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Ricetta anticrisi, lo shopping femminile

Puntare sulle donne per uscire dalla crisi. Le donne consumatrici, si intende, perché in quanto a parità nelle opportunità di lavoro c’è ancora molta strada da fare. Secondo l’Economist è questa la strategia scelta da molte aziende grandi e piccole per corroborare i consumi e risollevare i bilanci.

La ragione è semplice: le donne fanno più dell’80% degli acquisti voluttuari. Non comprano solo il 90% del cibo ma, udite udite, anche il 55% dell’elettronica di consumo e la maggior parte delle automobili di nuova costruzione. Sono dati made in Usa e infatti il nuovo trend produttivo, come la crisi, arriva dagli Stati Uniti.

Si apprende così che Frito-Lay - produttore di snack-food del gruppo Pepsi - ha lanciato la campagna “Only In A Woman’s World” per convincere le potenziali acquirenti del fatto che patatine e popcorn siano cibi assolutamente femminili. OfficeMax, il secondo produttore Usa di arredamento e componenti d’ufficio, ha lanciato nuovi pc portatili e raccoglitori di file che ammiccano al gusto muliebre, sostenuti da una campagna in grande stile che invita le impiegate a rendere più “colorati” i propri cubicoli. E per la prima volta, McDonald’s ha sponsorizzato la Settimana della Moda di New York, a febbraio, promuovendo una nuova linea di hot drinks per le donne che fanno tendenza.

Sull’onda di questa caccia alle streghe di segno positivo, SheSpeaks - agenzia di consulenze di mercato specializzata nei consumi femminili - ha triplicato i propri clienti dall’inizio della recessione. E si tratta di clienti non da poco, come Philips e Citibank.

Secondo Marti Barletta, autrice di “Marketing to Women”, le donne sono clienti migliori degli uomini per tre motivi. Primo, sono fedeli: più propense a comprare la stessa marca se soddisfatte. Secondo, chiacchierano: diffondono cioè più informazioni sui prodotti che amano, sfruttando anche i social network online. Terzo, la maggior parte dei licenziamenti è avvenuta per ora in ambiti tipicamente maschili (manifattura e costruzioni), quindi le donne detengono una quota maggiore del reddito familiare e del potere d’acquisto.

Qui però c’è una contraddizione: secondo l’International Labour Organization, la crisi espellerà nel corso del 2009 più donne che uomini dal ciclo del lavoro. In tal caso, non c’è rischio che l’inseguimento al target femminile sia strategia di brevissima durata? E non è solo questione di licenziamenti, bensì anche delle imponderabili idiosincrasie che dividono l’universo femminile da quello maschile. Si cita così il caso di Porsche che, dopo aver messo sul mercato un “Suv femminile“, ha visto inizialmente le vendite impennarsi, per poi registrare un crollo. Il motivo? Gli uomini si allontanavano dal brand, non più sufficientemente “macho”.

La strategia è estendibile alla Cina? Fino all’anno scorso le donne del ceto medio urbano erano l’avanguardia dei consumatori cinesi: a caccia di lusso e status-symbol, contribuivano a rompere il cerchio della tradizionale parsimonia confuciana. Oggi la fiducia dei consumatori è in calo anche oltre Muraglia, ma studi che risalgono a gennaio 2009 dimostrano che le donne restano più ottimiste degli uomini. Nelle grandi città continuano ad affollare i negozi L’Oreal, Revlon ed Estee Lauder, tanto che c’è chi decide di aprire nuovi outlet proprio adesso. E anche nelle province remote si registra un boom dei consumi femminili. Solo che adesso, più di prima, anche le donne cinesi buttano un occhio a sconti e saldi.

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