La Chiesa e il servizio pubblico della Rai
La Rai è, come tutti sanno, concessionaria di un servizio pubblico erogato sulla base di una disciplina dettata dal governo. Per questo la Rai viene spesso definita “televisione di stato”, laddove per “stato” si intende la Repubblica Italiana. O almeno così dovrebbe essere, perché a dire il vero esiste uno stato estero che gode di particolari attenzioni, più di qualunque altro, e quindi qualche dubbio sul fatto che la Rai sia la televisione dello stato italiano sembra non del tutto campato in aria. Non vi sono invece dubbi che lo stato estero in questione sia l’enclave di Città del Vaticano.
L’influenza delle gerarchie ecclesiastiche nella programmazione Rai non è sempre stata così marcata come adesso, tanto che in passato le rubriche dedicate ai culti minori, come Protestantesimo e Sorgente di vita, venivano garantite e programmate in orari accessibili.
Poi in vista del Giubileo del 2000, nella seconda metà degli anni ‘90, venne creata la struttura nota oggi come Rai Vaticano, e da allora il dilagare della confessione egemone è praticamente incontrastato, dai notiziari alle trasmissioni di approfondimento passando per fiction in prima serata e grandi eventi cattolici. Si veda come approfondimento il dettagliato intervento di Francesco D’Alpa al meeting Liberi di non credere del 2009.
Una vera e propria colonia, e come tale non c’è da meravigliarsi se i suoi abitanti si recano ad omaggiare il loro governatore. Così, sabato 18 gennaio papa Francesco ha incontrato i dipendenti della Rai nell’aula Paolo VI in Vaticano.
Nel corso dell’udienza, alla quale era stata in prima battuta preclusa la partecipazione alle coppie non sposate, il pontefice ha ricordato le responsabilità peculiari di chi fa informazione pubblica, com’è il caso dei dipendenti Rai. In particolare, ha suggerito “evitate disinformazione, diffamazione e calunnia per mantenere un alto livello etico”.
La Rai dev’essere “un servizio alla verità, alla bontà e alla bellezza” e non può essere strumento per dare notizie fuorvianti.
Per una volta non si può non concordare con il papa riguardo a uno dei punti cardine del servizio pubblico che per sua natura avrebbe il dovere d’informare correttamente il cittadino, senza quella partigianeria che può ben essere funzionale all’informazione privata, appannaggio di altri editori. Fatto sta che, ancora una volta, la netta marcatura territoriale attuata dal Vaticano riafferma una sorta di monopolio del tutto ingiustificato.
Tutte le concezioni del mondo diverse da quella cattolica hanno sempre meno voce nei palinsesti Rai, men che meno quelle non confessionali, quando invece sarebbe auspicabile un’inversione di rotta, tanto più che valori quali correttezza e obiettività appartengono a una visione laica della società e del mondo.
Detto in altri termini: siamo lieti di constatare che, da un punto di vista teorico, Bergoglio trovi comunanza di vedute con noi, ma ci permettiamo di far notare che la tendenza fino a oggi è stata quella di sottomettere alcuni valori fondanti in ottica di esclusività cattolica. In particolare i punti di vista laici non sono quasi mai presenti nei palinsesti Rai, mai in un contraddittorio e nemmeno quando ci si riferisce direttamente a loro.
Eppure si tratterebbe semplicemente di rispettare qualsiasi punto di vista. Non di tappare la bocca al prete o al rabbino o al pastore o all’eventuale imam di turno, bensì di dar spazio anche a coloro che, pur non riconoscendosi in confessione alcuna, sono tuttavia portatori di valori “sani” ancorché sganciati da qualsiasi professione di fede.
Il Vaticano ha goduto finora di una posizione privilegiata in materia d’informazione, di una vera e propria sovraesposizione mediatica frutto di logiche di lottizzazione tali da far impallidire le spartizioni operate dalle principali forze politiche della prima repubblica. Tutti i ruoli chiave sono sempre stati occupati da personaggi provenienti da ambienti ecclesiali, con procedure non sempre trasparenti e sopra ogni sospetto.
Se veramente ciò che sta a cuore al nuovo corso vaticano è una Rai pluralista, come sembra di capire dalle parole rivolte dal pontefice ai suoi dipendenti, allora c’è un modo solo per farlo: invertire la rotta e restituire il servizio pubblico ai cittadini. Tutti i cittadini.
L’influenza delle gerarchie ecclesiastiche nella programmazione Rai non è sempre stata così marcata come adesso, tanto che in passato le rubriche dedicate ai culti minori, come Protestantesimo e Sorgente di vita, venivano garantite e programmate in orari accessibili. Poi in vista del Giubileo del 2000, nella seconda metà degli anni ‘90, venne creata la struttura nota oggi come Rai Vaticano, e da allora il dilagare della confessione egemone è praticamente incontrastato, dai notiziari alle trasmissioni di approfondimento passando per fiction in prima serata e grandi eventi cattolici. Si veda come approfondimento il dettagliato intervento di Francesco D’Alpa al meeting Liberi di non credere del 2009.L’influenza delle gerarchie ecclesiastiche nella programmazione Rai non è sempre stata così marcata come adesso, tanto che in passato le rubriche dedicate ai culti minori, come Protestantesimo e Sorgente di vita, venivano garantite e programmate in orari accessibili. Poi in vista del Giubileo del 2000, nella seconda metà degli anni ‘90, venne creata la struttura nota oggi come Rai Vaticano, e da allora il dilagare della confessione egemone è praticamente incontrastato, dai notiziari alle trasmissioni di approfondimento passando per fiction in prima serata e grandi eventi cattolici. Si veda come approfondimento il dettagliato intervento di Francesco D’Alpa al meeting Liberi di non credere del 2009.
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