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Il governo Renzi del commissario Padoan

Il governo Renzi è nato, con somma soddisfazione del primo ministro, il quale si accontenterà di avere un ruolo secondario rispetto al dicastero dell’economia.

A quanto pare Matteo ha rinunciato a tutto per salire a palazzo Chigi, anche ad essere il vero Presidente del Consiglio.

A riprova di tutto ciò, nella squadraccia di governo ci troviamo proprio di tutto: le inevitabili conferme di Angelino Alfano agli Interni, della Lorenzin alla Salute e addirittura di Lupi alle infrastrutture.

Ci troviamo inoltre elementi di spicco delle lobbie industriali, come al ministero dello Sviluppo economico Federica Guidi, figlia di Guidalberto Guidi, proprietario della Ducati Energia, nonché storico vicepresidente di Confindustria per un decennio.

Ed infine non manca l’occhio di riguardo nei confronti delle minoranze della coalizione di governo: Gianluca Galletti dell’Udc all’Ambiente e Stefania Giannini di Scelta Civica all’Istruzione.

Insomma Renzi si è limitato ad incastrare le esigenze e le richieste di tutti, ad abbassare l’età media del suo esecutivo con i ministri senza portafoglio, a fare un cinquanta e cinquanta tra uomini e donne nella squadra di governo e a piazzare alla Cultura l’amico Franceschini, una figura totalmente inutile che può serenamente saltare dai rapporti col parlamento ai beni culturali senza colpo ferire e, soprattutto, senza che nessuno si debba preoccupare di notare la differenza.

Tanto rumore per nulla insomma, poche reali novità e un contentino triste e senza senso alla minoranza del Pd nella figura Giuliano Poletti, ex presidente della legacoop e ora mammasantissima dell’Alleanza delle cooperative, vecchio ex comunista di ferro fuso e lavorato a mestiere negli anni.

Il governo Renzi per poter vedere la luce ha dovuto solo accettare una condizione dal Presidente della Repubblica, quella imprescindibile di un ministro dell’economia plenipotenziario ed indipendente, un ministro che ha il nome di Pier Carlo Padoan, vicesegretario dell’Ocse, uomo di spicco del fondo monetario internazionale e della Bce.

Padoan è un Monti meno gessato e in apparenza più casual, un soggettino niente male, e somiglia in modo preoccupante a Rupert Murdoch: già in passato ebbe a che fare con Amato e D’Alema, e da lì a poco spiccò il volo verso l’empireo delle sciagurate strategie macroeconomiche internazionali made in Fmi.

Padoan è un liberista convinto, uno che millanta verifiche a raffica e soprattutto uno di quelli che prediligono la chimera del mercato scriteriatamente libero e del lavoro flessibile e snello, cose che in Italia si traducono puntualmente in un casereccio latifondismo post moderno e in un precariato senza prospettive e garanzie.

“L’uomo nuovo” di Napolitano caldeggiò e promosse la riforma Fornero del governo Monti, in pratica la distruzione programmata – in nome dell’austerity – del futuro di una generazione e dell’avvento degli esodati.

Inoltre, Padoan ebbe tra le mani per quattro anni - per gentile concessione del Fondo monetario internazionale e dell’Ocse - il caso Grecia e, in proposito, queste furono le sue parole: “La Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro”.

Padoan licenziò a priori qualsiasi trattativa di aiuto economico e per riforma dell’amministrazione pubblica e del lavoro intendeva ridimensionamenti ottenendo così un innalzamento della disoccupazione e la totale estinzione di qualsivoglia tutela previdenziale e sociale.

In nome del rigore e delle riforme economiche Padoan è stato uno dei principali responsabili della crisi greca, crisi solo in apparenza alleggerita da un prestito a tassi criminosi da parte della Bce a condizioni inudite. Non solo la sua analisi si rivelò inutilmente aggressiva e inadeguata ma soprattutto controproducente per la sovranità del paese e senza reali risultati a medio e lungo termine. Detto in talleri la consulenza dell’accanito Padoan si rivelò un totale fallimento.

Ma se scaviamo un altro po’ nel passato del nuovo ministro dell’economia ci troviamo un evento ancora più eclatante e significativo, e cioè il default dell’Argentina del 2001. Padoan fu uno dei grandi sostenitori del liberismo economico argentino voluto dalla bce, un liberismo fuori controllo che portò il paese a dichiarare fallimento nel dicembre del 2001.

Padoan non è un economista amatissimo nell’ambiente e non è neanche apprezzato dai colleghi più blasonati; il premio Nobel Paul Krugman scrisse su di lui sul New York Times: “Spesso gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno pessimi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse”.

E va ricordato che fu lo stesso premio nobel ad accusare direttamente Padoan di aver portato la Grecia e il Portogallo a un passo dal default totale. Insomma, per Krugman non siamo in mani sane, responsabili e competenti.

Ci sono, dunque, ottime probabilità che il governo Renzi possa rivelarsi in un’ennesima pantomima dettata dall’alto, un esecutivo fantoccio che nasconde il terzo commissariamento economico consecutivo. In fondo i conti tornano, e la personalità del premier è rispettata. A Renzi il ruolo della marionetta calza alla perfezione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.10) 25 febbraio 2014 09:59

    L’Utopia che vorrei
    Semplice licenzierei tutti i Parlamentari onorevoli e senatori compresi i partiti che li rappresentano
    Io paragonerei L’Italia ad una grossa azienda che non ha bisogno di partiti per essere amministrata
    Ma di un Amministratore Delegato (Eletto dal Popolo)con l’obbligo di stipulare una assicurazione di tasca sua( Con durata quinquennale ) se i conti annuali risulteranno in regola. gli verrà rimborsata.
    Se i conti non tornano ? chi ha sbagliato pagherà i danni creati e il costo delle elezioni di tasca sua
    Il tutto vale anche per i presidenti Regionali e i Sindaci anche loro Eletti dal Popolo
    ( le provincie le abolirei con tutti i politici che vanno a riempire camera e senato)
    Comuni e Regioni sceglierebbero un rappresentante ciascuno che andrebbero a far parte del consiglio di Amministrazione alle dipendenze de l’Amministratore Delegato
    Che gestirà solo le spese per le Opere pubbliche d’interesse Nazionale facenti parte il programma quinquennale Votato d a gli Elettori .
    Scartando le spese non facenti parte i programmi non votati dal Popolo delle singole Regioni
    Avranno priorità assoluta solo le spese dovute a calamità Naturali.
    Con l’obbligo ogni fine anno di presentare la nota delle spese sostenute dalle Regioni
    I Sindaci le spese Annuali le presenteranno alla loro Regione ha sua volta ogni singola Regione dovrà presentare la nota delle spese annuali A l’Amministratore delegato
    Con questa doppia documentazione si terranno d’occhio l’uno con l’altro.
    Provate ha fare i conti sul risparmio che ci sarebbe di tempo e di Danaro col tempo annulleremo il debito Pubblico riattivando L’Economia per dare quel Futuro che oggi non c’è ai Giovani. VITTORIO

  • Di (---.---.---.99) 2 marzo 2014 12:49

    Dita incrociate >

    Ancora una decina di giorni e Renzi dirà alle imprese creditrici dove finalmente incassare i 60 miliardi che avanzano dalla PA.
    Ancora una decina di giorni e centinaia di migliaia di disoccupati (giovani e non) finora ‘ignorati’ sapranno da Renzi l’ammontare del loro primo assegno di sussistenza.

    Sarebbe quel cambio di passo più volte promesso. Dalle belle parole (speranze) si passerebbe ai fatti concreti.
    C’è di più.
    Segnerebbe la rivincita di una Generazione senza bussola

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