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Italia, infezione d’Europa

Assicurazioni e consumatori del Canton Ticino sono preoccupati. Un numero crescente di sinistri automobilistici che si verificano in Nord Italia vedono coinvolti veicoli acquistati, immatricolati ed assicurati in Svizzera.

In Svizzera, chiunque può acquistare ed immatricolare un veicolo, anche senza essere in possesso di una patente di guida. E le norme sulla residenza sono facilmente aggirabili, utilizzando un prestanome o una società paravento della Confederazione. Il beneficio, per gli italiani, è quello di pagare l’Iva sul veicolo all’8% anziché al 22%, ed evitare quelli che l’articolo di Swissinfo definisce i premi RC più alti d’Europa. I motivi di questi elevati costi assicurativi sono noti da tempo, soprattutto ai saltimbanchi che periodicamente, da casa nostra, proclamano che la riforma della RC auto è dietro l’angolo, salvo poi tornare ad assopirsi: maggior carico fiscale, elevata incidenza di frodi e furti, alti costi medi delle riparazioni, indennizzi molto elevati in caso di morte o invalidità permanente.

I ticinesi si sono accorti che questa forma di “arbitraggio fiscale-assicurativo”, che per la legge italiana configura il reato di frode fiscale, rischia di mettere pressione anche sui loro premi assicurativi, ed ora meditano controlli più stringenti. Il fenomeno non si verifica nei cantoni romandi perché i premi assicurativi francesi sono molto più bassi di quelli italiani.

È verosimile che il fenomeno verrà posto sotto controllo attraverso maggiori controlli sulla effettiva residenza di chi immatricola un veicolo in Svizzera, ma questo fenomeno di arbitraggio sui premi assicurativi è l’ennesima conferma di quanto disfunzionale sia l’Italia, sotto una molteplicità di aspetti, inclusa l’autentica infezione dei premi assicurativi, in un contesto di illegalità diffusa frammista a furbizie di “mercato” che pare incoercibile, con inevitabili ricadute negative sull’immagine del paese, i cui abitanti stanno venendo progressivamente rinchiusi in un recinto fatto di desertificazione produttiva, crescente pressione fiscale, mercati che semplicemente non sono tali, e conseguenti recriminazioni populistico-fascisteggianti.

E anche di questo pare che i tedeschi (o gli svizzeri, nel caso specifico) non abbiano colpa alcuna.

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