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Dalle stelle sociali alle stalle statali. Perché le nazioni falliscono

Nel 2013 due studiosi americani hanno pubblicato un saggio storico-economico molto documentato e ben raccontato: “Perché le nazioni falliscono” (il Saggiatore, 473 pagine).

I casi storici e della vita sociale sono difficili da decifrare, però le cause della prosperità e della povertà originano dalle diverse istituzioni economiche e politiche adottate dalle popolazioni. In realtà in molti casi la crescita economica è temuta da chi desidera lo status quo, quindi è osteggiata dai poteri burocratici e dai poteri finanziari (come avviene di frequente in Italia).

I paesi diventato più ricchi quando permettono la crescita di nuove realtà sociali e di sistemi politici inclusivi e pluralisti. Gli Stati Uniti sono diventati ricchi perché i cittadini hanno rovesciato le élite che controllavano il potere, dando vita a società in cui i diritti politici sono distribuiti in modo molto più ampio, il governo è responsabile verso i cittadini e sensibile ai loro bisogni.

Prendiamo un esempio recente:

L’Egitto è povero perché è stato governato da una ristretta élite, che ha modellato la società sui propri interessi a danno della vasta maggioranza delle persone… basti pensare alla fortuna di 70 miliardi di dollari accumulata dall’ex presidente Mubarak. Ad averci rimesso sono stati i cittadini egiziani, che lo capiscono fin troppo bene.

Oltre alla “legge ferrea dell’oligarchia” (Robert Michels), la crisi è dovuta anche alla crescita demografica eccessiva.

L’attuale Egitto è quindi caratterizzato da istituzioni “estrattive, dal momento che vengono usate da determinati gruppi sociali per appropriarsi del reddito e della ricchezza prodotti da altri” (p. 88). Invece le “istituzioni economiche inclusive” investono in tecnologia e istruzione, e creano mercati inclusivi che “devono garantire la proprietà privata, un sistema giuridico imparziale e una quantità di servizi [strade e reti di comunicazione] che offra a tutti uguali opportunità di accesso al sistema di scambi; deve inoltre essere assicurata la possibilità di aprire nuove attività, e, per le persone, di scegliere liberamente un’occupazione” (p. 86). Servono buoni incentivi e buone scelte politiche.

In definitiva si tratto di un libro elegante e ricco di aneddoti, come quelli relativi ai sistemi di tassazione degli indigeni del Sud America da parte dei famigerati schiavisti spagnoli, che in pochi secondi potevano trasformare gli essere umani in animali per il trasporto di merci pesanti. Purtroppo tutte le istituzioni spagnole, “pur portando grandi ricchezze alla corona spagnola e rendendo molto agiati i conquistadores e i loro discendenti, trasformarono l’America Latina nel continente più disuguale al mondo e minarono gran parte del suo potenziale economico”.

Daron Acemoglu insegna Economia al MIT di Boston. Nel 2005 ha ricevuto la John Bates Clark Medal, il più importante riconoscimento per gli economisti under 40. 

James A. Robinson è uno scienziato politico di Harvard. Si è specializzato nello studio delle istituzioni africane e latinoamericane.

Per approfondimenti: http://whynationsfail.com.

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