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La Camera dei Deputati rovescia la normativa europea e privatizza il servizio idrico nazionale

La Camera dei Deputati nella mattinata di ieri, giovedì 19 ottobre, ha dato il via libera definitivo alla privatizzazione del servizio idrico integrato, contro i dettami dell’Unione Europa. E lo ha fatto in nome dell’Europa.

La discussione in plenaria di ieri mattina presso la Camera dei Deputati sul decreto-legge di applicazione delle direttive europee non ha riservato alcuna sorpresa. Perfettamente nei tempi previsti e con una linearità ed una compattezza della maggioranza esemplari, i rappresentanti del popolo a Montecitorio hanno messo la parola fine alla lunga diatriba sulla privatizzazione dell’acqua.
 
Con un solo articolo, due giorni di discussione in Commissione e tre in plenaria, i Deputati della Repubblica hanno sancito, con 302 voti favorevoli e 263 contrari, l’obbligo per tutti gli organismi locali di ottemperare alle normative europee che impongono l’affidamento dei servizi pubblici alle aziende private. Servizio idrico compreso.

Tutto questo nonostante l’Unione Europea non abbia in nessuna occasione deliberato alcun obbligo che imponesse la privatizzazione del servizio idrico. Tutto il contrario.

Risultano emblematiche in questo senso le due risoluzioni europee dell’11 marzo 2004 e del 15 marzo 2006, entrambe incentrate sul diritto universale all’acqua per tutti i cittadini europei (e non solo) e sull’esclusione della gestione delle risorse idriche dalle norme sul mercato interno.
 
Non sono state ritenute altrettanto significative dall’esecutivo italiano, che si è spinto con estrema rapidità verso la totale privatizzazione del servizio idrico integrato. Due soli articoli (il 23-bis della legge 133 del 6 agosto 2008 ed il 15 del decreto-legge approvato in via definitiva ieri), discussi a distanza di 15 mesi, costituiscono il fulcro del nuovo principio legislativo che considera l’acqua un bene al servizio del mercato.

A difesa del provvedimento del governo viene chiamata in causa la celebre direttiva Bolkestein (dal nome del Commissario Europeo olandese autore del provvedimento), la maxi-legge europea che apre (obbligatoriamente) ai privati per la fornitura dei servizi pubblici a rilevanza economica.

Una difesa che crolla nella lettura degli articoli 2 e 17. Il primo consente di escludere dal processo di liberalizzazione i servizi che ogni governo ritiene siano privi di interesse economico. Una scelta che il governo italiano, con Prodi prima e con Berlusconi poi, non ha mai operato. Il secondo articolo è meno discrezionale, ed esclude esplicitamente ed inderogabilmente il servizio idrico dal campo di applicazione della direttiva.

Ciò nonostante, le normative europee non sembrano aver fatto breccia al di qua delle Alpi e così, lo scorso anno, nel disinteresse complessivo anche della stampa nazionale, oggi così attenta al tema in discussione, il Parlamento approvava la legge 133/08. I punti chiave dell’articolo 23-bis:
  • Affidamento dei servizi locali a privati attraverso gare pubbliche d’appalto;
  • Possibilità di affidamento ad aziende pubbliche previa dimostrazione delle "peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche che impediscono il ricorso al mercato" e previa approvazione dell’AGCM (Autorità Garante del Commercio e del Mercato);
  • Riconoscimento della proprietà pubblica delle infrastrutture all’interno di una distribuzione privata.
Il provvedimento in via d’approvazione oggi non è altro che una circostanziata modifica a quanto approvato più di un anno fa:
  • Possibilità di concessione del servizio in via esclusiva a società con capitale misto anche senza gara d’appalto, ma con semplice scelta su libero mercato del socio privato, che dovrà detenere almeno il 40% della partecipazione aziendale;
  • Annullamento dei contratti di affidamento alle ditte pubbliche in tutto il territorio nazionale entro il 31 dicembre 2011.
Il Ministro Ronchi ha difeso questa sua creatura, invocando l’obiettivo di "combattere i monopoli" e fornire "servizi migliori a prezzi minori".

Eppure la legge non contrasta la natura intrinsecamente monopolistica del servizio, ma bensì esclude soltanto le società pubbliche dalla sua gestione, generando, previa pubblica gara d’appalto, nuovi monopoli privati, incaricati di gestire in autonomia servizio e tariffe.

Il Ministro Brunetta conferma parola dopo parola la posizione del collega Ronchi, aggiungendo la sua personale critica all’attuale affidamento del servizio idrico per oltre il 90% dei casi a ditte municipalizzate, definite "conservatrici, fondamentaliste, amanti degli sprechi".

Il Ministro, con tutta evidenza, sembra aver ignorato i rapporti annuali del Comitato per la vigilanza dell’uso delle risorse idriche (presentati periodicamente in Parlamento), che, lo scorso anno, su 107 aziende incaricate della gestione servizio idrico integrato, individuava solamente 64 aziende a totale partecipazione pubblica, per una percentuale inferiore al 60%. Le restanti: società con capitale misto o ditte esclusivamente private. Come quella a cui è stato affidato per una durata trentennale l’ATO di Palermo, dopo una gara d’appalto che ha visto partecipare una sola ditta. La vincitrice.

Anche sulla questione delle tariffe i numeri presentati dal Comitato di Vigilanza non lasciano troppi dubbi: i prezzi a metro cubo erogato trovano i picchi massimi proprio in corrispondenza delle aziende private o a capitale misto (prevalenti nelle regioni "rosse" Toscana ed Emilia Romagna): 0,45-0,69 euro al metro cubo i prezzi relativi ai primi due scaglioni tariffari in Emilia Romagna, 0,46-0,85 in Toscana, fino all’1,38 in una porzione del cuneese, dove opera la privata ALSE.

I minimi tariffari caratterizzano invece le regioni Lombardia, Veneto e Abruzzo (0,22-0,40 in Lombardia, 0,28-0,42 in Veneto, 0,31-0,49 in Abruzzo), contraddistinte dalla presenza esclusiva delle "costose" (stando alle considerazioni del ministro Brunetta) società pubbliche. Quelle stesse società le cui spese salariali per i dirigenti sono 6 volte inferiori a quelle erogate dalle società a capitale misto o totalmente privato.

Commenti all'articolo

  • Di Antonio DS (---.---.---.24) 20 novembre 2009 11:00

    Il menem italiano ha colpito ancora.... smiley

  • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 20 novembre 2009 11:47
    Elia Banelli

    L’articolo è ben scritto ma con forti contraddizioni al suo interno. A breve sarà pubblicato un pezzo con gli aspetti favorevoli e utili della riforma che "liberalizza" (non privatizza) il servizio idrico nazionale. 

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.136) 20 novembre 2009 12:08
    Damiano Mazzotti

    Scusa Banelli... lo dovrei sapere che l’unico mezzo che possono utilizzare i politici per fotterci sono le parole e le tasse...

    Ora hanno privatizzato le tasse... regalano i soldi ai ricchi che hanno fatto tanti debiti, rubandoli alle vecchiette e ai buon padri di famiglia attraverso l’acqua...

    Perchè al pane molti ci hanno già rinunciato...

    Ti auguro di essere pieno di soldi perchè altrimenti non hai capito proprio niente dalla vita... questa è la mia modesta opinione.. 

  • Di GCaput (---.---.---.190) 20 novembre 2009 15:33
    GCaput

     

    Per fare un paragone tra aziende pubbliche e private nella gestione dell’acqua non mi baserei solamente sulle tariffe. Non sono un esperto di questo settore, ma elementi fondamentali, e che possono anche giustificare tariffe più alte, ce ne potrebbero essere:
    a) qualità del servizio: un problema relativo alla rete idrica come viene gestito? con quale rapidità? efficacia? competenza? meglio pubblico o privato?
    b) quanta acqua viene PERSA tra fonte e utilizzatore finale? guardiamo questo dato..FONDAMENTALE PERCHè STIAMO PARLANDO DI UNA RISORSA SCARSA E LIMITATA..nonché FONDAMENTALE..siamo sicuri che la gestione pubblica faccia attenzione realmente a questo dato?


    detto ciò non ho purtroppo dati a disposizione qui per supportare quantitativamente il dibattito..ma sarebbe interessante sapere la vostra su questi aspetti..


  • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 20 novembre 2009 16:25
    Elia Banelli

    Caro GCaput, se prendiamo in considerazione i dati della GESTIONE PUBBLICA delle acque ci mettiamo le mani nei capelli! Un esempio su tutti, solo nel 2006 l’acquedotto pugliese ha perso fino al 50.3% dell’acqua!!! 

    Dovunque ci sono sprechi e cattive gestioni. L’apertura ai privati, che significa che le aziende possono concorrere alla GESTIONE e DISTRIBUZIONE del servizio (non che l’acqua diventa di loro proprietà) può favorire una concorrenza che premia le aziende più virtuose.
    Il sistema sarà comunque monitorato dallo Stato attraverso un Authority e controlli sui bandi di gara, ecc... Continueranno ad esserci, come adesso, casi di gestione mista pubblico-privata. 
    La strategia "terrorista" di far credere alla pubblica opinione che ti "privatizzano" l’acqua è di facile presa ma davvero non centra nulla con la realtà della riforma ed i contenuti del decreto Ronchi.
    Cmq, se sarà pubblicato, domani ci sarà un articolo che spiega le ragioni di chi è favorevole (come non esserlo!) ad una maggiore apertura al mercato del settore.
    • Di GCaput (---.---.---.190) 20 novembre 2009 18:17
      GCaput

      Caro Elia, forse non mi sono spiegato correttamente. Non sostengo che una gestione sia migliore di un’altra. quello che sostengo è che non ha alcun senso basarsi esclusivamente su una comparazione tra tariffe di pubblico e privato, ma occorre estendere la valutazione su altri driver legati all’efficienza.

      La concorrenza vera, quella che riduce veramente le tariffe, in questi settori caratterizzati da monopoli naturali importanti, si fa a monte della filiera, ma qui nell’acqua la vedo dura. 
      qui si sta parlando di competizione per il mercato e non nel mercato, pertanto, una volta essegnate le licenze, questi driver vanno monitorati attentamente ( a tal proposito non è stato ancora decretato nulla di concreto a livello di istutuzione di Authority preposta..compiti, parametri di regolamentazione, etc) altrimenti il vantaggio di una minor tariffa rischia di derivare da una minor qualità ed una perdita di risorse per la collettività che si protrae per anni..

      io personalmente sono un convinto sostenitore delle liberalizzazioni, ma sotto la ovvia condizione che siano basate su regolamentazioni sensate che impongano performance tali da giustificare il paradigma: non si può liberalizzare senza un vantaggio. l’acquedotto pugliese perde il 50% dell’acqua immessa? benissimo allora nella fase di distribuzione questo non deve più accadare, altrimenti tanto valeva lasciare le cose come stavano.

      un azienda "vituosa" in fase di distribuzione, data una tariffa, è quella che ottimizza i costi operativi e tra questi deve esserci anche un costo legato all’efficiente(o meno) gestione della rete idrica. Non puoi aggiudicarti localmente un servizio strategico di questa portata solo perchè ottimizzi i costi funzionionali/organizzativi perchè questi ultimi portano solo un vantaggio di costo aziendale e non necessariamente sociale.

      nessuno parla di "proprietà dell’acqua" ma di "gestione", ma l’acqua è acqua..e quando è persa c’è poco da fare per recuperarla rapidamente. quindi assicuriamoci che il merito economico dopo le aste pubbliche sia legato al gestire bene.
       

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.226) 20 novembre 2009 18:53
    Damiano Mazzotti

    I problemi in Puglia e in sicilia "non sono gli amministratori pubblici" , ma sono le realtà locali in cui si opera... secondo voi i privati possono rimediare?

    Quando capirete che il capitalismo dei dentifrici dove c’è vera concorrenza non può essere uguale a quello dei beni primari come l’acqua o a quello dei servizi come i treni?

    Secondo voi è cosi semplice rivolgersi ad un concorrente per l’acqua se diventa troppo cara?

  • Di pv21 (---.---.---.236) 20 novembre 2009 19:43

    Nessun privato si è mai associato ad un business senza dividendi. Nessun privato si farà mai carico dei buchi della rete di distribuzione dell’acqua. L’obiettivo è sempre e solo il taglio della spesa pubblica. Dalla sanità, all’istruzione .. all’idratazione. La norma ricadrà solo su quelle municipalizzate che non riescono a far quadrare i conti. Qualcuno afferma che si trovano tutte sotto il Po. Nessuno (sinistra, centro, destra) ha la coscienza civile di classificare l’acqua come bene collettivo che non deve generare profitto. Nel paese del Barbiere ed il Lupo ai cittadini si fa passare un solo messaggio: arrangiatevi! se potete. (altro ancora => http://forum.wineuropa.it )

  • Di (---.---.---.64) 21 novembre 2009 08:51

    Credo che si sia fatto un pò di confusione, nel senso che Banelli parla di liberalizzazione dell’acqua e non di privatizzazione, però tralascia il vero problema che scaturirà da questa "LIBERALIZZAZIONE".
    E’ anche molto strano che gli altri commenti parlano di tutto ma non del vero motivo e degli effetti che questo provvedimento avrà sulla popolazione.


    E’ necessario fare mente locale ad una tassa comunale (già morta) La TARSU (Tassa Asporto Rifiuti Solidi Urbani), con la quale si faceva pagare al cittadino un contributo e non il servizio intero.
    Oggi questa tassa, è sostituita dalla TIA (Tassa Igiene Ambientale) ed in molti casi (quasi la totalità), dopo l’avvento delle ATO, che si occupano della raccolta (privatizzata) dei rifiuti gli importi sono schizzati alle stelle.
    Ma adesso vi spiego perchè.
    La TARSU prevedeva un contributo da parte del cittadino alla raccolta e smaltimento, la TIA prevede che il cittadino paghi il costo del servizio per intero.
    Quindi il costo a carico del cittadino è lievitato di almeno il 100ed il 300 % di quello che si pagava al Comune.
    Ma non è questa la triste storia.....
    La vera malastoria consiste nel fatto che prima la raccolta veniva fatta direttamente dai Comuni con personale ed automezzi propri.
    Una volta privatizzata con le ATO (tutte grandi S.P.A), i mezzi (a volte centinaia di camion), sono stati messi in disuso e l’ATO ha acquistato nuovi mezzi per la raccolta ed il trasporto (compattatori, pulitrici grandi e piccole) ecc.
    Tanto i costi ricadono sui cittadini, perchè i costi d’acquisto vengono ammortizzati e rientrano tra i costi di servizio (che paghiamo noi cittadini).
    Ma il bello deve ancora venire.


    Le ATO hanno in moltissimi casi triplicato la forza lavoro (intendo dire che dove c’erano 1000 dipendenti adesso ce se sono 3000).
    Non essendo più l’Ente Pubblico a gestire la raccolta rifiuti, ma le ATO S.p.A., non sono soggette al rispetto del "Patto di Stabilità" (rapporto tra le entrate e le spese correnti, nelle quali rientra il costo del personale), ed al quale devono attenerso i Comuni.
    Quindi nella realtà (ecco il problema vero) i Politici hanno sottoposto alle ATO dei nomi (personale da assumere - Funzionari o semplici scopini), che oggi portano il personale in servizio per la raccolta a cifre da capogiro.
    E questo rientra tra i costi di servizio a carico del cittadino.
    Ecco come la politica ha trovato un nuovo sistema per alimentarsi, si fanno assumere migliaia di persone che poi voteranno ..... CHI ?

    Ecco perchè la gente (che non è stupida) sà perfettamente che la medesima cosa avverrà con l’acqua ed ancora una volta a farne le spese saranno solo i cittadini.

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