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Siria, caccia allo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante

di Alberto Savioli

Gli attivisti siriani hanno nominato “seconda rivoluzione” il conflitto scoppiato nel mese di gennaio tra tre alleanze ribelli e Daesh (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante – Isis). Gli scontri sul campo di battaglia hanno visto trionfare inizialmente i ribelli (Esercito siriano libero – Esl, Esercito dei Mujahedeen – Jeysh al Mujahedeen, Fronte Islamico – Jabhat al Islamiyya), poi Daesh ha riconquistato molte delle posizioni perse.

In questi ultimi tre giorni stanno accadendo dei fatti significativi che probabilmente determineranno lo spostamento dell’ago della bilancia a favore dei ribelli: defezione dei combattenti siriani tra le file dell’Isis, alleanza tra Esl e combattenti curdi, forte presa di posizione di Jabhat al Nusra contro l’Isis.

I combattimenti sono ancora in corso, per questo motivo è difficile tirare le somme e fare previsioni su questa nuova offensiva iniziata tre giorni fa. Tutto è cominciato il 3 febbraio, quando sui siti internet jihadisti è comparsa una dichiarazione ufficiale della leadership di al Qaeda che sconfessava lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante attribuendo solamente a Jabhat al Nusra l’ufficialità della rappresentanza qaedista in Siria.

 Spaccature tra l’Isis e al Qaeda si erano palesate lo scorso anno quando il leader qaedista Ayman al Zawahiri aveva ordinato di abbandonare la Siria e lasciare il comando dell’insurrezione alla filiale ufficiale di al Qaeda, Jabhat al Nusra. Abu Bakr al Baghdadi leader dell’Isis aveva rifiutato.

Per questo motivo il nuovo proclama di al Qaeda, del 2 febbraio, non aveva fatto pensare ad un cambiamento reale degli equilibri sul campo. Tuttavia delle fonti locali contattate direttamente avevano preannunciato la possibilità di una grossa offensiva contro Daesh, di lì a qualche giorno.

Durante tutto il mese di gennaio sono avvenuti violenti scontri tra ribelli e Daesh in tutta l’area a nord di Aleppo, le vittorie del Fronte Islamico e dell’Esl non sono state mai definitive. La scorsa settimana in mano all’Isis rimaneva il corridoio al Bab, Manbij, Jarablus, verso est l’Eufrate fungeva da spartiacque con l’area controllata dalle milizie curde. Fonti locali riferiscono che il 6 febbraio alcuni combattenti curdi stavano attaccando l’Isis sul ponte di Qarakusak, il passaggio più settentrionale sull’Eufrate lungo l’asse est-ovest.

Il 7 febbraio i curdi di Jabhat al Akrad (Pkk) alleati con Jabhat al Tahrir al Furat al Islamiyya (sotto “l’ombrello” dell’Esl ) hanno attaccato l’Isis nella roccaforte di Manbij uccidendo alcuni combattenti. Quest’alleanza è significativa in quanto per lungo tempo in questa zona l’Esl e le milizie curde hanno combattuto una contro l’altra. Proteste contro l’Isis hanno avuto luogo a Raqqa, dove la gente ha chiesto la liberazione dei prigionieri.

L’8 gennaio sono avvenuti violenti scontri nella periferia di Deir az Zor, tra battaglioni di Jabhat al Nusra e l’Isis, dopo che “il Fronte” ha assunto il controllo di alcuni pozzi petroliferi. Quattro tribù beduine (non si conosce ancora il nome) che sostenevano Daesh lo hanno ufficialmente abbandonato. Queste tribù hanno formato dei battaglioni e brigate per proteggere i campi di petrolio e sono alleate in battaglia con Jabhat al Nusra, il Fronte Islamico e l’Esl. La stessa alleanza ha attaccato le sedi dell’Isis ad Abu Kamal sul confine iracheno, e ha accerchiato i combattenti di Daesh a Tibni (sull’Eufrate a nord di Deir az Zor, verso Raqqa).

Durante gli scontri con Jabhat al Nusra è morto un importante comandante militare di Daesh, l’emiro di Deir az Zor Abu Dujana al Libi (il Libico), liberato dalla prigione del regime con le amnistie del 2011.

Nello stesso giorno sul fronte occidentale (Aleppo) Jabhat al Akrad e l’Esl sono avanzati verso ovest alla conquista di Jarablus. Qui hanno preso il controllo di due delle quattro strade che collegano la città con Manbij. Anche la Kataeb Shaheed Yusuf al Jadir Abu Furat (Esl) è arrivata dal valico di Kobane per tentare di conquistare Jarablus.

Sul fronte di Raqqa, che potremmo definire la capitale dell’Isis, per la prima volta sono avvenute delle defezioni all’interno di Daesh, i combattenti siriani in conflitto con gli “stranieri” hanno lasciato il gruppo. Sono intervenuti a dare sostegno agli ex-Isis siriani combattenti dell’Esl e di Jabhat al Nusra.

Fonti non confermate hanno dichiarato che il leader di Jabhat al Nusra, Abu Mohammad al Jolani, ha ufficialmente chiamato a raccolta i combattenti contro l’Isis.

Il 9 gennaio la coalizione dei ribelli (con Jabhat al Nusra) ha impegnato in violenti scontri lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante a Jarablus, Tell Jijan, Kafra Hamra, Tibni, Ma’adan, Muhassan, Deir az Zor, Abu Kamal, in quest’ultima città la Liwa Allahu Akbar (associata all’Isis) ha perso le sue sedi conquistate da Jabhat al Nusra. Anche il quartier generale dell’Isis a Raqqa è stato attaccato. La città di Ma’adan è stata conquistata e i combattenti dell’Isis intrappolati al suo interno, Jabhat al Nusra ha chiesto loro di abbandonare la città in cambio della vita. Abu Layth al Maghrebi un comandante straniero di Daesh è morto negli scontri.

Il ponte sul fiume Eufrate (foto in basso), utilizzato dall’Esl e Jabhat al Akrad per tentare di conquistare Jarablus è stato danneggiato da un’autobomba e da colpi di artiglieria, da parte di combattenti stranieri di Daesh allo scopo di isolare i ribelli, questi ultimi si sono avvicinati al centro della città causando serie perdite tra le file dell’Isis.

La guerra sul campo è combattuta anche mediaticamente, a mezzanotte del 9 febbraio l’Isis ha diffuso una foto falsa, in cui si vedeva il ponte di Jarablus distrutto, attualmente risulta molto danneggiato ma percorribile.

 Il conflitto tra gli opposti schieramenti è ancora in corso, le ultime notizie dicono che l’Esl e Jabhat al Akrad controllano la parte est di Jarablus e hanno conquistato nella parte nord, l’area del grande scavo archeologico di Karkemish. L’Isis sarebbe stato espulso dalla quasi totalità dell’area attorno a Deir az Zor e le sue postazioni sono controllate da Jabhat al Nusra.

È difficile fare previsioni sull’evolversi della situazione, ma quel che è chiaro è che si tratta di una battaglia con più fronti aperti per la sopravvivenza dell’Isis in Siria. La conquista dei ribelli della linea al Bab, Manbij e Jarablus permetterebbe di isolare l’Isis al di là dell’Eufrate, consequenziale sarebbe anche la caduta delle enclave Isis di Anadan, Hreytan e Azaz, a quel punto senza possibilità di rifornimento di uomini e mezzi.

Le vittorie di questa coalizione potrebbero inoltre rinforzare Jabhata al Nusra e convincere a defezionare i combattenti siriani di Daesh. La sconfitta dell’Isis in Siria (ancora lontana) sarebbe inoltre un duro colpo per il regime, che andrebbe a perdere il suo maggiore alleato tra i nemici. In questo modo la coalizione ribelle non più impegnata in conflitti contro Daesh potrebbe dedicarsi nella lotta al regime, cosa che Daesh fino ad ora non ha mai fatto. Di tutto ciò il regime è consapevole, tanto da non aver mai bombardato le note sedi dell’Isis a Raqqa, Manbij, al Bab.

La Siria dimostra quanto fragile, imperfetto e ambiguo sia il termine di al Qaeda. Al Qaeda è un contenitore dove entrano convergenze di interessi anche se gli obiettivi finali sono diversi. Jabhata al Nusra (formazione qaedista) è stata dichiarata organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, ma non l’Isis (formazione qaedista) per certi versi molto più estrema e che ha assorbito di fatto la Nusra.

Ora il leader di al Qaeda in Iraq sconfessa l’Isis dando pieni poteri alla Nusra. Di fatto l’Isis non appartiene più ad al Qaeda. In una dichiarazione del 10 febbraio (non confermata) l’Isis denuncia i comandanti militari di Jabhat al Nusra e chiama i gli ex membri di Daesh che han defezionato, takfiri.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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