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Opel. La Russia di Putin è il vero vincitore

Nella notte la comunicazione ufficiale da parte del governo di Berlino sul raggiungimento dell’intesa con la casa produttrice di componentistica Magna.

Alla fine a spuntarla è stata la casa austro-canadese, grazie al decisivo appoggio della Sberbank, potente banca di stato russa direttamente legata all’ex presidente Vladimir Putin.

I TERMINI DELL’ACCORDO

Il governo federale tedesco ed i quattro Laender nei quali si trovano gli stabilimenti Opel hanno deciso lo stanziamento di 1,5 miliardi di euro necessari per il salvataggio, nell’immediato, della casa di Russelsheim.

Determinante l’intesa raggiunta dalla compagnia di Detroit GM, con la Magna per l’anticipo chiesto tra mercoledì e giovedì scorso, di ulteriori 300 milioni di euro.

Il piano prevede un "Memorandum d’intesa" tra il governo della Merkel e il costruttore di componentistica, si prospettano altre quattro o cinque settimane di incontri per arrivare all’accordo definitivo.

Nel frattempo Berllino deve attivarsi per trovare il modo di determinare la costituzione di un’amministrazione fiduciaria, nella quale dovranno entrare a far parte la stessa Magna con una quota del 20% dell’azionariato, alla Sberbank dovrebbe andare il 35% insieme alla controllante GM, ed il restante 10% ai rappresentanti dei lavoratori (secondo le forme di cogestione aziendale tipica delle fabbriche tedesche).

Al momento non ci sarebbe alcun interessamento dello stato alle quote di partecipazione della nuova società.

I RETROSCENA

Non v’è dubbio che la Fiat ha dovuto fronteggiare in queste settimane l’opposizione sia della componente socialdemocratica che quella centrista del governo tedesco, ma senz’altro il ruolo decisivo nella conclusione della vicenda deve essere attribuito all’ex cancelliere Gerhard Schroder il quale, dopo la sconfitta elettorale per una manciata di voti che ha portato alla costituzione di un governo di "Grande Coalizione", si è ritagliato un ruolo di "mediatore internazionale".

Mediatore a "senso unico", potremmo azzardare, visto che ha intessuto in questo periodo una fitta rete di relazioni soprattutto con il governo russo: tra i vari ruoli ricoperti, determinante è quello di presidente del comitato degli azionisti del Nord Stream, il gasdotto controllato dalla tanto discussa Gazprom, che collegherà Russia e Germania.

Fiat ha dovuto incassare anche in netto "no", gia dal primo momento, da parte del potente sindacato della IG Metall, preoccupato per il mantenimento dei posti di lavoro soprattutto a causa della paventata sovrapposizione dei modelli di auto prodotte dagli stabilimenti italiani.



La crisi del settore auto in Europa è stata drammatica fino ad ora, e si parla di una sovracapacità produttiva pari almeno al 30%.

Le vendite solo nell’ultimo anno sono crollate in media del 15%, ed ancor peggio ha fatto Opel, con un meno 20% - mentre solo il gruppo Fiat e Volkswagen hanno contenuto il crollo al 5%.

IL FUTURO DI OPEL

L’obiettivo sarebbe quello di arrivare ad una capacità produttiva pari a 6 miloni di auto all’anno, e la rete di vendita dovrebbe ampliarsi, fino ad un milione di macchine, in Russia e negli ex stati sovietici.

Questa prospettiva però dovrebbe alquanto preoccupare Berlino, visto che il crollo del mercato dell’auto è stato, negli ultimi dodici mesi, accentuato proprio in quelle aree di mercato: in alcuni paesi come Lituania o Estonia, il crollo è stato addirittura dal 50% al 70%.

FIAT

Dopo le parole di amarezza e delusione espresse dall’ad Marchionne, e dal conforto del presidente, Luca Cordero di Montezemolo - "Marchionne ha fatto tutto quello che si poteva" - adesso si apre un periodo di profonda incertezza sul futuro del Lingotto.

L’incertezza riguarda soprattutto i siti di Pomigliano e Termini Imerese, preoccupati fino a poco tempo fa della loro sorte in caso di accordo con la Opel.

Ma le preoccupazioni, a nostro avviso, dovrebbero ora aumentare e non ridursi: non si capisce quale siano i piani futuri della casa di Torino e quali le prospettive produttive di questi stabilimenti senza un piano industriale convincente.

Dopo i finanziamenti pubblici, chiesti e ottenuti a gennaio dal governo italiano, è molto difficile pensare che Fiat si rivolga di nuovo allo stato per chiedere ulteriori aiuti.

Per il momento tutte le dichiarazioni del Lingotto fanno intendere che ora l’attenzione si concentra sull’affaire Chrysler.

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