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Militari italiani in Kosovo: ridimensionamento sensato o frasi ad effetto?

In Kosovo sono presenti circa 14.000 soldati della Kfor (Kosovo Force), dei quali 1.935 sono italiani. Cifre molto alte se paragonate al contesto in cui operano. Di recente anche il Ministero della Difesa pare se ne sia accorto. Non si conoscono ancora i dettagli, ma sembra imminente un ridimensionamento dei nostri soldati. La notizia, se confermata, sarebbe un ottimo risultato in quanto chiude anni di sprechi di risorse che avrebbero potuto servire più direttamente alle popolazioni locali. Ovviamente i Generali di turno, ancorati più dei politici nostrani alle poltrone, sembrano non gradire e, come il Generale Roberto D’Alessandro, al vertice della Multinational Task Force West, si lasciano andare a dichiarazioni che creano scompiglio tra la minoranza serba del Kosovo.
 
Stando all’articolo del 25 novembre "In Kosovo è allarme per i monasteri", comparso su Il Manifesto, il Generale D’Alessandro ha dichiarato: "Oggi i nostri militari ridurranno i presidi a Decani e al patriarcato di Pec". Così posta l’affermazione pare essere pretestuosa, utile solo a creare panico tra la popolazione serbo-ortodossa che riceve l’indispensabile supporto dei nostri soldati. Se è vero che la situazione in Kosovo non è più paragonabile a quella di qualche anno fa, non si può dire che si sia normalizzata e luoghi come quelli che controlla la Kfor italiana (Patriarcato di Pec e Monastero di Decani) sono di inestimabile valore storico e religioso e, quindi, altamente sensibili.
 
Se l’intento del Generale era quello di servirsi delle giuste preoccupazioni dei monaci ortodossi e di conseguenza della popolazione serba del Kosovo per far giungere in Italia il messaggio della loro assoluta necessità in quei luoghi, l’annuncio centra pienamente il bersaglio. Nella patria della confusione, dei misteri, dell’allarmismo e del "tutto vero, tutto falso", azioni come quelle del Generale D’Alessandro seguono fedelmente questa logica. Peró, circa 2.000 soldati sono tantissimi, soprattutto se la maggior parte di loro vive e bivacca all’interno della base militare (Villaggio Italia). E’ auspicabile la riduzione di almeno un terzo del contingente (600 soldati) in modo da rappresentare ancora una significativa presenza in loco, capace di proteggere, soprattutto, i siti religiosi e storici del patrimonio serbo-ortodosso. Ricordiamo che le inefficienti e inoperose giornate dei soldati sono quelle che passano dentro il Villaggio Italia, non certo quelle spese a pattugliare i luoghi di culto e a salvaguardare la popolazione serba da possibili atti di violenza. Le dichiarazioni del Generale, come prevedibile, hanno preoccupato i monaci di Decani e non solo. Abbiamo sentito le preoccupazioni e accolto l’appello di Sanda Raškovic-Ivic, ambasciatrice della Serbia in Italia.
 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.46) 30 novembre 2009 12:11

    Prima di commentare gli sprechi bisognerebbe visitare questi posti come ho fatto io.
    La situazione non e’ calma come sembra,solo la pace che si percepisce nel Monastero attutisce cio’ che lo circonda.
    Inoltre,lasciare il ’campo sparta’ (attualmente abitato dalle forze italiane) puo’ creare una situazione territorialmente instabile.
    Il campo sparta si trova proprio sopra il Monastero,a non piu di 500 metri,e sovrasta l’unica strada di accesso; la zona e’ montagnosa e piena di alberi alti,per cui e’ facile creare una situazione di pericolo per chi entra ed esce.
    Pensate come vi sentireste se per raggiungere un luogo di preghiera o comunque a voi caro potreste essere in pericolo solo perche’ non siete scortati.
    Quanto vale una vita? Quanto vale la liberta?
    Saluti.

  • Di (---.---.---.131) 30 novembre 2009 12:38

    Se avesse letto attentamente il testo si sarebbe accorto che il mio punto di vista non differisce dal suo, quanto alla necessità di proteggere i luoghi sacri del patrimonio ortodosso, mansione che i nostri soldati stanno svolgendo egreggiamente. Concordo con lei, e credo di averlo riportato nell’articolo, sulla fatto che per quanto la situazione sia migliorata negli anni non si possa, però, definire completamente pacificata. Al ritiro dei nostri soldati potrebbero verificarsi incidenti. Aggiungo però che 2000 soldati sono un numero esageratamente alto per espletare queste funzioni. Basterebbero un terzo dei militari per raggiungere gli stessi obiettivi di oggi e risparmiare qualche euro che, in tempo di Crisi, è cosa buona e giusta.
    Saluti,
    Raffaele

    P.S.
    dimenticavo di aggiungere che ho lavorato in Kosovo per oltre tre anni e visitato quei luoghi infinite volte.

  • Di Alessandro Santucci (---.---.---.7) 15 dicembre 2009 23:23

    Concordo che soprattutto in tempi di crisi si debbano ridurre gli sprechi, ma affidare la gestione di Camp Sparta, la base a difesa di uno dei più importanti monasteri ortodossi della zona (Decabi), all’ autorità kosovara mi sembra prematuro e molto rischioso.
    L’odio interetnico cova sotto la cenere e la situazione è ben lontana da quella normalizzazione che tutti si auspicherebbero. Coloro che hanno perseguitato la minoranza serba in questi anni si troverebbero nel ruolo di loro difensori, cosa veramente ardua da credere. La presenza militare italiana ha svolto in questi anni un’opera molto lodevole nella zona kosovara e il deterrente esercitato da questa forza armata è stato proporzionale alle truppe impiegate.
    Il loro ritiro, forse dettato da ragioni politiche, mette a rischio dei luoghi importantissimi della cristianità e mette a rischio la vita di tante persone, monaci e non, che vivono tuttora in quei luoghi.
    Vivo con molta preoccupazione questo ritiro. Si parla di lasciare contingenti irrisori a difesa dei siti minacciati. Questo vorrebbe dire vanificare quanto di buono fatto sin qui dai nostri militari e dare facile spazio all’odio ed alla violenza di quella parte di albanesi estremisti che vivono in Kosovo.
    Alessandro S.

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