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Argentina, se si chiama aggiustamento un motivo c’è

Quello che vedrete in calce a questo post è l’andamento sulla borsa statunitense di YPF, la compagnia energetica che il governo argentino ha espropriato un paio di anni addietro agli spagnoli di Repsol, e che ora il governo di Cristina Kirchner sta tentando di riportare nel consesso degli investitori internazionali, per ottenere capitali stranieri necessari a sviluppare gli apparentemente enormi campi di shale del paese sudamericano. Ma un nuovo problemino è comparso all’orizzonte.

Dopo la forte svalutazione del peso del mese scorso, la filiale argentina di Shell ha deciso di adeguare i prezzi dei carburanti. Detta così, non pare iniziativa troppo eversiva: a fronte di un deprezzamento del peso sul dollaro di circa il 20%, la compagnia anglo-olandese ha proceduto a due rialzi dei prezzi, il primo del 6% ed il secondo del 12%. Mal gliene incolse.

Il capo di gabinetto del governo argentino, Jorge Capitanich, ha immediatamente accusato Shell di “cospirazione”, sostenendo che i rialzi non avrebbero “motivazioni tecniche” e ribadendo che nel paese esisterebbe una rete di agenti sotto copertura che complotta contro il popolo. Pare di intuire, però, che Shell non sia tra questi, visto che i listini sono pubblici. La Presidenta ha seguito a ruota, parlando di comportamenti da “borseggiatori” da parte delle imprese che adeguano i listini per riflettere il deprezzamento del cambio. Un importante esponente del partito della Kirchner, dando prova di non comuni doti di ragionamento induttivo, ha confermato la tesi della cospirazione, perché “Shell appartiene alle monarchie olandese e britannica”. Successivamente, il ministro della pianificazione (c’è anche quella, in Argentina, non ridete) ha accusato Shell di voler “dollarizzare il prezzo della benzina”. Noi avevamo il sospetto che questa fosse la realtà sul mercato mondiale, ma è sempre utile farsi contaminare da nuove idee.

Che c’entra YPF, in tutto ciò? C’entra perché YPF vende anche carburanti, ed essendo statale si trova di fatto inibita dal replicare gli aumenti di prezzo praticati da Shell. Morale: la compagnia finirà con l’accumulare ingenti perdite, che il governo argentino dovrà ripianare in qualche modo, probabilmente stampando, e ciò finirà con l’aumentare le già elevate pressioni inflazionistiche e sul cambio. Oltre a tenere accuratamente lontani gli investitori esteri, s’intende. Il mercato finanziario se ne è accorto, e ha cominciato a cospirare ferocemente contro YPF, abbattendone le quotazioni, ben oltre quanto sofferto in media dal settore petrolifero.

Eppure non dovrebbe essere così difficile: c’è una svalutazione, che serve da primo passo di un aggiustamento per riportare alla realtà un cambio artificialmente sopravvalutato; gli importatori adeguano i listini ai nuovi prezzi dei beni importati; i consumatori pagano il maggior prezzo, subendo una perdita di potere d’acquisto che serve a deprimere le importazioni e a permettere di sostituirle con produzioni domestiche, dopo una transizione -sempre lei- di durata variabile e dipendente, tra le altre cose, dalla presenza di strutture produttive domestiche esistenti o potenzialmente in grado di svilupparsi per sostituire l’import. Piccola nota a margine: se si introduce l’indicizzazione delle retribuzioni ai prezzi, l’aggiustamento non avviene. Incredibile, vero?

Il governo argentino ritiene che il riallineamento debba avvenire senza impatto alcuno sui prezzi domestici, e qui sorgono i problemi. A questo punto, rispetto all’aggiustamento che passa dall’aumento dei prezzi, c’è un corso d’azione alternativo, si fa per dire: allargare il deficit pubblico aumentando i sussidi (espliciti ed impliciti) su carburanti e combustibili; finanziare tale deficit stampando moneta, ed innescando nuove pressioni inflazionistiche che porteranno il cambio a sfracellarsi a breve; fare la faccia feroce con Shell, espropriandole la controllata locale, per il tripudio dei nostri masanielli no-global. Nel mezzo, l’abituale campagna di stampo venezuelano contro cospiratori, parassiti borghesi ed omini verdi che attentano alla volontà popolare. Nel frattempo, anche i prezzi della carne sono aumentati del 20%. Ma niente paura, il governo vigila.

P.S. Come finirà, si chiederanno i più vispi tra voi, se solo le stazioni di servizio Shell adegueranno i prezzi al deprezzamento del peso? Finirà che gli automobilisti correranno a rifornirsi dalle pompe patriottiche, che presto resteranno a secco o finiranno con l’alimentare il mercato nero, quando la differenza di prezzo con la realtà sarà divenuta così ampia da rendere antieconomico tenere aperti gli impianti al prezzo “ufficiale”. Oppure (più probabile) i prezzi finiranno con l’allinearsi alla realtà, anche per non mandare in malora le province le cui entrate fiscali dipendono dalla rendita petrolifera al cambio di mercato del dollaro, ed il governo centrale argentino si volterà dall’altra parte, in attesa del prossimo cospiratore.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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