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Politkovskaja, la verità che manca

Ci sarà un nuovo processo per Anna Politkovskaja, la cronista del giornale di opposizione Novaia Gazeta uccisa tre anni fa nell’ascensore di casa. La corte suprema russa ha, infatti, accolto il ricorso della procura, annullando per “significativi violazioni procedurali” la sentenza della giuria che a metà febbraio aveva assolto all’unanimità i tre imputati ceceni.

Ma si può parlare, finalmente, di giustizia per Anna? Sono in pochi a crederlo. La decisione è stata, infatti, contestata non solo dalla difesa degli imputati, che parlano di una “decisione politica presa al più alto livello”, ma anche dalla famiglia della vittima, secondo cui un nuovo processo con le vecchie prove già fallite rischia di ostacolare ulteriori indagini per scoprire mandante e movente.

Il nuovo processo, infatti, potrebbe solo essere un modo per insabbiare le ultime prove e dimostrare, invece, all’opinione pubblica di aver applicato rigorosamente la giustizia. Il tribunale avrebbe commesso, secondo la corte suprema delle significative violazioni del codice di procedura penale, tali da influenzare l’emissione di un giusto verdetto. Ma questa scelta non trova il consenso dei familiari della giornalista. I due figli, Ilià e Vera, pur essendo convinti della colpevolezza degli accusati non condividono la decisione della Corte Suprema. “Il verdetto di assoluzione è una decisione del tutto ragionevole e logica, mi pare che gli inquirenti devono criticare se stessi perché con queste prove non ci si poteva aspettare una sentenza diversa – ha spiegato l’avvocato Anna Stavitskaia. – Nel nuovo processo il verdetto sarà lo stesso perché le prove sono le stesse”. Sarà solo un nuovo fallimento totale, una messa in scena.

Anna aveva solo 48 anni, quando fu uccisa a Mosca in un agguato nell’ascensore di casa. Aveva avuto posizioni molto critiche verso il Cremlino, soprattutto per il conflitto in Cecenia che aveva seguito in prima persona, e le coincidenze vogliono che sia morta proprio nel giorno del compleanno dell’allora presidente Vladimir Putin (di cui era molto critica) che subito dopo dichiarò che lei “non era influente nell’opinione pubblica russa”. Lavorava al quotidiano Novaia Gazeta, una delle voci più severe nei confronti del potere: molti colleghi la consideravano come l’incarnazione della coscienza professionale e l’avevano insignita nel 2000 dell’equivalente russo del premio Pulitzer americano, il ‘Penna d’oro’.

Ma le sue inchieste non sempre erano state apprezzate. Tra queste sicuramente quella che seguì la controversa operazione, nell’ottobre 2002, delle forze russe nel teatro di Dubrovka (almeno 129 morti fra gli ostaggi per l’annientamento dell’intero commando terrorista). Proprio a causa delle sue inchieste era già sfuggita, nel 2004, ad un tentativo di avvelenamento, ma per lei ci sarà una morte molto più violenta due anni dopo.

Il processo contro i suoi presunti assassini è stato seguito in tutto il mondo e subito dopo la sentenza di assoluzione per gli imputati, Dmitri Medvedev scelse di rilasciare la sua prima intervista da presidente proprio al quotidiano russo Novaia Gazeta, la testata della Politkovskaja endendo omaggio ai suoi numerosi giornalisti rimasti uccisi.

Già nel 2001 la Politkovskaja è costretta a fuggire a Vienna in seguito a ripetute minacce ricevute via email da Sergei Lapin, un ufficiale dell’OMON (una polizia dipendente direttamente dal ministero degli Interni) da lei accusato di crimini contro la popolazione civile in Cecenia.

Con Anna sono state uccise anche le sue inchieste e parte del coraggio dei tanti giornalisti che, in Russia come in molte altre parti del mondo, combattono ogni giorno contro il potere per informare i propri concittadini. Il processo riprenderà, ma è certo che la verità non arriverà mai.

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