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La repubblica dei "Paroloni" e la lunga strada del golpe strisciante

Nell'ultima settimana si è assistito ad una bagarre mediatica senza precedenti, estesa, intensiva, piena di mezze verità e palesi bugie, senza contraddittorio, alle quali poter rispondere solamente in canali minoritari, underground o quasi, spesso in preda a esasperazione autolesionista.

 

Questa la strategia di comunicazione adottata dalla compagine governativa e dalle sue propaggini mediatiche e culturali, nell'assioma che vede gli intellettuali schierarsi a maggioranza con lo status quo, nel costituire una fanfara di vecchi tromboni nei quali ha trovato posto pure Philippe Daverio, che avrebbe potuto restarne elegantemente fuori.

Il tutto per arginare le pressanti richieste di correttezza parlamentare provenienti dai cinque stelle e relative a inciuci, pastrocchi e porcate varie mascherati da decretazione d'urgenza, pratica divenuta ormai antidemocratica a causa del suo abuso.
 
Certe argomentazioni sull’attualità politica di solito me le tengo strette, se non proprio quando atti e comportamenti sono talmente indecenti da suscitare una reazione rabbiosa, che si traduce in un sonoro vaffa, spesso anche accompagnato da valutazioni empatiche che moltissimi assimilerebbero all’insulto, come quando alla Meloni (maturata assai rispetto ai tempi del Pdl) raccomandai di curarsi la tiroide.
Per iscritto. In un social network. Alla potenziale lettura di milioni e milioni di internauti. 
 
Che poi l’abbiano letta, la mia raccomandazione, solo pochi annoiati, non conta, si trattava certamente di linciaggio mediatico, pestaggio anzi, che è termine di minor impatto rispetto all’uccisione e che, trattandosi di pratica comune alle forze dell’ordine, risulterebbe in qualche modo autorizzato…o possono pestare solo i poliziotti?
 
Chi è colpevole di aver innescato la miccia dell’insulto? Colui o coloro che hanno pronunciato il primo epiteto infamante, quello che ha scatenato questo turbinio di maleparole, a riguardo (sic) dell’uno o l’altro protagonista della scena politica contemporanea?
 
Beppe Grillo, diranno coloro che si sentono rappresentati e tutelati dalla casta. È lui che ha iniziato la stagione delle offese. Già, perché non possono certo dire, oggi che stanno facendo le leggi insieme, che furono i rappresentanti del berlusconismo e del leghismo a inaugurarla, attraverso un linguaggio sempre sottilmente ingiurioso nei confronti degli avversari, messo a strategica disposizione di tutti i microfoni compiacenti e soggiogati, ovvero alla maggioranza assoluta del mainstream.
 
Il metodo Boffo è stato applicato per la prima volta da Berlusconi attraverso i suoi velinisti imbrattatori di carta e dunque uccisori di alberi invano, e non credo vi sia bisogno di far nomi. 
 
Chi è a conoscenza delle vette qualitative della storia umana, non può che rammentare i discorsi politici di sir Oliver Cromwell, esprimenti più o meno la stessa intensità di linguaggio di Beppe Grillo, l’uno nei confronti di coloro che si opponevano all’instaurazione delle prime forme di democrazia allora, e l’altro di chi ci ha ridotto in queste pessime condizioni di moralità pubblica oggi.
 
Certo, la coda fatta di turpiloquio, che ha trovato nel web valvola di sfogo naturale per le tante ragioni che non è troppo difficile decifrare, è un’altra cosa, e secondo me va esaminata con un minimo di senso pratico in più e con un minimo di ipocrisia in meno.
 
I miei complimenti al lavoro incredibile di Marco Travaglio (su Il Fatto Quotidiano di Martedì 4 Febbraio 2014) che ha rilevato e documentato ben 170 esempi di bugie e offese rivolte a Grillo e ai cinque stelle in generale da parte dalla stampa e della politica, a partire dal 2007 fino ai recenti avvenimenti.
 
Le categorie applicate sono nell’ordine: fascisti, nazisti, squadristi, disabili, pedofili, terroristi, comunisti, matti, brutti, fannulloni, vigliacchi, coglioni e altre amenità degne di una fantapolitica da cartoon. C’è di che reagire, e avendo tenuto dentro tutta questa spazzatura per troppo tempo la reazione può essere esplosiva, lo sanno tutti che succede così. 
 
Se poi andiamo a dare un’occhiata alla rete dove chiunque può mandarci un segno, compresi ex squartatori ustascia, allora la prospettiva per impostare un’analisi che ne contesti o critichi le funzioni o addirittura ne intenda limitare l’espressione deve necessariamente cambiare.
 
Fin dall’alba della presenza istituzionale dei 5stelle sono nate una miriade di pagine, o di hashtag espressamente dedicati alla denigrazione goliardica e volgare mirata, nei quali si riversavano insulti e prese in giro pesanti su ogni persona o fatto relativi al movimento, e se qualcuno provava a buttarla sui contenuti era assaltato dal solito gruppetto di troll che gli mandavano a ramengo il senso politico e in fin dei conti alteravano la realtà dei fatti.
 
E tutto ciò succede ancora adesso, anche se l’onda assassina è calata d’intensità grazie alle continue e tempestive risposte di chi si sentiva, grillino o no, coinvolto e disturbato da questo andazzo. 
Ma perché poi stupirsene? Il web, i social e le chat, sono come un lungo sotterraneo corridoio periferico di una metropolitana, i cui muri sono imbrattati con un po’ di tutto, dall’arte alle scritte sporche sulle porte dei cessi.
 
Certo, la velocità di comunicazione del web cancella velocemente molte cose, una mano di bianco sui muri pronti a raccogliere altre centinaia di messaggi casuali o meno, neutrali o meno. Siamo un popolo di finti benpensanti che fino a poco tempo fa riversava le sue intemperanze verbali entro i confini della famiglia ed oggi può sventolare le sue mutande sporche al mondo.
 
E poi il linguaggio parlato, negli ultimi tempi, si è fatto sempre più aggressivo, più crudo; non si fa più fatica a trattenere un’imprecazione, nemmeno in fascia protetta. Lascerei dunque l’esercizio dell’accademismo della differenza tra linguaggio parlato e linguaggio scritto alla stesura di testi filosofici. 
 
E perché i politicanti della casta, giovani e vecchi, si sono buttati in massa sulle nuove tecnologie di comunicazione visto che preferiscono salotti profumati ad antri bui e maleodoranti simili a metropolitane obsolete? Perché sanno bene che la rete può essere anche una discarica del pensiero umano e tentano di usarla per far passare idee e concetti, nella maggior parte dei casi menzogneri, che finiscono bombardati da domande alle quali non sono in grado di rispondere e dunque gli insulti a loro diretti cominciano ad essere giustificabili. 
 
Come è loro solito essi non sembrano vivere la rete, sembrano sfruttarla e basta.
 
Ed ora passiamo a qualcosa di più sostanzioso e utile di una disquisizione sull’arte dell’insulto: le ultime clamorose vicende del parlamento esautorato e dell’emersione dell’oligarchia monocolore strisciante
Ci si potrebbe impostare un’interessante sceneggiatura per un film di fantapolitica.
 
La signora B., (comincio ad odiarla questa iniziale…), ha affermato, da Fazio e in mezzo a altre varie amenità, che “l’opposizione doveva sapersi fermare un attimo prima con le sue proteste per consentire al parlamento di approvare i decreti del governo” che tradotto significa fermarsi prima di aver esercitato fino in fondo il proprio diritto costituzionale e il proprio ruolo.
 
Secondo voi ha un senso tutto ciò? Se i legislatori padri costituenti hanno disegnato il ruolo dell’opposizione in forme e modi tali da garantirne il corretto esercizio, queste esternazioni, avallate da Letta e tutta la combriccola governativa, a cosa mirano? Non bisogna essere dei geni per capirlo.
 
Con nessuna ragione e nessun mezzo il presidente della camera dei deputati può imporre alle opposizioni di non fare opposizione al governo al quale si oppongono, soprattutto se esercitata entro i termini del dettato costituzionale. È lapalissiana quindi la convergenza totale di questa figura istituzionale (disegnata super partes a difesa e garanzia del corretto andamento democratico della nostra repubblica) sulle scelte di governo, e altrettanto lapalissiano è il tentativo di mistificazione delle prerogative parlamentari da parte della signora B.
 
No, la signora B non ha alcuna giustificazione per il grave atto compiuto, a prescindere dal tentativo giacobino dei deputati della sua fazione di rivoltare la frittata gridando all’attentato alla democrazia costituito dalle proteste in aula, non certo di grillina matrice.
 
L’attentato alla democrazia lo hanno compiuto loro, e sentirli cantare bella ciao, la canzone della resistenza, suscita un senso di profanazione grave nei confronti della resistenza stessa e di chi ha sacrificato la sua vita per essa…un branco di parassiti della poltrona politica a trentamila euro al mese, lacché giornalistici compresi, fanno resistenza solo per conservare i propri privilegi. Così è apparsa la loro Resistenza.
 
Ma dov’è finita la sceneggiatura fantapolitica? Nel fatto che da più di un ventennio in Italia mancava un’opposizione reale. Con il compromesso storico è iniziata quella lenta e costante convergenza dei vertici dei partiti popolari di segno opposto per arrivare alle larghe intese di oggi, che ne costituiscono l’espressione concreta di esercizio spregiudicato del potere.
 
Il fatto che finalmente una forza di opposizione reale abbia trovato posto in parlamento e che abbia i numeri per esercitare pienamente il proprio ruolo da molto fastidio agli eversori del partito trasversale che governa a sfavore dei cittadini e a favore delle lobby economiche di appartenenza da troppi decenni, prima subdolamente oggi in piena luce grazie ai deputati del movimento.
 
Un golpe strisciante consumato in lunghi anni e mascherato da attività parlamentare atto a creare un gruppo di potere omogeneo, falsamente bipolare, con finte opposizioni quali la lega o Sel, basato sulla corruzione e sulla disinformazione.
 
In linee generali, il Movimento 5 Stelle ricorda la grande stagione dei Verdi Italiani, almeno fino al giorno in cui la partitocrazia, guidata da Rutelli e dagli extraparlamentari di DP, il “braccio armato” della sinistra, non li ha completamente distrutti. “Male facemmo a cedere all’unificazione con i sedicenti Arcobaleno” direbbe Giannozzo Pucci, che rappresentava il nucleo originario vincente degli ecologisti in politica, Arcobaleno che prima erano Democrazia Proletaria, e prima ancora PDUP, e al debutto nacquero come PSIUP, costola del PSI di Craxi. 
 
Ma ai cinquestelle non li invade nessuno. Sono ancora impermeabili alla partitocrazia e speriamo che lo restino a lungo.
 

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