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Marocco, abolita la norma sul “matrimonio riparatore”: ora chi stupra va in carcere

 
Mercoledì 23 gennaio il parlamento del Marocco ha abolito l’articolo 475 del codice penale grazie al quale l’autore di uno stupro nei confronti di una minorenne poteva evitare il carcere sposando la sua vittima.
 

“Un passo avanti”, così lo hanno definito le organizzazioni per i diritti umani. Ma ci sono voluti il suicidio di Amina Filali e due anni di estenuanti dibattiti parlamentari. E anche ora che è stata eliminata la norma salva-stupratori, resta da fare molto altro.

Il codice penale contiene ancora diverse disposizioni inadeguate ad affrontare la violenza sessuale. In generale, la violenza sessuale è ancora inquadrata nel contesto dei reati contro la “decenza” e l’“onore” piuttosto che tra i reati contro la persona e in una strategia focalizzata sul diritto alla protezione, alla giustizia e alla riabilitazione.

L’articolo 486, sulla definizione di stupro, non tiene conto del fatto che questo può avere luogo anche in circostanze coercitive che non necessariamente includano la violenza fisica e che può verificarsi anche all’interno del matrimonio.

La durata della pena per chi compie uno stupro continua a essere posta in relazione alla verginità o meno della vittima (articolo 488).

Le persone che intendono denunciare uno stupro sono ancora frenate dagli articoli 489, 490 e 491, che criminalizzano le relazioni extramatrimoniali e quelle tra persone del medesimo sesso.

All’indomani del voto in Marocco, Amnesty International ha auspicato che anche Algeria e Tunisia avviino modifiche alle leggi e attuino strategie complessive per proteggere le donne e le ragazze dalla violenza sessuale.

 

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