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La crisi che ha fatto 2 milioni di vittime: i disoccupati

Secondo i dati Istat ammontano a più di due milioni i disoccupati in Italia: un dato record che non veniva toccato dal 2004.

Per la prima volta dal 2004 i disoccupati in Italia superano la soglia dei 2 milioni; secondo l’Istat (che ha effettuato il rilevamento secondo le nuove modalità europee) il tasso di disoccupazione a ottobre è salito al 8%, in aumento dello 0.1 % rispetto al mese di settembre.
 
Penalizzata ancora una volta l’occupazione femminile: mentre l’occupazione maschile a ottobre ha subito in piccolo incremento, quella femminile ha registrato un calo dello 0.3 % rispetto a settembre, ovvero 30.000 lavoratrici in più senza lavoro. E’ proprio per trovare una soluzione a questa situazione, che il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha presentato ieri un pacchetto a sostegno dell’occupazione femminile. Il piano punta alla diffusione degli asili nido all’interno del territorio nazionale (per far sì che le donne non si trovino più costrette a scegliere tra lavoro e famiglia) e prevede l’introduzione di agevolazioni fiscali per le donne che lavorano al Sud.
Secondo il ministro dell’economia Scajola questi sono dati che rispecchiano la situazione di crisi economica che il mondo sta attraversando, ma non sarebbero indice di un disastro occupazionale: “E’ molto meglio della media dell’Unione Europea e degli altri Paesi”, ha affermato. I tassi di disoccupazione dell’Unione Europea infatti sono ben superiori e arrivano quasi al 10%.
La situazione si ribalta quando si parla di disoccupazione giovanile: mentre in Europa si ha un tasso del 20.6%, in Italia si tocca quasi il 27%. Un dato che sicuramente risente del fatto che nel Belpaese molti degli under 25 sono ancora studenti universitari, mentre nel resto d’Europa i tempi sono più veloci e i giovani hanno più probabilità di trovare lavoro una volta laureati. In Germania infatti sono solo il 10.3 % i giovani disoccupati, e in Austria il 10.2%. Meglio anche la Repubblica Ceca e la Bulgaria, rispettivamente col 17.5% e il 17.4% .
Intanto anche la cassa integrazione a ottobre si è avvicinata a quella record del difficile 1984: 716 milioni di ore nel 2009, contro le 800 milioni dell’84, ma, tuttavia, la richiesta di cassa integrazione è diminuita del 10% rispetto a quella di settembre.
È questo il volto di una crisi che colpisce tutti i settori industrali: la chimica, il tessile, la siderurgica, l’alimentare… e che colpisce nord e sud. È il volto di una crisi che il governo considera passata: “Il peggio è passato”, diceva il presidente del Consiglio Berlusconi a fine ottobre. 
Ma ciò che forse non considerava era proprio l’occupazione: negli stessi giorni Draghi, il governatore della Banca d’Italia, diceva: “In un anno, da settembre 2008 a settembre 2009, sono stati persi 350 mila posti di lavoro. Ed è probabile che negli ultimi mesi dell’anno ci saranno ulteriori perdite”. Una profezia che rischia di avverarsi: lAlcoa che minaccia di chiudere, l’Eutelia, la crisi della Nestlé, il settore automobilistico con la Fiat che vuole chiudere lo stabilimento di Termini Imeresee l’Alfa Romeo che ha mandato in cassa integrazione i lavoratori di Arese... più tutte le piccole imprese a rischio chiusura, che sarebbero quasi un milione.
Pier Luigi Bersani, in vista della manifestazione per il lavoro dell’11 e del 12 dicembre, sottolinea come i dati dell’Istat sulla disoccupazione rappresentino un passo indietro di sei anni sull’occupazione, e afferma: “I dati confermano quello che gli italiani conoscono per esperienza, che la crisi picchia duro e colpisce i lavoratori, i giovani, le imprese, specie quelle piccole. Il dato è ancora più allarmante se si considerano i tanti lavoratori in cassa integrazione. Speriamo che il governo la smetta di dire che le cose vanno bene e prenda atto dei problemi”. 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.190) 4 dicembre 2009 20:16

    http://www.archivionucleare.com/index.php/2009/11/25/scorie-radioattive-mito-ridimensionare/

    Renzo Riva scrive:
    4 Dicembre 2009 alle 19:30

    Ai profani dico:
    Non inserite la spina nella presa elettrica perché il 14% dell’energia che consumate è di fonte nucleare.
    Provate solo a pensare di punto in bianco di dovervi privare del 14% dell’energia elettrica che consumate attualmente! Di quali funzioni elettrodomestiche o altre fareste a meno o vi privereste?
    Siete come Al Gore e Grillo che predicate male e razzolate peggio visto i consumi energetici delle loro abitazioni.
    Vuoi una certezza?
    Prova a chiederti se fra un anno sarai ancora vivo!
    Sarà una cosa certa oppure solo probabile?
    Io vorrei che i 1000 lavoratori dell’Alcoa fossero licenziati perché non voglio pagare con le mie bollette energetiche il loro fittizio posto di lavoro che invece di produrre ricchezza invece la depaupera.
    T’ha capì Luigi!?

    Mandi,
    Renzo Riva
    [email protected]
    349.3464656

     
    pubblicata come lettera sul "Messaggero Veneto" il 30 Novembre 2009 a pagina 19

    ENERGIA

    Immobilismo dei sindacati

    Come responsabile di Energia e ambiente del Nuovo Psi della regione Friuli Venezia Giulia de­nuncio l’immobilismo dei sinda­cati tutti che penalizzano i lavora­tori continuando a ostacolare il rilancio dell’energia elettronu­cleare indispensabile all’indu­stria invece di richiederla a gran voce urgentemente. L’energia elettronucleare è la sola fonte che può cambiare la rotta dell’at­tuale deriva che altrimenti porte­rà il Paese alla bancarotta.

    La decisione assunta dalla multinazionale Alcoa per le sue unità del Sulcis è solo la punta dell’iceberg di un male che emer­gerà con virulenza con il disimpe­gno di altre industrie energivore. E da almeno sei anni che lancio appelli sull’allarme delocalizza­zioni e sarò facile profeta di cui tutti potranno verificare le ulte­riori chiusure e licenziamenti (le Cig sono solo dei licenziamenti nascosti) quando grandi gruppi industriali nazionali se ne andranno a produrre vicino ai mer­cati che per ora sono definiti al­l’estero (Gruppo Pittini? Gruppo Fantoni? Altri?).

    I lavoratori sono i primi che pa­gano sulla loro pelle questo stato di cose con salari differenziati ri­spetto agli altri lavoratori euro­pei. Prima per il fattore del costo energetico poi per i costi impropri delle "non decisioni" politi­che e della macchina burocrati­ca statale di oltre tre milioni di titolari di "stipendio a ruolo", proprio solo dei sistemi retti a collettivismo.

    Scopriremo, se lo vorremo, che fino a pochi anni fa eravamo di fatto un Paese dove si speri­mentava il comunismo ricco, di tipo particolare, dove, grazie ai fattori geopolitici, in Italia si ri­versavano dollari in funzione an­ticomunista e aiuti (dollari non rubli) al Partito comunista italia­no confratello in funzione antiamericana.

    Oggi, mutate le condizioni geo­politiche, si sperimenterà il co­munismo povero perché, nonostante le cosiddette privatizzazioni, di fatto monopoli privati con accordi di cartello, constateremo che il lavoratore gestisce solo una piccola parte del proprio la­voro.
    L’azione liberale dell’asso­ciazione Futuragra con Giorgio Fidenato, che non assolve più co­me sostituto d’imposta la funzio­ne di gabelliere per conto del fi­sco, porrà gli stessi lavoratori di fronte alla realtà di constatare do­ve vanno i frutti del loro lavoro; per altri invece solo i frutti del loro stipendio e della relativa partita di giro.
    Renzo Riva
    Buja

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