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Suicidio o cause naturali

Quando quest’estate alcuni poliziotti sono stati condannati per omicidio per le morti assurde di Riccardo Rasman, Federico Aldrovandi e Gabriele Sandri sembrava possibile che stesse finendo l’impunità che finora in questo paese ha sempre permesso alle forze dell’ordine di non rispondere di nulla, anche quando commettono crimini terribili.

Pure la vicenda di Stefano Cucchi poteva farlo pensare, perché almeno per la prima volta tutti i giornali e le tv ne avevano parlato. Ma se i tre casi citati all’inizio erano troppo giganteschi perché i colpevoli non fossero puniti, anche se le condanne sono state ridicole rispetto a quelle che avrebbero ricevuto dei comuni cittadini per simili reati, il carcere resta una zona buia in Italia.
 
Infatti i tre casi citati sono avvenuti fuori, mentre quello che avviene nelle carceri resta sempre impunito
 
Archiviata come decesso naturale la morte di Aldo Bianzino, nonostante non ci sia niente di naturale in lesioni interne al fegato dopo un aneurisma cerebrale. Archiviata ora anche la morte di Manuel Eliantonio, probabilmente ucciso a botte da qualcuno nel carcere di Marassi a Genova, come si vedeva chiaramente dal suo corpo, ridotto come quello di Stefano Cucchi. Ma per la procura Manuel è morto per aver inalato del gas. Questo metodo è una delle prime cause di morte nelle prigioni italiane. O meglio, è la scusa perfetta per spiegare, quando serve, le morti sospette. I segni sul corpo di Manuel sarebbero versamenti ematici post mortem. I suoi racconti alla famiglia di pestaggi e violenze, prima di morire, solo fantasie. 
 
I casi di Aldo e Manuel purtroppo sono solo una goccia nel mare. In prigione si muore facilmente, e nessuno indaga mai davvero per scoprire perché. Più di 1500 casi dal 2000 ad oggi. Una minoranza erano effettivamente persone anziane o malate, tutti gli altri sono stati archiviati come suicidi e decessi per cause naturali. 

Ci sono altri casi aperti, come Stefano Cucchi, Marcello Lonzi e il "suicidio" inspiegabile di Niki Aprile Gatti, solo una delle tante morti sospette del carcere di Sollicciano. Il caso di Manuel oggi è un trafiletto minuscolo in pochi giornali, come è accaduto ad Aldo e a Niki, mentre moltissimi altri, in prigione o nei campi di concentramento per immigrati, a malapena appaiono su qualche sito.
 
E’ per questo che muoiono per "suicidio" o "cause naturali". Perché nessuno sa, a nessuno importa. Forse per Stefano Cucchi sarà diverso, perché di lui si è parlato molto, ma tutti i precedenti in merito non lasciano molto spazio alla speranza. In carcere i colpevoli sono sempre i detenuti, per definizione, anche quando non è affatto così. 


IL MIO INDIRIZZO

Un fiammifero per penna
Sangue versato in terra per inchiostro
L’involto di una garza dimenticata per foglio
Ma cosa scrivo?
Forse ho solo il tempo per il mio indirizzo
Strano, l’inchiostro s’è coagulato
Vi scrivo da un carcere
In Grecia

Alexandros Panagulis, scritto nel Carcere militare di Boiati, 5 giugno 1971 – dopo un pestaggio in Grecia, durante la dittatura dei colonnelli

 

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