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Alice: 88 tasti nella storia

"Trovare qualcosa cui aggrapparsi per tirare avanti al dil à di ciò che è materiale. Anche oggi in un momento di crisi come quello che sta vivendo il nostro paese, certo non paragonabile all’Olocausto, ma il senso è che anche in un momento come questo è importante attaccarsi a qualcosa che esula dalla realtà forse. Anche all’arte." - Sonia Colombo, attrice e autrice della sceneggiatura di “Alice 88 tasti nella storia”.

Ci ha lasciato domenica 23 febbraio 2014 all’età di 111 anni Alice Herz Sommer, la musicista praghese di origine ebraica che sopravvisse all’Olocausto grazie alla sua passione per la musica.

Qualche settimana fa incontrammo Sonia Colombo, attrice e autrice della sceneggiatura di “Alice 88 tasti nella storia” lo spettacolo teatrale realizzato sulla vita di Alice Herz Sommer e andato in scena dal 30 gennaio al 2 febbraio 2014 presso il teatro Oscar di Milano. Ecco l’intervista.

Sonia come è nata l’idea di rappresentare a teatro la storia di Alice Herz Sommer?

Tutto è iniziato su suggerimento della nostra flautista, Laura Faoro che tempo fa venne contattata da una giornalista che voleva leggere alcuni estratti della biografia di Alice, Un giardino dell’eden in mezzo all’inferno, accompagnandoli con la sua musica. Laura mi parlò di questa questione e mi chiese se mi interessasse approfondire la vicenda costruendo qualcosa di più completo. Io fui subito entusiasta, lessi il libro, mi documentai e approfondii la storia di Alice.

Da un lato mi appartiene a livello personale essendo io di origini ebraiche e dall’altro mi riguarda in quanto artista. Nella storia di Alice, infatti, l’arte è vitale, la aiuta a vincere le battaglie della vita e a salvarsi in un certo senso. Così ho iniziato a scrivere il copione, lo abbiamo proposto in vari teatri, abbiamo cercato e trovato la violoncellista Maria Calvo e la pianista Clelia Cafiero. Infine abbiamo incontrato Laura Pasetti, la regista.

La storia si svolge in un campo di concentramento “anomalo”, Terezin …

Sì Terezin era un campo molto anomalo. Era una sorta di ghetto di artisti. I nazisti crearono questo “villaggio” riempiendolo con l’élite culturale dell’Europa centrale dell’est. Era, di fatto, un punto di transito ma la differenza rispetto agli altri campi era che lì per distrarre gli ebrei dalle deportazioni li facevano continuare le proprie arti.

Terezin era anche un luogo molto perverso perché ad esempio ogni giorno c’erano regole nuove “Oggi non si cammina sui marciapiedi” se tu non avevi letto il cartello dove si leggeva questa scritta o non avevi sentito l’ordine, venivi fucilato. Questa era la vera assurdità, la follia di Terezin, pur non essendo considerato un campo di sterminio a tutti gli effetti.

Alice in qualche modo si è salvata perché deportata a Terezin…

Alice è stata privilegiata perché essendo una pianista molto brava, ha potuto continuare a suonare e tenere concerti a Terezin. È riuscita ad andare avanti attraverso la musica, Chopin, Beethoven… ha trovato una via anche alle disgrazie famigliari.

Dici che Alice si è salvata grazie alla sua musica. Parliamo di salvezza fisica e interiore?

Sicuramente Alice è stata miracolata perché nei campi di sterminio c’era una sorta di estrazione. Tu vieni con me tu noTu oggi muori, tu no. Ma a livello di spirito sì. La musica l’ha salvata. La musica è diversa dalle altre arti. Quando ascolti musica vai in un altro luogo, non c’è più niente di razionale. È razionale quando devi studiarla.

Quindi per Alice è stata una via di fuga in questo senso, farsi trasportare altrove con la mente grazie al suo pianoforte. Quando venne deportata sua madre, Alice decise di voler imparare i 24 studi di Chopin che sono difficilissimi sia tecnicamente sia dal punto di vista virtuoso. Lo studio così impegnativo dei pezzi la fece andare oltre il dolore, immergere in una dimensione esterna. I musicisti non possono stare un giorno senza suonare per loro diventa una cosa come mangiare o dormire, non fanno i musicisti sono dei musicisti.

Se impedisci a un musicista di suonare gli togli la vita in un certo senso. Alice invece poteva suonare. Ha dimostrato che attaccandosi a qualcosa di più grande di noi ci si può salvare. È una storia che ho trovato attuale in un momento di crisi. Lo spettacolo a mio avviso può anche essere uno spunto. Ti fa sorgere domande… c’è qualcosa che mi salverebbe in un momento così di difficoltà? E se sì, cosa?

Quest’opera non è solo una rappresentazione teatrale, è un “concerto teatrale”, dove la musica si fonde con la recitazione. Anche le musiciste recitano.

Sì, infatti, le musiciste non sono attrici. Abbiamo fuso musica, teatro e parole. In questo modo ciascuna di noi ha incarnato Alice nelle diverse fasi della sua vita. Se avessimo lasciato le musiciste a fare solo le musiciste e avessimo preso altre attrici, non avremmo avuto lo stesso effetto. Questo inoltre ha dato molto ritmo a un testo e una storia drammatici. Credo che in questo modo anche per il pubblico sia stato piacevole. Inoltre è uno spettacolo breve e non è un caso, è importante che lo spettatore esca dal teatro ancora affamato di storia perché si abbia una buona riuscita del tutto.

Quest’opera è andata in scena nei giorni in cui si celebrava la chiusura dei campi di concentramento, è stato voluto?

In realtà no, è stata una coincidenza. Anche perché questo non è uno spettacolo sulla Shoa. Certo resta il punto saliente della storia ma la protagonista è Alice insieme alla sua musica. È la conseguenza della Shoa sulla vita di Alice e degli ebrei.

Ultima domanda, qual è il messaggio secondo te della storia di Alice?

Io vorrei che passasse il messaggio di speranza che questa storia si porta dietro. Il fatto come accennavo prima di trovare qualcosa cui aggrapparsi per tirare avanti aldilà di ciò che è materiale. Anche oggi in un momento di crisi come quello che sta vivendo il nostro paese, certo non paragonabile all’Olocausto, ma il senso è che anche in un momento come questo è importante attaccarsi a qualcosa che esula dalla realtà forse. Anche all’arte.

Scritto da Valentina Generali

Nata nel 1977 a Milano città dove vive e lavora, si laurea in Lettere Moderne con una tesi in giornalismo di guerra. Giornalista e ufficio stampa ha collaborato con Class Editori, Gruppo Sole 24 ore, Radio Lombardia occupandosi di lifestyle, attualità e delle iniziative speciali oltre che di cronaca locale per la radio. Negli anni ha gestito le relazioni con i media per varie aziende nazionali e internazionali. Scrive di musica per Rockshock.it e di donne pari opportunità per il magazine Dols.it. Da sempre interessata a ciò che accade nel mondo dal 2011 è attivista del Gruppo100 di Milano e nel 2012 entra nel team ufficio stampa di Amnesty International Lombardia.

 

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