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Libera contro il regalo alle mafie

Ieri mattina Don Luigi Ciotti ha indossato i panni da banditore e alla Bottega della Legalità in via dei Prefetti a Roma ha dato ufficialmente il via alla settimana di mobilitazione dell’associazione Libera. “Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra” è lo slogan dell’asta simbolica, organizzata per sensibilizzare l’attenzione pubblica sull’emendamento alla Finanziaria votato la settimana scorsa al Senato. Un provvedimento che manderebbe all’aria, dopo 13 anni, una delle poche cose buone fatte dal Governo italiano.

La confisca dei beni ai mafiosi è stata prevista in Italia dalla legge Rognoni-La Torre, del 17 settembre 1982 ma solo grazie alla legge 109 del 1996, approvata a seguito di una proposta di iniziativa popolare che raccolse oltre un milione di firme, si è esclusa tassativamente la vendita e si è prevista l’assegnazione degli immobili a fini sociali (scuole, case per anziani), istituzionali o di pubblica sicurezza. Proprio grazie a questa legge degli 8.933 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata dal 1982, 5.407 sono stati destinati allo Stato o ai Comuni per finalità istituzionali e 3.213 sono quelli ancora da destinare. La gran parte di questi oltre tre mila beni non riescono ad essere assegnati anche perché ancora occupati o parte di immobili indivisibili o a volte gravati da ipoteca. Condizioni che non comportano problemi alla mafia, che sarebbe pronta a riprenderseli.

Se l’emendamento approvato al Senato dovesse passare anche alla Camera allora l’Agenzia del Demanio avrà 90 giorni (nei casi più complessi 180) per assegnare agli enti locali gli immobili confiscati dal 1982 ad oggi. E se non dovesse riuscirci potrà metterli all’asta. Possibilità molto probabile visto che normalmente gli immobili prima di tre mesi non sono assegnati. Un vero e proprio regalo alla criminalità, perché i clan mafiosi, attraverso prestanome, avrebbero la possibilità di riappropriarsi dei beni che hanno perduto. Beni che nell’83 per cento dei casi si trovano in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia.

Don Luigi Ciotti non ha dubbi nel definire questo emendamento come “un altro segnale alla mafia, come quello sulle intercettazioni, sullo scudo fiscale, sul Comune di Fondi non commissariato”.

Così l’associazione Libera si spinge fino a fare una richiesta allo Stato, più interessato a fare guadagni che non a sconfiggere la mafia: un testo unico in materia di beni confiscati che coordini le diverse iniziative legislative che si sono sviluppate e il rafforzamento degli strumenti accertatori per l’individuazione di questi beni.

Libera ha quindi lanciato un appello già sottoscritto da oltre 20mila cittadini, “Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra!” con cui chiede al Governo e al Parlamento di ritirare l’emendamento sulla vendita dei beni confiscati. Per far capire ai cittadini che lo Stato non si è arreso. Perché la legge che altrimenti sarà messa in soffitta, è una legge per cui Pio La Torre è stato ucciso per aver osato tanto. E la legge fu approvata solo dopo un altro omicidio illustre, quello del prefetto Dalla Chiesa, anche lui sostenitore di quella misura.

Sabato 28, tutti i coordinamenti di Libera organizzeranno un presidio in ogni provincia dove ci sono beni confiscati che possono essere oggetto di vendita e raccoglieranno le firme per il ritiro dell’emendamento. Perché ai cittadini italiani non serve uno Stato che snocciola numeri, tabelle e percentuali dei successi contro la mafia, con gli arresti dei latitanti e i sequestri patrimoniali se poi è lo stesso Stato a mandare all’aria tutto, con un colpo di spugna.

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