• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > (In)ter(per)culturando: Attorno al corpo di Eluana Englaro - parte (...)

(In)ter(per)culturando: Attorno al corpo di Eluana Englaro - parte V

3. Massmedialità: il corpo di Eluana Englaro attraverso i media.
 

[La presente sezione si fonda su recuperi, riflessioni e riporti di articoli pubblicati da alcune testate giornalistiche nazionali. Le scelte delle fonti nonché l’incidenza delle testate sono dipese esclusivamente dai contenuti delle stesse e dalla reperibilità entro l’obbiettivo primario di questo progetto ovvero ‘attorno al corpo di Eluana Englaro’. La modalità di inserimento nella sezione è cronologica salvo diversamente motivato. – n.d.r.]
 
 
La prima parte di questa sezione si rintraccia QUI.
Le sezioni precedenti qui, qui e qui 
 

Umberto Veronesi il 18 Dicembre 2008 pubblica un intervento su La Repubblica intitolato ‘La volontà di una donna’. Veronesi allontana ‘il caos’ degli ultimi mesi per recuperare‘la volontà di Eluana Englaro: 
"La confusione è sempre una cattiva consigliera perché alla fine delle polemiche abbandona la gente alla sfiducia sconsolata nella capacità della società, attraverso le sue istituzioni, di aiutare i suoi cittadini proprio nelle situazioni più complesse e drammatiche, quando la collettività e i suoi servizi dovrebbero invece essere di sostegno e di incoraggiamento. Occorre allora riconcentrarsi sul tema: la volontà di Eluana. Se qualcuno ha dei dubbi deve fermarsi lì: se effettivamente quella del rifiuto della vita vegetativa fosse davvero la scelta lucida della ragazza. Resta da vedere perché mai dovremmo mettere in dubbio il lavoro paziente e meticoloso dei nostri giudici che hanno ricostruito questa volontà, emettendo una sentenza che sapevano perfettamente sarebbe stata altamente impopolare. E perché mai un padre adorante verso la propria "bambina", come dice Beppe Englaro, avrebbe dovuto battersi per anni per realizzare tale volontà, affrontando la gogna mediatica e la distruzione della sua vita personale? A prescindere dalle considerazioni puramente umane, però, i dubbi sono legittimi perché non esiste purtroppo un documento firmato che riporti il pensiero di Eluana. Ma se invece siamo d’ accordo che la volontà di Eluana è quella ricostruita dalla magistratura, allora la confusione su chi decide che cosa è subito dissipata. Decide Eluana e la sua decisione va rispettata."
La volontà insomma prima di tutto:  
“Come ricorda Carlo Casonato, grande esperto di diritto costituzionale comparato e responsabile del Progetto Biodiritto "il diritto di disporre della propria vita esiste. E’ sancito dall’ articolo 13 sulla libertà personale e dall’ articolo 32 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario e anche dall’ articolo 35 del Codice di Deontologia Medica che conferma che non è consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona." ”
Veronesi conclude l’articolo ragionando sul corpo di Eluana, su ciò che ragionevolmente era diventato dopo sedici anni (all’epoca dell’articolo – n.d.r.) di immobilità e stato vegetativo rispetto alle immagini proposte con ostinazione dai media: “Sono mesi che dalle pagine dei giornali e dagli schermi di televisioni e computer ci ossessiona la figura di una donna nella dirompente bellezza dei suoi vent’ anni: Eluana con il cappello nero, Eluana in tuta rossa fiammante sulla neve, Eluana che esce dalla doccia e ride. Eluana oggi non è quella delle foto. E’ una donna di quasi quarant’ anni anni, senza sorriso, senza espressione negli occhi, senza vita di relazione, senza coscienza, senza controllo di un corpo, che è ormai un involucro in disfacimento. Messa così, l’ ipotesi può suonare ermetica, per non dire incomprensibile. Così come appare morboso, stucchevole e irrilevante lo scatenarsi dei media su.”

Il 23 Gennaio 2009 Concita De Gregorio radiografa la condizione di una nazione divisa tra Stato, Chiesa e un uomo:
"Beppino Englaro, uomo ostinato, ha chiesto al suo Paese che debbo fare e ora che la giustizia italiana glielo ha detto domanda di farlo." Eluana Englaro viene nominata in un appello: «Eluana è anche nostra figlia». E c’è tra i ragionamenti della De Gregorio l’ Habeas Corpus, espressione che nei sistemi democratici indica l’insieme delle garanzie previste dalla costituzione a difesa delle libertà del cittadino (maggiori informazioni tra le fonti, link da Encarta – n.d.r.). ‘Habeas Corpus’ è dunque il titolo dell’articolo su L’Unità, dove ’corpus’ è termine che letteralmente corrisponde a ’corpo’ nella declinazione però, ampia, di ’persona’.

Il 10 Gennaio 2009 su La Stampa intitolando ‘Eluana, qui si rompe il principio di legalità’ a proposito dell’intervento del Ministro Sacconi (l’atto di indirizzo del 16 dicembre 2008- n.d.r.) Carlo Federico Grosso scrive:
“Al di la’ dei possibili cavilli, delle possibili interpretazioni piu’ o meno interessate, c’e’ peraltro un profilo giuridico, chiarissimo, sul quale non e’ consentito neppure discutere: che di fronte a una sentenza irrevocabile della Cassazione che, tenendo conto delle leggi operanti in Italia, ha stabilito determinati principi (ad esempio, che Eluana si trova in una condizione giuridica di coma persistente, che un intervento di idratazione e di nutrizione artificiale mediante sondino ipogastrico non costituisce semplice alimentazione, bensi’ intervento medico) e ha conseguentemente riconosciuto a Eluana, o a chi per lei, il diritto di staccare quel sondino, nulla, sul terreno giuridico, e’ piu’ consentito obiettare. La sentenza deve essere eseguita, punto e basta. Nessuno e’ piu’ legittimato a vietare, bloccare, frapporre ostacoli, ritardare. Al di la’ delle convinzioni personali di ciascuno di noi sul merito complessivo della dolorosissima vicenda e, conseguentemente, sulla bonta’, o meno, della decisione giudiziale assunta dalla Corte Suprema, oggi ci troviamo pertanto, a valle del problema principale, di fronte a una importante questione di principio sulla quale occorre essere chiari, determinati, inflessibili: che le sentenze irrevocabili della Cassazione, piacciano o non piacciano, siano condivise o non siano condivise, devono essere, in ogni caso, applicate, adempiute, eseguite. Infrangere tale regola significherebbe innescare una rottura gravissima del principio di legalita’ attorno al quale ruota l’intero nostro sistema giuridico.

Il 28 gennaio 2009, a firma di Neirotti Marco su La Stampa si pubblica un reportage intitolato ’Nelle stanze delle ventitre’ Eluana Nessuno si illude, ma abbiamo cura di loro’ che resoconta gli ’identici corpi immobili’ dei ’pazienti in stato vegetativo permanente’: 
"Andiamo a fare due passi». Gli infermieri aiutano a spostare dal letto alla carrozzella la donna di trentatre’ anni immobile, occhi in viaggio tra parete e finestra. Nulla di forzato, grottesco, nessun delirio di passato e neppure fantasie di guarigione impossibile. Soltanto lei che spinge per mezz’ora la figlia fuori dal reparto «pazienti in stato vegetativo permanente». I Cedri, convento ristrutturato, 40 mila metri quadrati di parco. In questa clinica convenzionata siamo nell’altro versante del caso Englaro. Qui non si chiede fine, ma sono identici corpi immobili: danni irreversibili agli emisferi del cervello, intatto il «tronco», la parte interna che sorveglia le funzioni di base, battito cardiaco come respirazione. Ventitre’ stanze, ventitre’ pazienti, poco piu’ di meta’ donne, fra trentatre’ e ottant’anni. Il primo ricoverato e’ venuto nel 1999, la ragazza che ora va a passeggio nel 2001. Le rianimazioni li hanno recuperati per quanto possibile da traumi cranici, ischemie, emorragie cerebrali, prolungati arresti cardiaci. Per quanto possibile: l’osservazione clinica, tac, risonanze magnetiche hanno diagnosticato lo stato «vegetativo permanente», gli emisferi che muoiono, si riassorbono, svaniscono vacui. Non si passa a miglior vita, non si tornera’ indietro."
Proseguendo Neirotti scrive di ‘Corpi fermi, talora occhi in movimento. Non pensieri prigionieri’. E conclude: "L’infermiera apre la porta. La paziente va al bagno «vero», stanza calda dove il corpo viene adagiato in una vasca in plastica e lavato come si farebbe con un bimbo a casa. Una donna porta dischi, un’altra narra novita’ di famiglia a chi da sette anni non capisce. Nessun bisogno furente o lacrimoso, nessuna tenaglia sul passato. Il nome del reparto e’ una verita’: stato ve-ge-ta-le. Il dolore e’ uscendo, parlera’ nell’intimo, nei passi verso l’auto e la vita di stasera e domani."

Su La Repubblica del 4 Febbraio 2009 rimbalzano le parole del professor Amato Da Monte:
" «La cosa più angosciante, che mi ha accompagnato per tutto il percorso, è stato toccare con mano la grossa diversità che c’è stata tra il vissuto e la realtà». Il professore non l’aveva mai vista dal vero. Come tutti noi, solo fotografie di un passato diventato un immutabile presente. «Ho provato un dolore immenso per questa ragazza, che ci è stata presentata nel fiore della giovinezza, piena di gioia di vivere. Mi sono trovato davanti a una persona completamente diversa dall’immaginario che ognuno di noi si era creato». 
Nell’articolo di Marco Imarisio si ripercorre il trasporto di Eluana Englaro da Lecco a Udine, seguendo e ascoltando la voce di chi l’ha appunto accompagnata:
"C’è poi la squadra, che ha scelto di persona. Altri due medici, 10 infermieri esterni, due consulenti. Ci sono un’infinità di altri protocolli e iter normativi. Ci sono tutte queste cose, certo. Ma poi c’è lei, Eluana. Quel che era, quel che è diventata. Il suo corpo. La sua presenza. Di notte, sull’ambulanza, il professor De Monte ha dovuto farsene carico. Forse è per questo che ha scelto di non usare monosillabi. Ne ha sentito il bisogno. Si doveva liberare di quella esperienza appena vissuta. Di quella visione che ad un nome diventato suo malgrado simbolo di dispute furiose fissava un corpo, qualcosa di reale. «Sono state cinque ore dolorosissime» ha detto." 
Dall’articocolo emerge una consapevolezza: il corpo di Eluana ha una precisa presenza in chi l’ha visto da vicino, in chi aveva un immaginario che poi si è scontrato con la realtà.

Il 5 febbraio 2009, Su La Stampa, Fabio Poletti resoconta ciò che accade davanti al cancello della clinica ’La quiete’ di Udine, in un reportage intitolato "Ira e preghiere contro il padre ’assassino’ Si riuniscono in 200: e’ l’ora degli anatemi. C’e’ anche chi porta i figli in carrozzina ". Ed è un resoconto preciso: 
"La messa e’ finita. Comincia la guerra. Davanti al cancello della clinica «La Quiete» si schierano in 200. Recitano il Pater Nostro e l’Ave Maria. Accendono lumini con cui vorrebbero rischiarare coscienze spente e assopite. Sventolano cartelli con la foto di Eluana come se fosse una bandiera. Spingono carrozzine con disabili gravi e fanno i confronti". 
Parole e immagini che colpiscono, necessità di simboli da cui urlare. 

Il 5 Febbraio 2009, su Il Messaggero Veneto, Onorio Gonano scrive: 
"Così mi immagino Eluana, prigioniera nel suo corpo, impossibilitata a completare il ciclo della sua vita perché non trova il modo di uscire per raggiungere la meritata pace."

Sempre il 5 Febbraio, sempre su Il Messaggero Veneto si pubblica un articolo intitolato ‘Simbolo di amore’ dove si ragiona su immagini, messaggi e simboli:
“Martedì sera c’è stata una intera puntata di Porta a porta dedicata al caso di Eluana Englaro. Non amo molto la tv, anzi direi che generalmente se non mi disgusta mi annoia, ma se c’è qualcosa che mi interessa la guardo. Pur essendo attratto dal tema di quella puntata (che penso eticamente decisivo nel momento attuale), sono riuscito a seguirne solo una decina di minuti. La trasmissione era spesso interrotta da foto di Eluana nel pieno della gioventù, sorridente, felice. Il messaggio era che si stava uccidendo quella persona: giovane, sorridente e felice. Un messaggio scorretto. Faceva bene un ospite a sottolineare che quando si usavano termini come sospensione del cibo, non si doveva immaginare una persona che mangiava un panino col prosciutto. Non si poteva nemmeno parlare del cibo come lo intendiamo noi. Quelle immagini facevano credere di avere a che fare con una ragazza autosufficiente, ed era necessario ristabilire un minimo di relazione con la realtà dei fatti. 
[…]
Per il professor De Monte, la differenza tra le immagini mostrate e il corpo reale di Eluana sembra sia stata decisiva, insieme alla comprensione del dolore del padre, nella scelta di una condotta che pur gli procura angoscia personale. Ha visto il dolore di un corpo, e il dolore di un genitore e ha scelto. Un comportamento del genere credo che si possa senza dubbio chiamare compassione. Agire in modo compassionevole. 
[…]
All’epoca, quando lessi le parole di Mozzi, mi parvero esatte, ma anche troppo radicali. In qualche modo, contenevano uno sfondo utopistico che credevo irrealizzabile nella società attuale. Parole che hanno la verità e insieme la durezza angeliche. Il dibattito su Eluana mi ha fatto ricredere. Se leggo che alcuni politici, realisti e scaltri, come Fini dicono che: «Sul caso Englaro ho solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov’è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla», mi sembra che qualcosa si stia muovendo. 
Il padre di Eluana ha detto che sua figlia è un simbolo. Spero che diventi, nella coscienza comune, simbolo di compassione, di amore e di rispetto per il dolore altrui.”

Il 5 Febbraio 2009, Marco Imarisio per Il Corriere della Sera intitola: “In piazza con i figli malati: sono prove di vita” e nel sottotitolo: “ In duecento davanti all’ospedale. I parenti: amiamo le nostre croci, Englaro svilisce la nostra scelta.”
Imarisio resoconta con parole precise: 
“Lo spettacolo davanti alla clinica di Eluana è respingente e umano al tempo stesso.” E successivamente: “È inutile costringere queste persone a discutere delle differenze tra la vicenda dei loro figli e quella di Eluana Englaro, di fede e laicità. Sono qui soprattutto per se stessi, per rivendicare il senso delle loro vite. […] I padri e le madri delle case famiglia sono tornati a casa contenti, sentendo di aver fatto il loro dovere.”

L’ 8 Febbraio 2009, Giuseppe Genna pubblica on line un intervento su Carmilla intitolato ‘Il corpo e il sangue di Eluana Englaro: lo stupro assoluto’. Genna precisa che il corpo e il sangue di Eluana Englaro non sono doni, quanto meno non perché diventino ‘massacro’. Ma fa un’ulteriore premessa notevole. Notevole perché non la si è espressa frequentemente entro la massmedialità, non a proposito di Eluana Englaro: 
Raffiguratevela mentalmente e sentitevi lei. Perché, se non si riaccende l’empatia e la pietà, cioè l’amore stesso, ogni parola è vana.” Immaginare di essere lei, cosa significa realmente? Cosa si immagina, tentando con la mente di essere Eluana Englaro (l’Eluana Englaro che l’8 Febbraio 2009 era ancora viva)? Cosa si vede mentalmente? Un corpo? Quale? Come? E’ stato scritto raramente ‘immaginate di essere lei’ perché non si può, ragionevolmente e onestamente immaginarlo. Ma Genna colpisce anche un altro nervo scoperto: 
“Si deve partire concretamente, materialmente, mondanamente da lei: non si deve prescindere da lei. Deve rimanere presente, come un filo rosso acceso, per tutto il discorso. Qualunque grado di affermazione deve essere riportato a quel corpo che sta nel letto…”. 
Genna sta scrivendo, semplicemente ciò che nel rumore generale, negli oceani di strilli, parole schizzate, teorie aggrappate a sondini, logiche che colpiscono pelli immobili, è probabilmente sfuggito. Si è sfilacciato gradualmente. Lentamente. Il corpo di Eluana Englaro è diventato col tempo questo o quello fino a perdere l’origine delle varie diramazioni. E questa origine è Eluana Englaro.  
Per Genna il corpo e il sangue di Eluana Englaro hanno subito diversi stupri, per diverse ragioni, ma ugualmente ‘violenze carnali’ che da quella carne hanno preso, tolto, posseduto, strappato: 
Non è affatto destinale che il corpo inanimato sia obbligato a un’indefinita e ossessionante sospensione, che nega di fatto ciò di cui la società occidentale ha paura: vale a dire la morte e il lutto.” 
Genna conclude chiedendo silenzio, per questo corpo e questo sangue, per “il suo principio vitale che non è personale più, ma soltanto organico”. Richiesta, interpretabile non in senso assoluto ma per chi dall’esterno, fino a quel momento aveva dato a Eluana una precisa forma, non avendo dunque legami, affettività e memorie rispetto a quel corpo poi costretto a letto immobile. Infatti il pezzo si conclude con: 
“Bisogna provare pietà e amore e con questi, che non sono semplicemente sentimenti o emozioni, dare forma al silenzio e dare forma all’azione.” 
Dare forma al silenzio. Dare forma all’azione. Forme che partendo dal corpo visto dall’esterno come non personale ma organico, restituiscano pietas e amore.

Anche Marco Rovelli su L’Unità scrive di ’Stupro sul corpo di Eluana’ [ il 14 Febbraio 2009 – articolo qui ripreso spezzando la cronologia, per collegare gli interventi – n.d.r.] riprendendo il pezzo di Giuseppe Genna su Carmilla e un altro di Evelina Santangelo su Nazione Indiana. Rovelli riflette su quanto si è detto e scritto, su questo corpo arrivando a un’osservazione precisa: "Ho sentito come il corpo di Eluana fosse oggetto, allora, di una vera «attenzione», nel senso più spirituale che Simone Weil attribuisce al termine: una concentrazione riflessiva che lasciava entrare quel corpo nella propria sfera di esistenza. E da quel corpo, allora, occorre ripartire, se ancora c’è lo spazio, qui ed ora, per ricostruire una comunità di persone e non di proprietari." Ripartire da un corpo, insomma, per ricostruire persone. Riconoscendo a quel corpo un peso specifico, in quanto oggetto e simbolo.

Il 9 Febbraio è giornata in flessione, intensa a partire dalle divulgazioni massmediatiche.

Carlo Federico Grosso su La Stampa pronunciandosi in merito al Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei ministri il 6 febbraio: 
“La Cassazione, come e’ noto, ha «definitivamente» riconosciuto a Eluana Englaro, o a chi per lei, il diritto di staccare il sondino nasogastrico attraverso il quale si realizza il suo mantenimento artificiale in vita. Ebbene, di fronte a un diritto ormai definitivamente riconosciuto dall’autorita’ giudiziaria, davvero si puo’ ritenere che una legge successiva sia, di per se’, in grado di cancellare il giudicato? Si badi che, curiosamente, lo stesso governo, sul punto, deve avere avuto i suoi dubbi. Infatti nella relazione di accompagnamento al decreto ha scritto che e’ vero che, nel caso di specie, c’e’ stata una sentenza della Cassazione, ma essa, data la particolare natura del provvedimento assunto (di mera «volontaria giurisdizione»), non avrebbe dato vita ad alcun «accertamento di un diritto». Cosi’ facendo, lo stesso governo ha ammesso che se, invece, fosse stato riconosciuto un diritto, esso sarebbe ormai intangibile anche di fronte alla legge. Ebbene, poiche’, a differenza di quanto sostenuto dal governo, la Cassazione ha, in realta’, riconosciuto un vero e proprio diritto individuale a non essere piu’ medicalmente assistiti contro la propria volonta’ comunque manifestata, e’ lecito dubitare che il legislatore possa davvero, ormai, interferire, con una legge, su tale situazione giuridica costituita. A maggior ragione, non potrebbero, d’altronde, essere considerati legittimi ulteriori interventi a livello amministrativo diretti a ostacolare, o eventualmente impedire, l’esercizio del diritto ormai definitivamente riconosciuto. Lo impone, ancora una volta, la salvaguardia del principio costituzionale della divisione dei poteri.”

Sempre il 9 Febbraio 2009, Giovanni Maria Bellu, nell’editoriale de L’Unità ricorda che manca all’intera nazione, ai cittadini, un’immagine: 
"Quella di Eluana nel letto di morte. 
L’immagine che, se solo avesse voluto, Beppino Englaro avrebbe potuto diffondere per mettere a tacere i suoi calunniatori. Non l’ha mai fatto. Non ha voluto farlo. " 
Un’immagine che in pratica è esistita fino alla sera dello stesso giorno di pubblicazione di questo articolo. Ma appunto non è mai entrata nel circuito massmediatico. Una fotografia che Giovanni Maria Bellu non immagina, non prova a descrivere. Non è nella spettacolarizzazione la mancanza di quel corpo. Bensì nel simbolismo, nella strumentalizzazione dell’altro corpo, quello di una Eluana Englaro con diciassette anni e oltre, in meno
"Perché la campagna mediatica della tragedia di Eluana Englaro è la dimostrazione evidente dei danni che la cosiddetta “anomalia italiana” è in grado di produrre nella libera formazione del consenso." 
Bellu accosta immagini a sondaggi. Tenta di scavare nei sensi e nei pesi attribuiti a quelle fotografie dove Eluana è "la ragazza sorridente delle foto", una ragazza però che " non esiste più da diciassette anni."

Su Il Corriere della Sera, Aldo Cazzullo intervista Monsignor Betori in un articolo del 9 Febbraio 2009. Monsignor Betori è arcivescovo di Firenze da pochi mesi. Titolo e sottotitolo, recuperando frasi dell’intervista stessa:
‘Monsignor Betori: «Per i cristiani le persone sono sopra la legge» L’arcivescovo di Firenze: «nella storia di Eluana l’amore più alto e concreto è quello delle suore».’
In particolare, ragionando su Eluana Englaro e sul contrasto tra ‘persona’ e ‘corpo’:
“Considera giusto il ricorso a un decreto? E come valuta il no di Napolitano?
«C’è un realismo cristiano, per il quale il valore di una persona è superiore anche agli interessi di tenuta di un sistema politico e alle esigenze delle stesse forme giuridiche. Da questo punto di vista, quest’ultimo passaggio è in linea con le molteplici forzature che si sono registrate sul piano giuridico prescindendo dal bene della persona. Se il diritto non è a servizio delle persone diventa un problema. Noi cattolici amiamo talmente la realtà che non accettiamo di chiamare morta una persona che ancora vive. E mi lasci dire che siamo noi i veri uomini della ragione, coloro che non cadono nella contraddizione di dichiarare una persona priva di ogni dimensione umana per poi sedarla per evitarle un dolore che non dovrebbe sentire. Tutto questo ci potrà procurare anche qualche ingiuria, ad esempio di meschino integralismo...».
[…]
Che cos’altro avrebbe potuto fare il padre? Lasciarla alle suore che si erano offerte di seguirla? 
«Mi sembra che in tutta questa vicenda se c’è qualcuno che se ne esce con intatto prestigio e accresciuta credibilità sono proprio le suore, che da anni servono questa donna come una figlia e tale la considerano. Non hanno scritto libri né si son messe a frequentare le televisioni per dire le loro ragioni, traducendo un fatto umano in un volano di azione politica; ma nessuno può negare che, se la ragione sta dalla parte dell’amore, il loro amore è stato il più alto e il più concreto fra tutti. Non chiedevano altro che di poter continuare nei gesti dell’amore. Se una donna in questi giorni viene privata della sua vita in forza di un’ipotetica ricostruzione di una sua presunta volontà, altre donne, queste suore, vengono anche loro offese, private di una relazione che non smetterà però di riempire la loro vita. Come pure il ricordo di questa donna resterà nel cuore di quanti amano la vita come un dono da custodire e non come un possesso di cui disporre».
Eluana, nelle parole di Mons.Betori, è ‘donna’ tra quanti amano-la-vita-come-dono-da-custodire in contrapposizione con quanti la considerano possesso-di-cui-disporre. (contrapposizione anche tra le due diverse percezioni di Eluana, evidentemente: ‘persona’ come dono e ‘corpo’ da possedere – n.d.r.). 

Eugenio Tassini nell’editoriale (sempre del 9 febbraio 2009) su Il Corriere Fiorentino, sottolinea che: 
"Ormai è una «danza macabra » intorno al corpo di Eluana". Danza che è "un alzarsi di voci, ognuna con le sue certezze, che impressiona." ma anche una danza "senza ’tenerezza’, come spiegara nelle righe successive. E qui ’tenerezza’ è una scelta linguistica che colpisce perchè riferita a una donna "che conosciamo per le poche foto sorridenti che il suo papà ha dato ai giornali". Conoscere sottintende dunque una collocazione carnale di un nome e cognome. E’ una conoscenza che le foto restituiscono nell’aspetto, in quell’aspetto fermo a una Eluana Englaro che ancora non sapeva, dell’incidente che l’aspettava e del resto. 

Infine, in coda a questo recupero massmediatico, si inserisce una pubblicazione recente, del 10 novembre 2009. Su Il Manifesto, Marco Mancassola scrive di ’Estremi confini’. Ne ripropongo alcuni stralci che a distanza di nove mesi dalla morte di Eluana Englaro, analizzano e propongono riflessioni : 
"Nel frattempo, dentro la clinica giaceva muto il corpo di Eluana Englaro. Giaceva senza traccia di coscienza riconoscibile, immobile, la bocca semiaperta, con quella gonfiezza e quella sconcertante assenza di tensione conosciuta, purtroppo, da chiunque abbia avuto un congiunto o un amico in simili condizioni. Da diciassette anni quel corpo era in stato vegetativo. Un sondino gastrico infilato nel naso. Erano serviti tutti quegli anni e un tormentato percorso giuridico prima di ottenere dalla magistratura il consenso a sospendere nutrizione e idratazione forzate, seguendo il desiderio della famiglia e quello che sembrava essere stato il desiderio della ragazza. 
La conclusione della storia è nota. Eluana se ne andò il 9 febbraio. Ma l’opposizione più feroce all’epilogo “tragico ma umano” di questa storia non era stata infine quella dei magistrati o dei manifestanti accampati là fuori, quanto della gerarchia cattolica e dello spregiudicato governo italiano. Furono loro a trasformare il caso Englaro in un trauma civile. Nel suo libro Beppino Englaro racconta di quando, stremato dalle manovre politiche e dalla violenza della polemica, mandò un invito a Silvio Berlusconi. Gli chiese di venire a visitare sua figlia. Se fosse venuto, quell’uomo che all’improvviso si era fatto paladino della “vita a tutti i costi” si sarebbe forse reso conto delle vere condizioni di Eluana.
[...]
Sarebbe stato un incontro, quello mancato tra Silvio Berlusconi e il corpo di Eluana Englaro, in qualche modo storico. Pur nell’impossibilità di comunicazione verbale, sarebbe bastato il semplice accostarsi di queste due figure umane, dei loro due corpi così diversi, per creare un dialogo di contrasti e significati simbolici. Da una parte il corpo immobile della giovane donna e dall’altra quello agilissimo dell’anziano uomo. Il corpo ridotto in passività e quello ambiziosamente deciso a continuare a muovere il mondo. L’immortale per costrizione e l’immortale per aspirazione: non era stato proprio Silvio Berlusconi, una volta, a venire definito dal suo medico Scapagnini “tecnicamente immortale”? 
Le differenze non sarebbero finite qui. Da diciassette anni le funzioni vitali di Eluana erano mantenute per una volontà non sua. Ecco dunque da un lato il corpo che subiva il potere altrui, dall’altro il corpo che il potere, invece, continuava a incarnarlo. Da un lato il corpo di cui il padre aveva sempre proibito, per pudore, la diffusione di immagini, dall’altro il corpo mille volte messo in posa, al centro di una sapiente cultura dell’immagine. Il corpo che stava per uscire di scena e quello che al contrario occupava ogni scena, e che di lì a poco avrebbe avuto nuovi riflettori addosso, persino più di quelli voluti, per una serie di discusse vicende intime.
[...]
Per paradosso, dopo secoli di rivoluzioni per i diritti della vita, la nuova battaglia civile sembra quella per il diritto di morire. Per evitare fraintendimenti: quando si parla di diritto di morire non si allude certo al suicidio, questione che condurrebbe ad altre riflessioni. Si allude alla semplice libertà di riconoscere, di fronte a noi stessi e ai nostri cari e persino a Dio se ci crediamo, il momento in cui il senso della nostra vita tramonta, per circostanze che non abbiamo deciso, dinnanzi al senso della nostra morte. 
E qui torniamo a Eluana Englaro. Per sfuggire al rischio di trasformare questa donna in martire della retorica, oltre che martire della tecnica, rischio a cui si espongono i libri su di lei e in fondo questo stesso articolo, dobbiamo compiere il doppio sforzo di riconoscerci in lei e insieme quello di rispettare la sua individuale umanità. Un’umanità inesauribile, il cui senso ultimo, nella vita e nella morte, non sarà mai del tutto definito dalle nostre speculazioni, ma può essere solo “sentito” in prima persona. Proprio per questo nessuna legge ha il diritto di circoscriverlo. Possiamo solo cercare i modi per rispettarlo." 
In questo intervento di Mancassola, si rintracciano alcune keywords che da un ’attorno’ si diramano verso l’ ’ascolto’ del corpo di Eluana Englaro, dell’umanità di tutti i corpi.

 

 

Fonti (dell’intera sezione 3)

IGN: (‘Englaro racconta l’addio a Eluana’ articolo del 12/10/2009 QUI). 
Rizzoli: La vita senza limiti (QUI la scheda del libro), Eluana (QUI la scheda del libro). 
Serendipity, di Guido Romeo ( ‘Sul biotestamento gli italiani hanno le idee più chiare del Parlamento’ articolo del 13/10/2009 QUI).

La stampa.it:   
Il convivente voleva farla abortire lei si è opposta, è nata Eluana del 25-08-2009, La Stampa di Imperia a pag.61 
Eluana e gli stormi di avvoltoi del 14-02-2009 di Guido Ceronetti. 
Aggrappati a una spina del 6-08-2009 di Lucia Annunziata. 
’’Si’, non basta che un organo sia perduto’’ Il medico: ma c’e’ il rischio di un blocco dei trapianti Il neurologo di Eluana del 3-09-2009 di Lisa Elena. 
’’Mia figlia deve morire, cosi’ finira’ il mio inferno’’ Oggi potrebbe decidersi la sorte della ragazza in coma del 08-10-2009 di Lisa Elena. 
Il Diritto di dire basta del 14-11-2008 di Carlo Federico Grosso. 
Eluana, qui si rompe il principio di legalità del 19-01-2009 di Carlo Federico Grosso. 
Dalla parte delle regole del 09-02-2009 di Carlo Federico Grosso. 
Reportage Nelle stanze delle ventitre’ Eluana’’ Nessuno si illude, ma abbiamo cura di loro del 28-01-2009 di Neirotti Marco. 
Ira e preghiere contro il padre, ‘assassino’ si riuniscono in 200: è l’ora degli anatemi. C’è anche chi porta i figli in carrozzina del 05-02-2009 di Fabio Poletti.

Il Corriere della Sera.it: 
Testamento biologico: il 50% non sa cos’è del 17-11-2008 di Renato Mannheimer. 
Lecco, una giornata nella stanza di Eluana del 13-08-2008 di Grazia Maria Mottola. 
Il medico, bocconiano con l’orecchino <lei non è più quella delle fotografie> del 04-02-2009 di Marco Imarisio. 
In piazza con i figli malati: sono prove di vita del 05-02-2009 di Marco Imarisio.
Monsignor Betori: < Per i cristiani le persone sono sopra la legge> del 09-02-2009 di Ado Cazzullo. 

L’Unità.it:
Il caso Englaro: un pasese senza volontà del 26-06-2008 di Carlo Albero Defanti. 
Eluana: non mostrate quelle foto del 15-11-2008 di Lidia Ravera. 
Se la vita diventa blasfema del 15-11-2008 di Ferdinando Camon. 
Prima Pagine de L’Unità del 17-11-2008 da Funize.com. 
In nome del padre del 17-11-2008 di Concita De Gregorio. 
Habeans corpus del 23-01-2009 di Concita De Gregorio (Habeas Corpus, definizione da Encarta QUI). 
La foto che manca del 09-02-2009 di Giovanni Maria Bellu. 
Lo stupro sul corpo di Eluana del 14-02-2009 di Marco Rovelli. 

La Repubblica.it: 
Da 16 anni mia figlia invasa dalle mani degli altri è ora di lasciarla in pace del 16-07-2008 di Piero Colaprico. 
La legge e l’amore del 16/07/2008 di Adriano Sofri. 
Un paese tra la vita e la morte. Il confine di Eluana del 15-11-2008 di Emanuela Audisio.
La volontà di una donna del 18-12-2008 di Umberto Veronesi. 
Corpo. L’oggetto del desiderio del potere politico del 17-02-2009 di Filippo Ceccarelli. 

Il Messaggero Vento: 
Prigioniera del suo corpo del 05-02-2009 di Onorio Gonano. 
Simbolo di amore del 05-02-2009. 

Il Corriere Fiorentino:
La conta dei vocianti del 09-02-2009, editoriale di Eugenio Tassini.

Il Manifesto: 
Estremi confini. Manovre di potere nei territori del limbo del 10-11-2009 di Marco Mancassola (link all’articolo dal suo blog – n.d.r.)

 

Intervista a Beppino Englaro del 10-09-2009 su Arcoiris.tv a cura di Davide Sannazzaro e Daniel Bertacche.

Il corpo e il sangue di Eluana Englaro: lo stupro assoluto del 8-02-2009 di Giuseppe Genna su Carmilla.

 

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Giovedì 26 Novembre 2009: sezione quattro: intervento di Piero Bocchiaro, research fellow presso il dipartimento di Psicologia della Vrije Universiteit di Amsterdam. Autore di articoli scientifici e del volume Introduzione alla psicologia sociale (con S. Boca e C. Scaffidi Abbate, Bologna 2003), ha insegnato all’Università di Palermo e trascorso periodi di formazione e ricerca alla Stanford University. Ha pubblicato ‘Psicologia del male’, Laterza 2009.

A seguire: sezione cinque, ’non epilogo: appendici’. Espansioni culturali e artistiche dal corpo di Eluana Englaro.

 


Questo progetto non si avvale di immagini (n.d.r.)

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares