte dell’interlocutore, ma perché, mentre è intenta a rispondere ad un quesito,“la nostra” è già in ansia a causa dell’indefinito quanto incerto ventaglio di probabilità che si aprono per la domanda successiva.

Anche se – come spesso accade – l’intervista è già concordata, Laura Boldrini teme di perdere il filo e di dimenticare la risposta che ha nervosamente preparato mandandola giù quasi a memoria.

Solo così possiamo spiegarci lo sguardo allucinato della Boldrini intervistata dalla Annunziata: la presidente aveva tutto pronto, ma questo non bastava a consolarla e tantomeno a rilassarla.

Ma con i tanti problemi che la politica tenta affannosamente di delegare alle generazioni future la Boldrini ha “giustamente” posto l’accento su una fantomatica deriva sessista scaturita dalla bella imitazione di Virginia Raffaeli del ministro Maria Elena Boschi, rivelando a noi comuni mortali che “la popolazione femminile è composta da ben il 50% di donne”, mentre l’altro 50% ricade mistericamente nell’inaccessibile limbo dell’imponderabilità.

Poco conta se solo un giorno dopo la nevrotica denuncia della Boldrini, la camera che presiede boccia la parità di genere nelle nomine prevista dalla nuova legge elettorale, ed è altrettanto secondario che tentare di imporre per legge ciò che dovrebbe esser oramai scontato evidenzi l’intero fallimento di più generazioni di lotte sociali e civili. Per Laura Boldrini il sessismo è ovviamente un’annosa e sempiterna emergenza nazionale, nonché un efficace e utile strumento di distrazione di massa.

A dirla tutta (se proprio volessimo ragionare come il presidente della Camera), anche la semplice sottolineatura – a mo di vanto – della parità di genere all’interno della squadra di governo da parte di Renzi potrebbe essere interpretata come una tollerante e compiaciuta concessione da parte del sesso forte nei confronti di quello debole, ma non è questa la sede per disquisire sul surrettizio quanto malcelato atteggiamento discriminatorio da parte di coloro che hanno troppa premura di evidenziare la propria distanza dalla discriminazione.

Credo sia palese che per congenito qualunquismo, Renzi tranquillamente dichiarerebbe che le donne sono uniche e straordinarie perché più sensibili e profonde, che ha molti amici gay perché hanno buon gusto nell’arredare e nel vestire e che le persone di colore possiedono un innato senso del ritmo, e per questo eccellono nella musica, nella danza ed oltretutto non hanno rivali negli sport di potenza.

Tornando a Laura Boldrini, è fin troppo facile evidenziare la nostra maldigerisce la satira, lei preferirebbe che quest’ultima venisse servita alla classe dirigente in porzioni più scarne e alleggerite, in fondo da che mondo è mondo il potere predilige una satira “light”, arricchita casomai da un’invisibile spolveratina di celata piaggeria, ma ahinoi non è questo lo scopo della satira.

Innanzitutto questa acre quanto antica forma d’arte non ha committenze di alcun tipo (almeno in teoria) e quindi mal si addice al potere, oltretutto essa è in debito solo e sempre con sé stessa e non deve certo render conto ai soggetti a cui rivolge il proprio scherno bensì a menti ben più mirabili.

Per evitare che figure come Aristofane, Giovenale, Voltaire e Groussac possano rivoltarsi nelle loro tombe, la satira non può permettersi di dilapidare il suo antichissimo patrimonio con l’avvicendarsi affannoso dei vai poteri costituiti - i veri e soli illusi, in quanto ognuno di loro ha sempre noiosamente millantato improbabili pretese di eternità nei confronti della inesorabilità della storia -, e se, per far questo, la satira dovrà esser condannata e perseguitata, ebbene da tempo immemore “se ne è fatta una ragione”. Anche se c’è da dire che non tutti i satiri sono all’altezza di Ben Jonson (è buona cosa chiarire a Renzi che non parliamo del potente centometrista di colore dopato degli anni 80’ ma del drammaturgo inglese del XVI secolo).

Quindi è cosa buona e giusta ricordare alla presidente Boldrini che il potere che rappresenta passerà ma la satira resterà inesorabilmente - smacco che non le sarà mai perdonato -, e che non è certo il primo a dimostrare e a giudicare quanto una democrazia sia libera ma, bensì, la libertà di esprimersi della seconda.

Cara Boldrini, lei forse ignora quanto la satira regali al potere anche non volendo, perché è grazie alla sua irriverenza che lo rende sopportabile. La Satira incanala e veicola il malcontento generale, lo alleggerisce con l’insulto e la canzonatura. La satira – gentile presidente – da un lato spoglia il potere e lo rende ridicolo, ma dall’altro permette alle sue mollicce terga nude di restar seduto sul suo famelico scranno.

E proprio per questi motivi la satira è anche metro della sopportazione generale, il termometro della tolleranza dei popoli nei confronti degli incapaci che li governano (in fondo di questo stiamo parlando), perché il giorno in cui non rideranno più, questi incapaci dovranno iniziare a preoccuparsi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.85) 12 marzo 2014 11:13

    Salve Giordano,

    credo che la satira abbia, più che la funzione di incanalare il malumore, quella di farci vedere i lati nascosti del satirizzato. Fino a ora non ho visto grossa satira in capo alla Boldrini, ma ne avrebbe un gran bisogno, afflitta com’è da Delirium tremens sessuale.

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