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Renzi: chimera o gattopardo?

 

 

Il 22 febbraio si è aperta in Italia una nuova fase politica di rinnovamento. Almeno per qualcuno. Per altri siamo all'ennesimo ripetersi della litania italiana, immobilista e fannullona. A prescindere da qualsiasi partigianeria occorre capire quale idea e di quale portata sia la proposta renziana. 

Come si colloca Matteo Renzi su quell'asse sinistra-destra dello spettro politico? È di destra o di sinistra? Predilige le ragioni della libertà individuale tradizionalmente destrorse o quelle dell'uguaglianza appannaggio della sinistra? Il primo dato di fatto in merito è che la corrente renziana si posiziona nella zona destra del Partito Democratico. In contrasto, quindi, con quella fazione del partito maggiormente legata all'eredità del PCI. Insomma contro chi, come Stefano Fassina, vorrebbe più Stato e più Welfare. Quell'idea, cioè, di scavalcare le obsolete "Terze Vie" socialdemocratiche perchè "la politica non può rimanere ancillare all'economia", sostiene il leader dei Giovani Turchi. Una sorta di Terza Via 2.0 molto più sbilanciata verso l'uguaglianza quella di Fassina che, per la legge degli opposti, risulta in antitesi alla ricetta renziana.

Il risultato logico di questo ragionamento ci fornisce la prima coordinata del mondo Renzi: meno Stato per tutti, che vuol dire in primis un corposo processo di privatizzazioni. Quando si passa, però, al secondo termine del nostro paragone, il Welfare, le cose si complicano, quando Renzi, nel Jobs Act, promette un sussidio di disoccupazione universale per quanti abbiano perso il lavoro. Che sia frutto di mediazione interna al partito o di una logica piglia-popolo, tale proposta è ben scritta nel documento presentato e sottoscritto dal segretario democratico.

Un altro elemento dirimente è la morbidezza palesata dal premier nei confronti dell'art.18. Lo giudica un tabù, una forma estrema di tutela che difende pochi e non copre affatto le nuove generazioni. In ciò la distanza dalla Cgil si può definire un burrone. Ai tempi di Bersani segretario, quando il tradizionale establishment democrat dettava la linea, più che una distanza si registrava una sintonia col sindacato. 

Dunque si è detto che Renzi rappresenta la destra del partito democratico. Ci sono nella politica del nuovo segretario elementi che custodiscono la tradizione della sinistra italiana? Sì. Nonostante le difficoltà a basarsi su enunciati più che su fatti, almeno per ora. A partire dai temi del rilancio dell'Università e della Ricerca. Dalla proposta del trinomio di rinascita Cultura, Turismo, Sostenibilità; dalla rivisitazione della Fini-Giovanardi e della Bossi-Fini; passando per l'introduzione dello ius soli e della civil partnership; fino alla sensibilità nei confronti delle tematiche di genere.

Tutti elementi che pongono Renzi in opposizione al centro-destra e alla destra italiana. Ciò che emerge dunque è questo singolare status del Presidente del Consiglio. Ondeggiante tra istanze egualitarie ed altre libertarie. Tra destra e sinistra come mai nessuno nel Pd. Fuori dalle logiche ex comuniste e da quelle più puramente socialdemocratiche, ma neanche neoliberista sfegatato. Collocato insomma in una sorta di centrismo perpetuo che però sembra essere distante dall'idea democristiana del concetto. Più che altro la sua parrebbe una Quarta Via piuttosto che l'ultima spiaggia per qualcuno e l'ennesima sconfitta per qualcun altro.

Dunque, chimera o gattopardo? Il tempo, e forse la zoologia politica, potranno darci alcune risposte in merito. Per ora registriamo le nuove posizione e stiamo cogli occhi aperti.

 

 

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