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La Cina fa shopping tra le aziende italiane

Sbarcheranno in 150 circa (c’è chi dice 300) al seguito del presidente Hu Jintao, vengono in Italia per fare accordi di partnership, comprare tecnologie ma non solo: lo shopping delle imprese cinesi nel nostro Paese potrebbe puntare direttamente all’acquisto di aziende nostrane. Sempre che politica e burocrazia lo permettano, si intende.

Scorrendo la documentazione messa a disposizione dal ministero dello Sviluppo Economico, si capisce meglio chi siano questi “alieni” che giungono in Italia con il portafoglio pieno.

A fare la parte del leone sono le imprese che si occupano di energia e sviluppo delle risorse minerarie insieme all’industria leggera, cioè le piccole manifatture che producono per la grande impresa e l’export: sia nel primo sia nel secondo caso dovrebbero arrivare i rappresentanti di circa una ventina di realtà. A seguire, il settore agroalimentare (13), il comparto deil tessile e dei macchinari (12), investimenti e cooperazione (9), logistica e servizi al commercio (7) e quindi le farmaceutiche (4); infine, 9 imprese non meglio precisate.

Se quasi tutte mettono tra le loro priorità l’import-export di macchinari, tecnologie, prodotti e materiali, vanno segnalate le indiscrezioni secondo cui, nella delegazione guidata dal ministro del Commercio, Chen Deming, ci saranno anche i responsabili della China Investment Corporation (CIC), il fondo sovrano che gestisce l’acquisto di asset strategici in giro per il mondo.

La Cina, che ha sempre investito in titoli di Stato Usa parte della liquidità accumulata grazie all’export (soprattutto negli Usa stessi), è ora alla ricerca di diversificazione: non si tratta più di prestare soldi o di fare partnership, ma proprio di subentrare in qualità di proprietari destinando liquidità anche all’acquisto di materie prime. E’ partita così la caccia alle partecipazioni azionarie all’estero.

Da inizio 2008, missioni analoghe a quella italiana in Germania, Inghilterra, Spagna e Svizzera si sono risolte in acquisizioni e investimenti diretti per 15 miliardi di dollari.

Vediamo se l’Italia saprà cogliere l’occasione. Per ora si registrano lentezze nella concessione dei visti.

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