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 Home page > Tribuna Libera > Le nuove Regioni dell’Italia che verrà, se verrà

Le nuove Regioni dell’Italia che verrà, se verrà

 

Nei primi anni 90 la Fondazione Agnelli sosteneva la necessità della revisione della seconda parte della Costituzione in linea con un impianto federale ispirato ai principi della responsabilità, della trasparenza, della solidarietà e della sussidiarietà. 

Si prevedeva per esempio un ruolo centrale per le Regioni, una grande autonomia per comuni e aree metropolitane e l'introduzione di un Senato delle Regioni. Il tutto doveva passare dal ridisegno delle regioni e dei comuni italiani. La società Geografica italiana nel 1999 proponeva di ridisegnare i confini regionali, prevedendo una Italia suddivisa in circa in 35/40 nuove regioni, con nuovi confini regionali e la totale abolizione delle province. Nel 2013 si proporrà un nuovo progetto che così ridisegna l'Italia.

Nel caso di una Italia con 31 Regioni: 1) del Tanaro, 2) La grande Torino, 3) Valsesia/Piemonte settentrionale, 4) La Grande Milano, 5) Insubria, 6) Liguria, 7) del Garda, 8) Dolomitia, 9) Veneto, 10) Friuli/Iulia, 11) Emilia/La Grande Bologna, 12) Padania orientale/Romagna, 13) Tirrenia, 14) La grande Firenze, 15) Etruria, 16) Umbria, 17) Marche, 18) Roma Capitale, 19) Ciociaria, 20) Abruzzo, 21) Napoletano, 22) Campania, 23) Daunia, 24) Puglia, 25) Salento 26) Basilicata 27) Calabria 28. Sicilia Ionica, 29) Sicilia occidentale, 30) Sardegna settentrionale, 31). Sardegna meridionale. Nel caso di una Italia a 36 Regioni alle precedenti si dovranno aggiungere la Valle d'Aosta, Padania occidentale/le città del Po, Padania orientale/del delta, Alto Adigee dello Stretto.

Che dire? Che la geografia, in tempi bui è stato uno strumento per l'imperialismo, per l'irredentismo reazionario che ha favorito violenze ignobili nel confine orientale, pur cambiando i tempi, i localismi in Italia sono molto vivi. In ogni Regione vi potrebbero essere tre o quattro Regioni, fino al minimo particolare. Questi argomenti sono caldi, si gioca con il fuoco e si rischia di fomentare un grande incendio, specialmente quando queste proposte che partono da lontano e da logiche prevalentemente economiche e funzionali al capitalismo, si scontrano con la reale partecipazione e condivisione dei cittadini.

Ma che necessità sussiste di ridisegnare l'Italia in tal modo? A chi realmente e concretamente giova? E con quali criteri si decidono e propongono i nomi? I nuovi confini?

Marco Barone

 

 

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