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(In)ter(per)culturando: erranti mosaici -anche- di corpi in ’Romanza di Zurigo’ di F.Mazzucato

Scrive Umberto Galimberti in ‘La casa di psiche’ (Feltrinelli, prima edizione del 2005):
 
Affrancarsi dalla meta significa abbandonarsi alla corrente della vita, non più spettatori, ma naviganti e, in qualche caso, come l’Ulisse dantesco, naufraghi. Nietzsche, che del nomadismo è forse il miglior interprete, scrive:
< Se in me è quella voglia di cercare che spinge le vele verso terre non ancora scoperte, se nel mio piacere di navigante: se mai gridai giubilante: “la costa scomparve – ecco anche la mia ultima catena è caduta – il senza-fine mugghia intorno a me, laggiù lontano splende per me lo spazio e il tempo, orsù! Coraggio! Vecchio cuore!”(F.Nietzsche, Così parlò Zarathustra)>
L’appello al cuore dice che siamo oltre i territori giurisdizionali in cui l’uomo ha fissato finora la propria dimora, ma questa ulteriorità dice cose più profonde di quanto non lasci pensare. Per l’uomo, infatti, vivere ha sempre significato aderire a un senso, anzi conferire senso. L’età della tecnica sembra non concedere un senso, un orizzonte, una direzione, una via.
L’andare che salva se stesso, cancellando meta, inaugura allora una visione del mondo che è radicalmente diversa da quella dischiusa dalla prospettiva della meta che cancella l’andare.
Nel primo caso si aderisce al mondo come a un’offerta di accadimenti, dove si può prendere provvisoriamente dimora finché l’accadimento lo concede, nel secondo caso si aderisce al senso anticipato che cancella tutti gli accadimenti. I quali, non percepiti, passano accanto agli uomini senza lasciar traccia, puro spreco della ricchezza del mondo.
(La casa di psiche, di U.Galimberti - Paragrafo ‘Il nomadismo dell’etica’)
 
Di viaggi, nomadismi, errare respirando luoghi e frammenti Francesca Mazzucato ne ha fatto uno status preciso, un modo di essere, vivere, scrivere, assorbire, ascoltare e intensamente, carnalmente, trasmutare in parole, storie, voci e sensi.
Il suo ultimo libro, tassello di un mosaico ben più ampio, complesso, frammentato e sfilacciato ma non per questo meno denso e insinuante, esce per la piccola e coraggiosa casa editrice Historica, ‘Romanza di Zurigo’ si intitola, ‘mosaico eretico e visionario’ne anticipa sapori.
La collana ‘Cahier di viaggio’ inaugurata da questo libro, è diretta dalla stessa Mazzucato che parallelamente e anticipatamente cura un blog (http://cahierdiviaggio.blogspot.com/ ) dedicato alla collana sebbene spunti, interventi contaminati tra immagini, lingue, scritti mutevoli e vari, testimoniamo un’apertura e un interesse che esula dall’editoria come business, mostrando un amore-ossessione tangibile per i viaggi in ogni possibile declinazione immaginata, vissuta, raccontata, ed espressa entro arte, creatività, sentire e condivisioni.
 
“La romanza è una composizione musicale per voce e accompagnamento” inizia così, brevissima introduzione in corsivo, come i titoli che precedono l’inizio di un documentario, “ Il termine romanza è inoltre impiegato correntemente per designare gli assoli a carattere lirico dell’opera tardo-ottocentesca”.
L’iniziale citazione di Galimberti mi è tornata in mente mentre leggevo ‘Romanza di Zurigo’, proprio per il senso fondo, gli affondi del narrare che sembrano rispecchiarsi perfettamente ne “l’andare che salva se stesso, cancellando meta, inaugura allora una visione del mondo che è radicalmente diversa da quella dischiusa dalla prospettiva della meta che cancella l’andare.”
 
Definire questo libro, confesso, mi mette in difficoltà. La stessa autrice si domanda, gioca con la lingua mostrando al lettore non solo quanto i confini possono essere labili e confusi, ma anche com’è possibile narrare fondendo tra loro piani, intenti, persone-personaggi, luoghi di carne e d’immaginazione.
 
Questo non è un diario di viaggio, non è un romanzo. Forse è un reportage? Non direi. Somiglia a una lettera d’amore, a non può essere la sua ultima ed epica definizione. E’prismatico, si può leggere al contrario, si possono saltare paragrafi, si possono considerare solo i corsivi, è uno scritto spurio, un detrito buttato nel Limmat che viaggia… […] Cos’è, allora? Cosa scrivo? E’ un’analisi pazza. Una chiazza su una mappa, un itinerario slacciato e ricucito, un patchwork sdrucito, un caleidoscopio. E’ poi veramente importante sapere di cosa si tratta?
(pag. 63-64)
 
In questi periodare c’è l’essenza di un non-essere che è appartenenza specifica.
Credo, in ogni caso, che uno degli elementi più forti, capace di entrare dentro leggendo (e forse diventa impossibile lasciare) è legato a sentimenti e corpi. C’è un uomo a cui chi narra si rivolge spesso, che è ‘L’ ‘uomo impossibile, quello che nella lontananza, tra buchi, desidera con l’ossessione del bisogno, della carne che sa, di non cercare solo altra carne, ma quella, la sua. Poi ci sono altri corpi, altri uomini necessari a modo loro, capaci di far restare, di impedire al sentire di scivolare, disperdersi. Zurigo è uno di questi ‘altri uomini’, necessariamente. Zurigo che culla, accoglie, penetra, dirama. Zurigo che non è meta turistica, Zurigo usualmente associata a cliché vuoti così lontani da luoghi, odori, sapori, colori, essenze che da queste pagine emergono con la prepotenza delle parole che sono immagini e viceversa (il libro è impreziosito da ‘mosaici visivi’ finali che sono fotografie scattate dall’autrice dove i colori, le inquadrature, le ombreggiature inspessiscono affezioni).
 
La scrittura di Francesca Mazzucato lambisce, avvolge, entra ed esce, impone ritmi che poi dimentica, concede e prende, confonde e culla. A tratti stordisce anche per l’impossibilità di generare aspettative nel lettore. Richiede pazienza, ascolto, scavi, c’è bisogno di assaporarla, sentirla tra lingua e polpastrelli, attraverso pupille e pelle perché è lingua intensamente, innegabilmente, carnale e questo libro ne è l’ennesima estensione. Diramazione di un lavoro continuo, ossessionato, pieno di virate e divulgazioni varie che hanno investito carta e web, realtà e virtualità, brandelli quanto scritture strutturate.
 
A proposito di viaggi, luoghi e corpo: “Sono sempre stati i posti, invece, a scriversi. A segnare il mio corpo, a tracciare sulla mia carne trincee, viabilità, destinazioni che dovevo seguire. Hanno delimitato percorsi sul dorso delle mie mani dalle vene evidenti, hanno appiccicato profumi sulle mie palpebre trasparenti, fra le smagliature, sul palato, fra i denti: mi sono lasciata esplorare, navigare, e alla fine ci sono stati cerchi perfetti fatti con compassi a rappresentare i centri delle città, i cuori pulsanti, i vuoti d’aria e i pieni di vita fra l’ombelico e il seno.” (pag. 24)
 
Ma anche tra i sensi fondi dei viaggi fatti di arrivi e partenze, ritorni in luoghi mai uguali pur essendo gli stessi, dove ciò che era nel precedente transito ormai non è più, la percezione del viaggio stesso come vita e morte: “Ogni volta che torno, ogni volta che parto qualcosa muore, del resto qualcosa muore sempre, ci viene la tentazione di praticare continuamente respirazioni bocca a bocca ma non va bene, non è giusto. Questa ciclica morte è giusta. Capire che cosa sia esattamente la parte, l’oggetto, la nota, lo sguardo o il ricordo che muore, questo è importante, questo è il punto.”(pag.79)
 
“… mi sono sempre occupata di corpi”(pag.69) si legge a un certo punto, ma non ce ne sarebbe bisogno. Perché si respirano, assaporano tra le pagine corpi, carni, schegge in movimento, che restano, spostano, ci sono sempre, ovunque, seguono la voce narrante, la assecondano, tormentano, spezzano, carezzano, sfaldano. Come già anticipato, nella lingua di Francesca Mazzucato, nelle sue visioni, storie, voci, tra intrecci, sguardi e sussurri, i corpi si insinuano, sono. Essenze. Consapevolezze. Appartenenze di carni e desideri, affezioni, silenzi, distacchi, voglie e bisogni, fotogrammi pregni di odori, suoni, colori, umori ed essenze.
Nel web, ad esempio, parole di carne e miscugli eterogenei e mutevoli di legami, sentimenti e virate, le si rintracciano in questo spazio: parole perdenti.
Altre parole di carne ma di quella carne che desidera, prende, vuole, ostenta, gioca, lambisce corpi, desideri senza filtri, piaceri che scacciano tabù, proibizioni o morali in quest’altro spazio: erotic notes (piattaforma MenStyle)
 
Un libro che è contaminato per necessità, dove i mosaici si aprono e chiudono davanti agli occhi del lettore, una storia-non-storia dai sapori familiari, dove i nomi sono precise consistenze avvolte dalla nebbia come le sensibilità, registrazioni e gli scavi. Dove i luoghi entrano, i gesti assecondano, le strade non sono scelte ma percorsi destinati a mutare, scivolare, scorrere in un sottopelle che assorbe, trattiene.

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