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Il governo d’intesa larghetta

Qualche considerazione sul nuovo governo, a parte ogni considerazione personale e politica sul boy scout–bambolotto di Rignano sull’Arno, bisognerà pur farla.

E ci sono luci ed ombre. L’ombra più scura, color fumo di Londra se non proprio nera, è la permanenza di Angelino Alfano al Ministero degli Interni. Vista la situazione di tensione sociale che continua a crescere con il crescere del disagio in cui vivono non solo milioni di generici italiani, ma quasi la metà dei giovani, senza occupazione, senza prospettive, senza reddito, senza casa (e il tempo passa...), lasciare il ministero che gestisce l’ordine pubblico ad uno come Alfano che ha dato ampie dimostrazioni di fomentare, caso mai, il pubblico disordine (vedi caso Shalabayeva e la stretta amicizia con Totò vasa vasa Cuffaro) per interessi non esattamente trasparenti, ci sembra - come dire? - un obbrobrio.

Un’ombra ci sembra anche la sostituzione di Emma Bonino, che un certo numero di utili idioti ha cercato di coinvolgere nello stesso caso Shalabayeva di cui sopra, quando ha dato invece ampia dimostrazione di essere l’unica persona in grado di gestire, lavorando sottotraccia, una situazione tutt’altro che facile.

Sostituirla proprio nel momento in cui giungono al pettine le titubanze indiane sul caso dei marò (che tuttora rischiano la pena di morte come terroristi, anche se la cosa sembra una boutade ad uso di politica interna più che un rischio reale) sembra demenziale. Ma è probabile che il nuovo ministro degli Esteri, Federica Mogherini, saprà essere all’altezza. Laureata in filosofia politica con una tesi sul rapporto tra religione e politica nell’Islam (piuttosto utile di questi tempi), esponente del PD di area “sinistra” è tutt’altro che inesperta nel campo (ha seguito anche il processo di pace in Medio Oriente, anche questo piuttosto utile).

Un neo: definire sul suo blog (blogMog) Bella ciao “la più bella ninna nanna del mondo”. Di dormite a sinistra se ne sono fatte anche troppe, sarebbe l'ora di apprezzare una sveglia.

Un po’ di ombra sembra esserci anche con l’arrivo della Giannini (Scelta Civica) al posto della Carrozza (PD) all’Istruzione: tra una lucchese e una pisana non saprei chi scegliere, ma, a parte l’inesorabile campanilismo toscano che m'attanaglia, una centrista al posto di una democratica al dicastero che parla di insegnamento, di scuola, di ricerca e di cultura, mi piace poco.

Una tendenza al chiarore mi sembrano invece i nuovi responsabili dei ministeri della Giustizia, il PD di “sinistra” Orlando, che forse riuscirà a togliere un ministero chiave dalle grinfie del berlusconismo autoreferenziale e il nuovo ministro del Lavoro, Poletti - provenienza Legacoop - di cui si dice che “il suo è un profilo riformista, che porta in primo piano le esigenze della cooperazione e delle piccole e medie imprese, a partire da una profonda revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, da riformare sulla base di un elemento universale, che lo renda applicabile a tutti i cittadini”; come minimo si può dire che sarebbe l’ora.

Dopo mezzo secolo e più di ammortizzatori previsti ad uso esclusivo dell’operaismo (per pura e semplice ideologia), finalmente qualcuno si accorge che un bottegaio che chiude o un professionista senza clienti - o ancor di più un precario - non sono rifiuti della società, ma esseri umani a cui garantire un minimo tassativo di solidarietà sociale. Su questo punto i vecchi comunisti hanno fatto un disastro epocale privilegiando la cassa integrazione al sussidio di disoccupazione; adesso i Radicali saranno contenti (ricordo ancora un dibattito Bertinotti-Pannella su questo argomento, sarebbe da renderne obbligatorio l'ascolto).

Apprezzabile l’arrivo della prima donna - Roberta Pinotti, del PD area di sinistra - alla guida della Difesa. Dopo gli infausti machismi dello squinternato La Russa (sempre in mimetica come fosse un militare, ma sembrava solo che giocasse ai soldatini, roba da farsi ridere dietro per secoli a venire) non dispiace un’Europa che affida la Difesa alle donne (sono ormai parecchie: Norvegia, Svezia, Olanda, Germania e, da oggi, Italia). Non è detto che sia meglio, vedi la Thatcher, ma prima provare poi, caso mai, criticare.

Che allo Sviluppo ci sia Federica Guidi, della famiglia di imprenditori della Ducati ed ex presidente dei giovani di Confindustria, non piacerà alla fantasyland di sinistra (che di solito non ha alcuna esperienza nel campo dello sviluppo economico ed ama dilettarsi in pruriginose fantasticherie su meravigliose quanto improbabili decrescite), ma forse non è male piazzare una così dove il pragmatismo conta eccome.

Ottimissima la Lanzetta agli Affari regionali, per via del suo curriculum anticosche. No comment sulle giovinette del PD, carine quanto basta, ma sconosciute ai più (come me) dal punto di vista delle capacità. Scadente la Lorenzin alla Salute, troppe titubanze sul caso Stamina (bastava guardarlo in faccia a quello per decidere all'istante che una macchina usata da lui non l’avreste comprata mai); moscio, mi pare, l'ex democristiano Franceschini con barba alla Cultura.

Su Padoan aspetto di leggere chi ne sa più di me di economia, non m'azzardo.

E per il resto vedremo. Resta comunque un governo di intesa larghetta, che fa rima con Letta. Il che fa presupporre che, sotto sotto (ma non così tanto sotto) ci sia parecchia aria fritta.

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