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Quest’anno sotto l’albero mettiamoci anche un pizzico di paura!

Sarà tutta colpa delle attività umane, vi saranno altre ragioni di ordine astronomico o naturale in generale, ma l’effetto serra provocato dall’innalzamento della CO2 in atmosfera si sente ormai sempre più. Alcune zone della Terra sembrano avvertirne già la minaccia in modo più evidente ed alcune popolazioni di sperdute isole dell’Oceano Pacifico o popolazioni himalayane cominciano a chiedere aiuto alla comunità internazionale. Un aiuto che può venire ovviamente solo da interventi globali concordati da tutte le nazioni del mondo, in particolare da quelle che hanno avuto ed hanno oggi il più elevato grado di sviluppo e quindi un potente apparato industriale che inesorabilmente alimenta inquinamento e distruzione di risorse.

Ma i media mondiali non danno ancora il giusto contributo per fare conoscere i dati reali di una minaccia planetaria che potrà avere effetti disastrosi tra pochi anni : un contributo invece essenziale per spingere dal basso sempre più i nostri governanti ad impegnarsi in maniera decisiva nel problema . Leggendo invece la stampa mondiale, sempre ricca di eventi politico-gossippari o vedendo i servizi in tv relativi ai grandi consumi natalizi, viene in mente la celebre sala con festa danzante mentre il Titanic stava affondando.

Ecco il perché di questo articolo: un piccolo contributo alla diffusione di dati che per ora scorrono quasi esclusivamente tra i PC di pochi addetti ai lavori, non perché siano in qualche modo secretati, ma solo e semplicemente perché non destano per ora un interesse generale paragonabile alle nostrane" pruderie politiche".

Il Comitato Evk2Cnr, che si occupa da oltre vent’anni di ricerca scientifica in alta quota, ha realizzato il progetto SHARE (Stations at High Altitude for Research on the Environment), una rete di osservatori per il monitoraggio climatico e ambientale in collaborazione con Unep, Wmo, Nasa, Esa e Iucn.. Del resto l’ONU definisce le montagne come indicatori privilegiati degli effetti dei cambiamenti climatici e della salute del pianeta ed in effetti sono proprio le montagne le prime a registrare sul proprio territorio le conseguenze del cambiamento climatico globale e a fornire importanti dati relativi al mutamento del pianeta. Per questo motivo sono stati installati sensori sulla cima del monte Bianco ed una spedizione scientifica italiana ha collocato una stazione di rilevamento di parametri fisici sulla cima del "tetto del mondo" ( il monte Everest) tramite la spedizione alpinistico-scientifica SHARE Everest 2008, guidata da Agostino Da Polenza.

La stazione di monitoraggio climatico installata è in grado di monitorare, oltre alle temperature, umidità, radiazione solare, direzione e velocità del vento, dati atmosferici preziosi per lo studio del clima. Tutte le informazioni raccolte da questa stazione vanno a completare i dati e le strumentazioni della rete SHARE già presenti in Nepal a diverse altitudini .

Sono ora disponibili i dati climatici ed ambientali rilevati in quattro anni sui ghiacciai himalayani ad oltre 5000 metri di quota dal progetto Share promosso dal Comitato Evk2Cnr ed analizzati nell’ambito di una collaborazione con il Nasa Goddard Space Flight Center. In estrema sintesi questa è la cruda realtà che emerge: ghiacciai inquinati come le aree urbane e fusione accelerata fino al 24% con concentrazioni di inquinanti pari alle aree urbane e PM10 oltre i limiti europei.

Ma a Copenhagen, nell’agenda ufficiale del Cop 15" non compare nessun atto dedicato ai ghiacciai himalayani! Questi dati sono stati presentati ufficialmente durante l’AGU Fall meeting 2009 in corso a San Francisco da ricercatori della NASA in collaborazione con ricercatori CNR, CNRS ed EvK2CNR

I primi 4 anni di osservazioni, dal 2006 al 2009, eseguite presso il Nepal Climate Observatory - Pyramid (NCO-P), hanno permesso di ottenere importanti informazioni su black carbon, ozono, radiazione solare e altri parametri atmosferici a 5079 metri di quota sulle pendici dell’Everest ove è posta la stazione di misura più elevata del network dedicato all’Atmospheric Brown Cloud di Unep.

"Il black carbon ha raggiunto i 5 µg m3 – dice Paolo Bonasoni, responsabile del progetto Share - mentre la massa del particolato PM10 a volte ha superato i 50 µg/m3, valore che in Europa costituisce il limite per la protezione della salute umana, e l’ozono ha raggiunto concentrazioni ragguardevoli. La cosa più preoccupante è che questi fenomeni acuti di inquinamento, sorprendenti per essere stati rilevati ad oltre 5000 metri, sono regolari. Questa primavera il fenomeno era addirittura visibile a occhio nudo: masse d’aria inquinate dal colore bruno ricche di composti carboniosi che viaggiano nelle valli himalayane e si depositano sui ghiacciai, scaldandoli e favorendone la fusione".

E non è finita qui. Secondo i ricercatori, le valli himalayane funzionano da veri e propri "camini" attraverso i quali gli inquinanti che compongono l’Asian Brown Cloud (la vasta nube di inquinanti che affligge il subcontinente indiano), sono direttamente trasportati verso la media e alta troposfera, dove il loro tempo di vita può aumentare considerevolmente e dove possono essere rimescolati e trasportati anche per lunghe distanze.

"Non c’è altro luogo al mondo dove si produce un così forte riscaldamento atmosferico – dice William Lau, capo del Laboratory for Atmospheres al Goddard Space Flight Center della NASA di Greenbelt -. Le polveri dei deserti, i resti delle combustioni e gli inquinanti formano la nube marrone che assorbe le radiazioni, riscalda l’aria nella regione Himalayana e accelera la scomparsa dei ghiacciai.

Durante episodi acuti di inquinamento le concentrazioni di black carbon hanno raggiunto i 5 µg m3, mentre la massa del particolato PM10 a volte ha superato, in particolare nel 2006, i 50g/m3, valore che in Europa costituisce il limite per la protezione della salute umana (da non superare annualmente più di 35 volte nelle città; DE 60/02). Durante questi episodi di inquinamento anche l’ozono ha raggiunto concentrazioni ragguardevoli confermando che simili concentrazioni di inquinanti, ricorrentemente misurate nel corso dei quattro anni e tipiche delle aree urbane possono sorprendentemente raggiungere e superare i 5000 metri di quota, nel regno dei ghiacciai del cosiddetto "terzo polo" del Pianeta Terra.

Il black carbon ha un "potere riscaldante" pari a circa il 60% della CO2, il gas maggiormente responsabile dell’effetto serra e del riscaldamento climatico. Infatti, mentre l’ozono è considerato il terzo gas-serra antropico, il black carbon assorbe la luce del sole e può causare un riscaldamento in quegli strati di atmosfera dove è stato trasportato, comportando un minore flusso di radiazione solare al suolo, con la tendenza al suo raffreddamento. Una volta depositato sulle superfici di neve e ghiaccio, il BC, a differenza della CO2, può ridurre significativamente l’albedo superficiale, provocando un’accelerazione della loro fusione. Infatti, grazie a misure eseguite al NCO-P nella stagione pre-monsonica 2006, opportuni modelli numerici hanno permesso di stimare, nell’ambito di una collaborazione con il NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt (USA), un possibile aumento della fusione di neve e ghiaccio fino al 24%.

Fonte: c.s.n°12/2009 del Comitato Ev-K2-Cnr

 

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.107) 22 dicembre 2009 00:32
    Renzo Riva
    Signor Mario Guidi,
    Vuole fare dell’eco-terrorismo?
    Arriva in ritardo le hanno già soffiato il posto.
    Mandi,
    Renzo Riva
    349.3464656

    «I negazionisti del clima? Venduti» Al Gore vince il nobel dell’ipocrisia


    Al Gore ha dichiarato che chi nega la responsabilità umana del riscaldamento globale è pagato dagli inquinatori. Lo stile delle dichiarazioni ricorda quelle del mafioso pluriomicida Spatuzza, che parla tanto per emettere aria - alquanto fetida, in verità - ma con tanti allocchi intorno disposti a respirarla a pieni polmoni. Mentre Al Gore non può offrire dimostrazione alcuna della malafede che, a suo dire, animerebbe quelli che egli chiama negazionisti, noi possiamo offrire ampi indizi della sua malafede. La stessa parola - negazionisti - è deliberatamente usata per evocare un automatico accostamento ai negazionisti dell’Olocausto nazista; il che, se spinto fino alle logiche conseguenze, vorrebbe suggerire la messa sotto processo dei dissidenti in tema di clima per crimini contro l’umanità. Privo di argomenti, insomma, Al Gore ci liquida accusandoci di essere criminali e pagati.
    Dico «ci» perché io sarei un negazionista: sono membro dell’N-Ipcc, una istituzione internazionale che ha fornito ampie e documentate prove della totale assenza di responsabilità umana sul clima del pianeta. Ma sto ancora cercando nel mio conto in banca, non avendoli ancora trovati, i proventi di quei pagamenti.
    Al contrario, invece, in questi giorni è emersa la colossale frode che proprio ad Al Gore ha fruttato il Nobel per la pace. Dovremmo però dire ri-emersa, visto che è da almeno 10 anni che è noto l’imbroglio. Il suo premio Al Gore lo ha diviso con l’Ipcc, il noto comitato dell’Onu investito del problema climatico. Orbene, l’Ipcc era gravato dal pregiudizio già sul nascere, visto che il suo statuto recitava che compito del comitato era «stabilire, in modo completo, oggettivo, aperto e trasparente, le informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche rilevanti per comprendere le basi scientifiche dei rischi dei cambiamenti climatici indotti dalle attività umane». Insomma, l’Ipcc aveva già deciso che le attività umane influenzano il clima prima ancora di cominciare a operare. Nel suo Primo Rapporto (1990), lacunoso nell’ignorare gli effetti del vapore acqueo, delle nuvole e del sole sul clima della Terra, e ignorando gli scienziati che sottolineavano la lacuna, l’Ipcc «prediceva» ciò che i politici dell’Onu volevano predicesse: il disastro planetario come conseguenza dell’immissione in atmosfera della CO2. Il Secondo Rapporto (1996) si macchiò addirittura dell’infamia di gravi alterazioni nella stesura del Riassunto che fu poi dato in pasto all’opinione pubblica, tant’è che diversi scienziati dello stesso Ipcc protestarono (memorabile è la lettera di denuncia, pubblicata sul Wall Street Journal, di Frederick Seitz, presidente della Società di fisica e dell’Accademia nazionale delle scienze americane). Il Terzo Rapporto dell’Ipcc è invece memorabile per aver fatto proprio e diffuso il famoso grafico «a mazza da hockey» delle temperature medie globali, prodotto della «ricerca» di un inesperto studente, tale Michael Mann (poi subito gratificato con incarichi spropositati al proprio curriculum), il quale aveva cancellato con un tratto di penna sia il periodo caldo medioevale che la successiva piccola era glaciale, facendo apparire le temperature attuali le più elevate del millennio (sappiamo invece che per un paio di secoli attorno all’anno Mille il pianeta fu più caldo di adesso). Quel grafico indusse l’approvazione operativa del Protocollo di Kyoto, ma fu subito dopo dimostrato essere un falso scientifico, tant’è che il Quarto Rapporto dell’Ipcc (2007) neanche lo cita più.

    Il terrore diffuso dai Rapporti dell’Ipcc ha attirato l’attenzione dei media, che ha incrementato il flusso di risorse, che a sua volta ha vieppiù foraggiato la propaganda politica, in un vortice senza fine. Si sono creati nuovi «posti di lavoro», occupati da una pletora di persone prive di alcuna competenza scientifica, ma che traggono così di che vivere. Il vortice è oggi ingigantito dagli interessi per la diffusione delle tecnologie eolica e fotovoltaica che sono costosissime e prive di alcun valore nella produzione d’energia elettrica, e possono essere mantenute in vita, quegli interessi, solo grazie a questo clima di terrore.


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