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Valentino: l’Ultimo Imperatore. Cronache di un couturier senza tempo

Chi non è curioso di sapere come vive il più grande stilista visionario di tutti i tempi? Questo film documentario è un insieme di prime volte. E’ la prima volta che Matt Tyrnauer, corrispondente di Vanity Fair, dirige un film, è la prima volta che Valentino accetta, senza pensare troppo alle conseguenze, di essere seguito in ogni aspetto della sua vita privata e del suo lavoro, ed è la prima volta che si conoscono i retroscena dell’acquisizione della società Valentino, del ritiro dello stilista e delle dinamiche finanziarie collegate. Si è imparato ormai da tanto tempo a considerare la moda come un business miliardario piuttosto che come un mondo fatato e impalpabile, ma in realtà la vita di Valentino Garavani rispecchia entrambe le cose. Due aspetti fondamentali saltano subito all’occhio: la sua ricchissima e riservatissima vita privata e il suo pubblicissimo e serissimo lavoro. Iniziamo dalla parte divertente: il signore della moda vive tra la campagna parigina e Roma, in una villa con giardino alla francese e in una domus patrizia di grande stile. Possiede una casa a Gstaad in cui si rifugia per sciare in assoluta tranquillità e la sua barca in mogano e teck attracca in piazza S. Marco con una semplicità disarmante.
 
Viaggia sempre con i suoi cinque carlini anche in aereo, che ricevono un trattamento a cinque stelle da parte dei suoi maggiordomi, e pranza, vive, si circonda di celebrità e artisti di gran valore. Il collante importantissimo fra lo sfarzo del privato e il frenetico pubblico lo conferisce Giancarlo Giammetti, Presidente Onorario della società nonché compagno di vita di Valentino per 12 anni. Si sono divisi bene i compiti in questi 45 anni di carriera Valentino e Giammetti, il primo sempre ispirato e creativo, servitore della bellezza e gran signore dell’alta moda, il secondo, cavaliere del commercio e dell’organizzazione, salvò la casa di moda dalla bancarotta negli anni sessanta e da quel momento è l’unica persona che Valentino ascolta e da cui si fa dare torto. Certo è che dal 2002 con la cessione del marchio ai Marzotto la pressione si è fatta più alta, le epoche di Warhol, di Jaqueline Kennedy, della Dolce Vita erano flebili ricordi, che sapevano rivivere solo negli abiti stupendamente confezionati dalle fedeli sarte, perché lui li disegna ma non li realizza, rigorosamente a mano. Nessuna di loro all’epoca sapeva usare una macchina da cucire e fino a quando Valentino non ha calcato l’ultima passerella le etichette venivano ancora cucite una ad una. L’aspetto ancora più interessante però è l’analisi della vita del marchio dal 2002 appunto, con la visione di Matteo Marzotto che incalzava verso il futuro (nel film dichiarerà: “Si deve pur trovare un erede di Valentino”), i media fissati con le domande su un possibile pensionamento dello stilista, il quale puntualmente negava, l’acquisizione da parte della Permira nel 2007 che è diventata di fatto “proprietaria” del gruppo che dichiara un valore a oggi di 5.343 Bn.
 
Si intravedono molti giochi di potere comunque, fra le riprese a volte rubate, discorsi delicati e dichiarazioni di competenze. La verità è che gli stilisti come Valentino sono insostituibili, sono marchio a sé indipendentemente da chi possiede le loro aziende o da chi ne diventa direttore creativo. Impossibile pensare che altri decidano se non chi porta il nome di un marchio famoso a livello planetario ed è indubbiamente capace di preservare il suo duro lavoro. La lotta c’è stata e lui ha vinto, chi realizza oggi gli abiti Valentino sa esattamente come farlo, perché abituato a vivere a stretto contatto con chi per anni li ha sognati. In un’ora e mezza vedrete le sue conquiste: le passerelle a Parigi, l’alta moda e il couture, la sua sfilata a Roma per i 45 anni della maison, la festa all’Ara Pacis divenuto per una sera esposizione degli abiti storici del marchio per colore: nero, bianco e rosso, la cerimonia per la Legione d’Onore ricevuta nel 2006; il privato: gli scatti d’ira, le impennate di ego, i processi creativi, e il linguaggio astuto (parla francese solo quando non vuole farsi capire dal regista, parla italiano e parla inglese a seconda della convenienza), l’opulenza che in periodi come questo può anche far storcere il naso.
 
D’altra parte è Valentino, il mondo del glamour sa ben viziare le sue eccellenze, ma spesso dimentica che le aziende e le etichette sono persone, prima di tutto il resto. Lo spiega bene una frase dello stesso stilista, alla possibilità di far sfilare come ultimo abito l’ennesimo capolavoro in rosso dice: “Oh no eh, basta con ’sto rosso, i vestiti più stupidi e più semplici sono proprio i rossi”.

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