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Le toghe rosso sangue e i visi da non dimenticare

Dopo la bomba davanti alla Procura di Reggio Calabria è ormai evidente a tutti la possibile riapertura di una nuova fase di attività dell’industria dei cadaveri. L’assurdità di morire per aver fatto il proprio dovere, l’impegno a ricordare i visi e le storie di tanti giovani eroi della normalità. Forse loro vincono comunque, ma talvolta vincono anche quando noi dimentichiamo.

Tira una brutta aria in certi posti della Calabria, dove alcuni appetiti rischiano di rimanere con la bocca asciutta se vanno in porto alcune sentenze. Fra un po’ potrebbe riprendere attività l’industria dei cadaveri.

La ‘ndrangheta è un po’ che fa un sacco di soldi senza spargere molto sangue, perché è strutturata diversamente dalle altre mafie e perché è messa meglio con la cocaina, in pole position nelle gare del mondo globalizzato del crimine. Le ‘ndrine hanno funzionato meglio di altre forme organizzative.

Però in questi mesi c’è fermento per delle decisioni che potrebbero far perdere un sacco di soldi e la bomba davanti al Tribunale di Reggio Calabria è stato un avviso annunciato da mesi.

L’altro giorno mi è arrivato tra le mani un libro di un giornalista calabrese che mi ha fatto pensare.

Spesso ci capita di ricordare il viso di Falcone e Borsellino, ma gli altri?

Sono tanti, troppi i giudici caduti per colpa delle mafie o del terrorismo e il cui viso e la cui storia non ricordiamo più.

Ho avuto un moto di rabbia verso me stesso perché pur sforzandomi non ricordavo più bene il viso di Rocco Chinnici e di Ciaccio Montalto, mentre la faccia di Rosario Livatino mi sfumava via, almeno in parte.

Come quando dopo tanti anni non riesci a ricordare bene più il viso di un amico che non vedi da allora.

Ma per questi tre uomini non doveva succedere: non posso non ricordare bene il loro viso. Non va bene.

Loro no, sono stati ammazzati. Certo sapevano che poteva accadere, hanno accettato il rischio per far funzionare la giustizia in posti dove il favore è merce ed il diritto è sconosciuto e ci si parla col fucile a pompa. In posti dove ancora i muli cacano molto lentamente sul selciato ed il risultato rimane lì per giorni fino a solidificarsi e divenire arredo urbano.

I vecchi ti guardano di sguincio, quando entri nel bar, come un savoia venuto ad occuparsi di fatti che non lo riguardano.

Certo a Livatino non glielo ha ordinato il dottore di fare il giudice, ma insomma aveva studiato e si era sacrificato per questo. E poi era la sua terra. Poteva accadergli di fare anche altro dopo la laurea e poteva accadere che il caso decidesse per lui tanti anni prima, quando era all’Ufficio del Registro di Girgenti, facendocelo rimanere lì. Il caso.

Ma non fu un caso quando la stidda lo fece massacrare sulla strada statale 640: aveva trovato molti riscontri contro la tangentopoli siciliana (così i giornalisti la chiamarono dopo la sua morte) ed usava bene lo strumento della confisca dei beni.

Serio, riflessivo, sensibile, il “giudice ragazzino“ – così lo aveva sfottuto/intimidito Cossiga qualche tempo prima – aveva fatto un gran lavoro rompendo molte uova nel paniere della stidda e dei suoi riferimenti politici.

Forse ha ragione Berlusconi a considerarli una razza particolare. Sicuramente sono una razza diversa dalla sua, i giudici.

Silvio Berlusconi tu non vali neanche una unghia incarnita del piede di Rosario.

Ventisei uomini cancellati dalla vita a cui tutti avremmo diritto, solo perché facevano un lavoro per il quale è possibile, talvolta più che possibile, morire solo per aver fatto il proprio dovere.

L’onestà e la dedizione comportano questa eventualità.

E’ come un assioma inaccettabile ma che pervade tutto.

Tu fai il tuo dovere e loro ti tolgono da questo mondo, dove peraltro a te piaceva stare.

Non sei come quelli a cui non è dato di capire se la vita piaccia o no. Ti piace, eccome.

Anche tu come gli altri sei stato un giovane che aveva ed ha voglia di vivere, diritto di viaggiare, conoscere e amare o anche solo mangiare, dormire, scopare una volta ancora oltre quella ultima decisa da loro. Lor signori decidono che da un certo momento in poi tu non devi un’altra volta respirare, sorridere, una volta ancora vedere il sole la mattina sorgere, affascinarti alla luna.

E gli odori ed i sapori? Niente, ti tolgono tutto mandandoti non si sa dove, cancellandoti.

Ma chi sono questi? Chi si credono di essere? Cosa succede a questi semidei che possono cancellarti?

Per favore dopo aver letto l’elenco riguardate la foto di Rosario, tenetevela in mente. Il più possibile. Loro vincono anche se noi dimentichiamo.

Agostino Pianta, Brescia, 17 marzo 1969. Ucciso da un detenuto vittima di errore giudiziario.
Pietro Scaglione, Palermo, 5 maggio 1971. Mafia.
Francesco Ferlaino, Lamezia Terme, 3 luglio 1975. ‘Ndrangheta.
Francesco Coco, Genova, 8 giugno 1976. Brigate rosse.
Vittorio Occorsio, 10 luglio 1976. Ordine nuovo.
Riccardo Palma, Roma, 14 febbraio 1978. Brigate rosse.
Girolamo Tartaglione, Roma, 10 ottobre 1978. Brigate rosse
Fedele Calvosa, Frosinone, 8 novembre 1978. Unità combattenti comuniste.
Emilio Alessandrini, Milano, 29 gennaio 1979. Prima linea.
Cesare Terranova, Palermo, 25 settembre 1979. Mafia.
Nicola Giacumbi, Salerno, 16 marzo 1980. Brigate rosse.
Girolamo Minervini, Roma, 18 marzo 1980. Brigate rosse.
Guido Galli, Milano, 19 marzo 1980. Prima linea.
Mario Amato, Roma, 23 giugno 1980. Nar.

Gaetano Costa, Palermo, 6 agosto 1980. Mafia.

Gian Giacomo Ciaccio Montalto, Trapani, 25 gennaio 1983. Mafia.
Bruno Caccia, Torino, 26 giugno 1983. ‘Ndrangheta.
Rocco Chinnici, Palermo, 29 luglio 1983. Mafia.
Alberto Giacomelli, Trapani, 14 settembre 1988. Mafia.
Antonino Saetta, Canicattì, 25 settembre 1988. Mafia.
Rosario Angelo Livatino, Agrigento, 21 settembre 1990. Mafia.
Antonino Scopelliti, Campo Calabro, 9 agosto 1991. ‘Ndrangheta e mafia.
Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, Capaci, 23 maggio 1992. Mafia.
Paolo Borsellino, Palermo, 19 luglio 1992. Mafia.
Luigi Daga, il Cairo, 26 ottobre 1993. Terrorismo islamico.
Paolo Adinolfi, Roma, 2 luglio 1994. Scomparso.

 

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