• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > (In)ter(per)culturando: Attorno al corpo di Eluana Englaro - parte (...)

(In)ter(per)culturando: Attorno al corpo di Eluana Englaro - parte IV

Le altre parti sono qui, qui e qui

Massmedialità: il corpo di Eluana Englaro attraverso i media.
 
[La presente sezione si fonda su recuperi, riflessioni e confronti di articoli pubblicati da alcune testate giornalistiche nazionali. Le scelte delle fonti nonché l’incidenza delle testate sono dipese esclusivamente dai contenuti delle stesse e dalla reperibilità entro l’obbiettivo primario di questo progetto ovvero ‘attorno al corpo di Eluana Englaro’. La modalità di inserimento nella sezione è cronologica salvo diversamente motivato. – n.d.r.]
 
Dal punto di vista mediatico, il corpo di Eluana Englaro ha scatenato quantitativi abnormi di articoli, approfondimenti, interviste, puntate in trasmissioni. Fiumi di parole.Anche mentre questo progetto giunge a conclusione, le notizie si rincorrono giorno dopo giorno. Come l’uscita di un nuovo libro ’La vita senza limiti’ di Beppino Englaro e la giornalista Adriana Pannitteri (Rizzoli, collana saggi, 14 Ottobre 2009). Il padre di Eluana aveva già scritto un libro, ’Eluana’ assieme a Elena Nave (Rizzoli, collana saggi, 2008 – per entrambi i libri, sono rintracciabili on line le schede, link tra le fonti – n.d.r.). Contestualmente a distanza di otto mesi (quasi nove ormai) dalla sua morte, si recuperano statistiche. Da un’indagine dell’Osservatorio Scienza e Società di Observa (link rintracciabile nell’articolo di Guido Romeo del 13 novembre 2009, tra le fonti – n.d.r.), risulta che il 66% degli italiani sa cos’è un testamento biologico. Ma la guerra dei numeri resta aperta. Risale al 17 novembre 2008, un altro articolo di Renato Mannheimer per il Corriere della Sera, intitolato: "Testamento biologico: il 50% non sa cos’è".
 
L’impatto della vicenda, i simboli, i significati più o meno evidenti, trasparenti e comprensibili (a livello conscio almeno) sono stati e sono tutt’ora vari, (pre)potenti, subdoli e in alcuni casi spudoratamente ostentatati e utilizzati dalla massmedialità. Attra-verso il corpo di Eluana Englaro ma anche (attra)versoi corpi di altri. 
Un esempio, un fatto direi, di questa potenza mediatica espandibile, dilagante,lo si rintraccia in un articolo dell’agosto scorso, dove ci si occupa della nascita a Savona di una bimba la cui madre il 9 febbraio 2009 (giorno della morte di Eluana Englaro) si era rivolta ai volontari del ‘Centro Aiuto alla Vita’ per non abortire come invece voleva il futuro padre. La bambina è stata chiamata Eluana. (Articolo tra le fonti: ‘Il convivente voleva farla abortire lei si è opposta, è nata Eluana’ - n.d.r.). 
Il 10 Settembre 2009, Beppino Englaro partecipando a un dibattito all’interno del festivalNo DalMolin a Rettorgole (Vicenza), in un’intervista per Arcoiris.tvha dichiarato: “I media sono stati determinanti.” (visionabile on line il video dell’intervista, link tra le fonti su Arcoiris.tv – n.d.r.).
 
Prima di recuperare articoli e proiezioni massmediatiche, mi soffermo su due pubblicazioni del febbraio 2009 che individuano nodi attorno al corpo di Eluana Englaro a distanza di poco più d’una settimana dalla morte stessa della ragazza.
 
Il 14 Febbraio 2009 su La Stampa, Ceronetti Guido scrive “Eluana e gli stormi di avvoltoi” definendo Eluana Englaro ‘creatura disfatta’ :
“Non permettiamo che si raffreddi. Il caso Englaro va riattizzato costantemente: che davanti a quel Golgotha arda un lume sempre. Tutti dobbiamo gratitudine a quella vittima sacrificale e alla sua famiglia: perche’ la passione civile non finisca in una cloaca e la passione etica e religiosa trovino altre e ben diverse, e superiori, vie. Si sono visti stormi di avvoltoi, sulla breve agonia di Udine, scendere in picchiata a disputarsi i resti di una creatura disfatta e sfamarsi a beccate ignobili di qualcosa che gia’ piu’ non era e che altro non aveva da offrirgli, tetri pennuti ciechi, che carne di sventura. “ E conclude: “L’Italia debole, che con strenuo sforzo - in cui va compreso il tributo di una risalita coscienza collettiva, di risorse d’anima e mentali inapparenti, antiavvoltoio, di pensieri silenziosi ma renitenti ai ricatti e alle violenze verbali dell’estremismo cattolico, materialista e anticristico - ha liberato dalle catene Eluana, e’ un resto di Italia dei giusti, di Italia che sa giudicare umanamente e cerca la liberta’ nella legge, che non accetta che l’impurita’ piu’ grossolanamente sofistica prevalga sulla verita’ semplice e pura. Dobbiamo un po’ tutti ri-imparare a morire: dunque a vivere e a trascendere la morte. Comprendere l’insignificanza della vita e dell’esistenza materiale e’ luce in tenebris. Per chi, pensando, ritenga che la vera salvezza consista nel liberarsi dalla schiavitu’ delle rinascite in corpi mortali, Eluana col suo lungo martirio avra’ meritato la tregua nirvanica, e non tornera’ in mondi come questo a patire sondini e beccate di avvoltoi - condannati, per loro intrinseca natura, a commettere empieta’. Da cristiani autentici si sono comportate le Chiese evangeliche: schierate dalla parte di Eluana, hanno voluto ricordare che un essere umano non e’ soltanto un aggregato scimmiesco di funzioni e che e’ delitto tradirne l’anelito al padre ignoto al di la’ del finito. Il combattimento spirituale e’ brutale. La meno ingiusta Italia, che assumera’ Eluana per segno, non deve temere di accettarlo, di restare unita, respinto l’avvoltoio, per la pieta’ e la luce.”
 
Il 17 Febbraio 2009 Filippo Ceccarelli su La Repubblica affronta direttamente il ’Corpo. L’oggetto del desiderio del potere politico’: 
"Ma che gli è preso, e tutto insieme, e all’ improvviso? Preghiere, strilli e vaniloquio mediatico - istituzionale attorno al corpo vivomorto, reale e virtuale di Eluana Englaro. E adesso, senza nemmeno il tempo per un respiro, ecco una seconda ondata di pensieri, parole, opere e prevedibile ottusità normativa attorno ai corpi femminili violati..." Il corpo di Eluana Englaro, insomma, non è l’unico corpo di cui si è discusso e che impazza (entro modalità differenti) in quest’Italia che sembra nutrirsi disperatamente di "immaginazione corporale". Ceccarelli ragiona ruotando angolazioni: "(La politica - n.d.r.)... ridotta ai minimi termini della semplificazione, ma al massimo format dell’ evoluzione spettacolare e tecnologica, questa benedetta politica, o post-politica che sia, si è reincarnata. Messa così, l’ ipotesi può suonare ermetica, per non dire incomprensibile. Così come appare morboso, stucchevole e irrilevante lo scatenarsi dei media su..." 
La politica si è reincarnata e i mass media si scatenano. Ceccarelli espone un quesito, che si dirama proprio dai legami sottili dei simboli: 
"Viene da chiedersi che cosa sarebbe oggi, la politica, senza questa immensa pressione di carne; senza questa urgenza anatomica che sempre più chiaramente cerca di travolgere i confini tra sfera pubblica e sfera privata, che s’ incrocia con la tirannia dell’ intimità, con la deriva esibizionistica e guardona dei talkshow; e nel frattempo rimbalza nel linguaggio, ne abbassa le soglie cognitive, accende il turpiloquio a colpi di "vecchio", "panzone", "nano", "mettiti la dentiera". Chi abbia cominciato a raccogliere con certosino entusiasmo quanti più possibili sfoghi e ogni ragionevole follia del corpo politico della nazione si sorprende oggi a rileggere tutto questo materiale con fatica e sgomento.". 
E ancora: 
"Con il povero risultato che sia pure per frammenti e per abbagli, per simboli misteriosi e materiali organici, acquista un senso il monito di Nietzsche: «C’ è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza»." 
La ragione dei corpi, insomma, tende a scivolare, perdersi tra usi, ostentazioni, ammiccamenti, logiche che dalla carne si allungano, spostano visuali, lanciando altro. Fino a un ultimo quesito, uno dei nodi centrali anche di questo progetto: 
"Come possiamo parlare del corpo? E innanzitutto, bisogna parlare di un corpo o di molteplici corpi?"
 
I mass media si sono occupati della vicenda di Eluana Englaro con un’interesse crescente e dilagante dal 2008. Già nei precedenti quindici-sedici anni in cui le condizioni della ragazza non mutavano, lo stato vegetativo permaneva, e contestualmente il padre poi divenuto tutore legale, insisteva nel portare avanti quella che è stata poi definita la ’battaglia legale’ per la sospensione dell’alimentazione ed idratazione forzata; in questo lungo lasso temporale i media hanno divulgato, specie in prossimità di nuove sentenze (che insistevano ribadendo le posizioni iniziali di rigetto delle richieste), oppure per raccogliere testimonianze. Ma l’esplosione mediatica, l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa si è risvegliata al primo segnale di cambiamento. L’immutabilità dei fatti (sul corpo di Eluana Englaro, sui procedimenti giuridici attorno allo stesso corpo) ha mantenuto pressoché immutata anche l’attenzione mediatica, riflettendosi a cascata su un’immutabilità sociale generale. Evidentemente già in quei primi quindici-sedici anni si sono formate e manifestate opinioni, tesi, logiche attorno a quel corpo e allargando la visuale, su tutti i corpi in quelle condizioni (ma anche su tutti i corpi che potenzialmente possono tutt’ora finire in condizioni affini). Eppure non si sono mai concretamente, mai con forza, mai con palese consapevolezza, considerate le effettive implicazioni che il corpo di Eluana Englaro palesava invece ogni giorno, senza mostrarsi, senza urlare, senza chiedere. 
 
Il 26 Giugno 2008, in attesa della sentenza della Corte d’appello di Milano, Carlo Albero Defanti, primario neurologo dell’Ospedale Niguarda e membro della Consulta di Bioetica di Milano (il neurologo che si è occupato direttamente di Eluana Englaro e che ha poi eseguito il protocollo di sospensione dell’idratazione e nutrimento assistito a Udine - n.d.r.) pubblica su L’Unità: "Il caso Englaro: un paese senza volontà". Scrive il prof. Defanti: 
"Fino ad oggi le sentenze hanno respinto la richiesta del padre, ma la Cassazione ha affermato due principi che pongono il caso in una luce diversa. Il primo è che ogni atto medico trova la sua giustificazione nel consenso informato e che eccezioni a questo principio sono possibili solo nelle situazioni di emergenza e devono perciò avere un’estensione limitata nel tempo. Un secondo principio che il diritto alla vita non è più forte del diritto di autodeterminazione, ma anzi deve essere subordinato ad esso. Ciò significa che se una persona ammalata ritiene che una terapia non corrisponda al suo concetto di dignità, ha diritto a rinunciarvi anche se la morte dovesse conseguire a questa rinuncia. Purtroppo, la grande maggioranza dei pazienti in stato vegetativo non ha dato disposizioni per il futuro prima e ovviamente non sono più in grado di darne una volta si trovino in quello stato." Precisando sul finire dell’articolo che: 
"A scanso di equivoci, la Cassazione afferma che in nessun caso la sospensione può basarsi su un giudizio di qualità della vita formulata da persone diverse dal paziente, fossero pure lo stesso rappresentante legale o altri membri della famiglia."
La provocazione del titolo ‘Un paese senza volontà’ in realtà allude al fatto che ciò che fino a quel momento pareva mancare, non era tanto la volontà in sé che ognuno poteva o non poteva aver formulato, ma la manifestazione di tale volontà entro l’immutabilità di uno stato di non azioni, non dichiarazioni, non regolamentazioni entro cui si era ’stabilizzata’ l’Italia fino al 9 Luglio 2008, quando la giurisprudenza ha spostato l’asse d’equilibrio.
Il 16 Luglio 2008, Piero Colaprico, giornalista de La Repubblica che seguì la vicenda di Eluana Englaro negli anni, ha raccolto alcune dichiarazion di Beppino Englaro in un articolo intitolato ’Da sedici anni mia figlia invasa dalle mani degli altri è ora di laciarla in pace’: 
"Signor Englaro, sul corpo di una donna sembra combattersi una battaglia ideologica e religiosa. Per lei, che di questa donna è il padre, come stanno le cose? «Per me è un errore gravissimo parlare di corpo. Eluana era una persona, che andava e va vista nella sua interezza. Mia figlia da oltre sedici anni è invasa in tutto e per tutto da mani altrui..." 
L’articolo è nodo c’entrale di una delle questioni alla base di simboli e significati: Beppino Englaro fa un distinguo netto tra ’corpo’ e ’persona’: "Eluana era una persona", afferma Beppino Englaro, ’era’ (già all’epoca dell’articolo) una persona. Mentre il suo corpo veniva invaso ’in tutto e per tutto da mani altrui’. C’è una frattura evidente, nelle percezioni dirette della carne e di ciò che è stataper poi mutare in altro.  
 
Sempre il 16 Luglio 2008 Adriano Sofri su La Repubblica intitola un articolo ’La legge e l’amore’, andando a inquadrare un altro nodo in questo caso fondamento di ragionamenti strettamente legati alla scelta di vita o di morte: 
"Beppino Englaro pensa fermamente, ha avuto già sedici anni per pensarci, ogni giorno e ogni notte, che quella non sia vita per la sua Eluana, che non la riterrebbe vita per sé. Pensa che sua figlia l’ avesse respinta dal proprio orizzonte, e si fosse affidata all’ amore dei suoi per esserne, quando una simile disgrazia l’ avesse colpita, liberata. In questi giorni sono state raccontate, in contrappunto con la storia di Eluana, tante altre storie di figlie e figli in una condizione simile, assistiti dai loro famigliari e da persone di buona volontà con una dedizione eroica, compensata dall’ amore che, "nonostante tutto", nonostante l’ assenza di ogni segno di riconoscimento e di comunicazione, ne ricevono in cambio."Successivamente: 
"Dunque l’ argomento che il signor Englaro, uomo solo, le oppone intrepidamente - "Non si tratta della consumazione di una vita, ma di fare in modo che la natura riprenda il suo corso che è stato interrotto" - suonerà invalido al cardinal Bagnasco, per il quale la natura è subordinata, salvo che diventi un sinonimo della legge divina. Ma sta di fatto che se oggi la medicina ha saputo prolungare un’ esistenza cui "la natura" avrebbe ancora poco fa posto irrimediabilmente fine, la dignità di questa esistenza non è definibile in modo assoluto, se non, vorrei dire, attraverso l’ amore. E l’ amore di una madre o un padre che devolvano intera la propria vita alla cura di un figlio, anche quando non sia offerta loro alcuna speranza se non il miracolo, non è né maggiore né minore di quello di una madre e un padre che vogliano liberare un corpo disertato dalla vita, compiendo così la volontà della propria figlia. Sono semplicemente incomparabili." 
Sofri riflette sulla posizione di Beppino Englaro, una posizione che verte su tre concetti chiave: ’natura’, ’dignità-amore’ e ’volontà’. Il primo come netta contrapposizione a "oggi la medicina ha saputo prolungare". Il secondo che inquadra il concetto di ’dignità’ attraverso l’amore di un padre e una madre che non è ’né maggiore né minore’. Ma Sofri prosegue: 
"Che i signori Englaro debbano "lasciare", come si è chiesto in questi giorni incandescenti, il corpo della propria figlia alle brave suore miserendine, è davvero un chiedere troppo. Che non si tratti, per Eluana, di "staccare la spina", ma di interrompere l’ alimentazione e l’ idratazione artificiali, non è affatto una vera differenza, se non per far evocare il raccapriccio di un’ agonia per fame e per sete. Ma è a questo che la medicina può e deve dare rimedio. Non è meno raccapricciante, una volta che contro un accanimento terapeutico si interrompa la ventilazione, una morte fra i gorgogli e gli spasimi dell’ asfissia…[…] Quanto a noi fratelli umani, la differenza mi sembra questa. Che alcuni di noi dicono: ‘Con tutto il rispetto per Beppino Englaro, stiamo dalla parte della Chiesa’. Altri di noi dicono: ‘Con tutto il rispetto per la Chiesa, stiamo dalla parte di Beppino Englaro’.” 
Sul finire dell’articolo, Sofri recupera le due posizioni dominanti nonché i ’rumors’ attorno alla modalità con cui si interromperebbe la vita di Eluana. Ma è del  corpo che si dibatte come nota Sofri: “Che i signori Englaro debbano "lasciare", come si è chiesto in questi giorni incandescenti, il corpo della propria figlia alle brave suore miserendine, è davvero un chiedere troppo.” E’ un lascito carnale, null’altro. Un lascito che per la famiglia Englaro forse neanche esisteva, era pensabile (a maggior ragione alla luce della dichiarazione del padre a Colaprico riportate sopra – n.d.r.).
 
Il 6 agosto 2008 Lucia Annunciata su La Stampa scrive di ’Aggrappati a una spina’, sollecitando una discussione entro ’dinamiche umane’: 
" la mancata volonta’ della ragazza allarga, non elimina, lo spettro di chi decide, obbligando gli altri, tutti noi, a farlo per lei. Per questa strada arriva nel cuore della societa’ lo stesso dilemma che un pugno di uomini affronta salendo sulle alte vette: rottura o conservazione, continuita’ o salto nel vuoto? Per quanto azzardato appaia, questo e’ il filo comune tra la morte eroica sulle nevi e la morte in ospedale. Non ci aiuta certo a dare risposte immediate. Ma collocare il caso di Eluana fra le ragioni piu’ ampie delle dinamiche umane che affrontiamo tutti i giorni, toglierlo dal suo status di anormalita’ per collocarlo nel senso dei gesti che l’umanita’ compie ogni giorno, ci permette almeno di poterne discutere, uscendo dalla trappola fede-\scienza , politica-\etica e, buon ultimo, Pdl-Pd. " 

Il 13 agosto 2008 su La Repubblica, Grazie Maria Mottola firma un articolo intitolato: ‘ Lecco, una giornata nella stanza di Eluana’, sottotitolo: ‘dodici ore con il sondino per nutrirsi, dodici per dissetarsi’. L’articolo resoconta i tempi di una giornata qualunque nella stanza dov’era ricoverata da quattordici anni Eluana Englaro a Lecco. Nel resocontoemergono anche Beppino Englaro e suor Rosangela, intrecci complessi, tra azioni, parole, posizioni diverse. C’è in questo articolo un’immagine di Eluana Englaro restituita dalle parole: 
"Eluana non dorme, ha gli occhi aperti. La tendina rossa che la separa dal corridoio si sposta, papà Beppino entra. Lo fa almeno una volta al giorno. Un bacetto. Il solito saluto, quello degli ultimi 16 anni. Che non cambia la realtà. «Bacio la figlia che ricordo, quella che si vede nelle foto». Casa di cura Lecco. Secondo piano, a destra, poi subito a sinistra. Suor Rosangela aggiusta il copriletto, glielo tira fin sopra la vita. Tapparelle abbassate, penombra. Fa caldo nella stanza, un corridoio, bagnetto, poi lo spazio per il letto, un comodino, sopra un bicchiere con qualche fiore rosso. Due orsacchiotti bianchi sulla testiera, ricordo di cugini gemelli. Foto e poster sulle pareti azzurre: mare e cavalli di un passato lontano, passioni e affetti in decine di immagini sotto vetro, che forse non guarda più nessuno. Eluana spiritosa in hula hop;sorridente al timone di una barca; tenera con le scarpe del padre; bellissima in una recita scolastica. Infanzia felice, adolescenza impetuosa. La maturità, invece, è tutta lì, quello che si vede su un letto d’ospedale. Trentasette anni, la pelle da bambina. Eluana è dimagrita. Le braccia lungo il corpo, rilassate in un pigiama bianco, leggero; il volto è adagiato sulla guancia sinistra; dal naso spunta il sondino che la nutre, quello che, se la Cassazione rigetterà il ricorso della Procura generale, cesserà di funzionare."
Dalla pagina on line dell’articolo è anche possibile vedere un’immagine stilizzata della stanza di Eluana con gli oggetti citati nel pezzo (link intitolato "La stanza - Guarda" rintracciabile direttamente dal sito di La Repubblicatanella pagina dell’articolo in oggetto, link tra le fonti - n.d.r.). 
 
Il 3 settembre 2008 su La Stampa, Lisa Elena intervista il prof. Carlo Albero Defanti. Dall’intervista emerge una contrapposizionesignificativa, a proposito di Eluana Englaro che si rifletta anche sul linguaggio, le terminologie nonché le percezioni della ragazza stessa entro la distinzione ‘persona’ – ‘organismo’: 
"Dove finisce la vita e dove comincia la morte, professor Defanti? «Sono un laico e prima di tutto, quando si parla di vita e morte, e’ opportuno distinguere tra persona e organismo». Cosa intende dire? «Persona e’ colui che sa di esistere. Che e’ in contatto con la realta’, prova sensazione ed emozioni. Organismo e’ cio’ che ha perso tali consapevolezze». Quando parla di Eluana Englaro a cosa si riferisce? «Ad un organismo vivente privo di coscienza»."
L’ 8 ottobre 2008, sempre Lisa Elena su La Stampa riporta un colloquio avuto con Beppino Englaro dal titolo: “Mia figlia deve morire, cosi’ finira’ il mio inferno’. Oggi potrebbe decidersi la sorte della ragazza in coma”. 
Ciò che era Eluana Englaro per suo padre, trova in questa intervista una precisa collocazione tra le parole: 
“«Quello che per i giornali e’ staccare la spina per me e’ far ripartire il processo naturale di morte interrotto dai medici con la rianimazione a oltranza dell’Eluana». Dice cosi’: «dell’Eluana», «l’Eluana», l’articolo davanti al nome lo mette sempre.
Emanuela Audisio il 15 novembre 2008 su La Repubblica scrive di ’Un paese tra la vita e la morte. Il confine di Eluana’. E anche in questo articolo le parole tratteggiano immagini precise, in questo caso più dilatate, volgendo sguardi che dal ’confine’, da Eluana Englaro, spaziano attorno: 
"Di là, Eluana. Dietro le finestre verdi, al secondo piano. Di qui, la città, l’ altro mondo. Il lago, le onde, il Resegone pieno di neve. In mezzo, il confine tra vita e morte. Anonimo e sottile, come un tubino. C’ è sole, chissà se filtra. Il solito corridoio grigio, mentre le suore vestono divise bianco e nere. Eluana viene messa in carrozzella, con un apposito reggitesta, e portata a prendere aria. Non è vero che ha i capelli bianchi, dice il suo medico curante, Carlo Alberto Defanti. è vero invece che ha ancora mestruazioni fortissime, tanto che un’ emorragia, un mese fa, se la stava quasi portando via. Eluana è invecchiata in questo confine, senza voci, dove non si può entrare. Il mondo in sua assenza è andato avanti. Eluana è figlia di questa terra, ma la sensazione è che sia sopravvissuta da estranea. Giocando fuori casa, sul pianerottolo della sua adolescenza. Ora, dopo 17 anni, è il momento dell’ addio. Ti aspetteresti un abbraccio, una scossa emotiva, un pianto generoso. Ama il prossimo tuo come te stesso. Eluana è un prossimo conosciuto. Invece no. Il paese non l’ accarezza, è infastidito dai riflettori, e non porge l’ altra guancia. Reagisce con indifferenza, si difende con il tema della discrezione, invoca il silenzio." 
Emanuela Audisio raccoglie voci per strada lasciando la feroce impressioni che manchi qualcosa. Al punto che la stessa Audisio ragiona sulla ’misura della sofferenza’ come ’visione singolare’ tenuta lontana e ne chiede un’altra, di visione: 
"Meglio rimuovere le ombre, staccarle dalle pareti della città e lasciarle lì, prigioniere in ospedale. La misura della sofferenza è una visione singolare che trova pochi appigli, forse bisognerebbe mostrare le foto di Eluana adesso, far vedere le sue tenebre, la sua assenza, prima della sua morte carnale. Vederla nelle foto, allegra sciare, non rende il suo presente. In questa storia senza futuro si usa il passato e si ignora il presente. Lecco oggi è l’ Italia che prova a tirar dritto per paura che lo sguardo contamini certezze, per timore che la visione susciti emozione, lo scandalo del corpo senza animazione che non smette di esser caldo. Ma quante volte deve morire Eluana per trovare pace e una carezza?" 
 
Il 14 novembre 2008, in un articolo dal titolo ‘Il diritto di dire basta’ su La Stampa, Carlo Federico Grosso chiarisce che:  
E’ pacifico che ogni persona capace d’intendere e di volere ha il diritto di rifiutare le cure mediche e di lasciarsi morire. Lo si ricava dalle norme costituzionali (artt. 2, 13, 32 Cost.), dalle fonti giuridiche soprannazionali (Convenzione di Oviedo e Carta dei diritti fondamentali dell’Ue), dalla giurisprudenza ben salda della Corte di Cassazione in materia di consenso informato quale condizione di liceita’ dell’intervento medico. Cio’ significa che ognuno di noi ha la facolta’ di rifiutare una terapia in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale: si tratta dell’esercizio di un diritto fondamentale di liberta’. Ne’ si puo’ sostenere che il rifiuto consapevole delle cure, quando conduca alla morte, costituisca un’ipotesi di eutanasia: tale rifiuto esprime, semplicemente, la libera scelta del malato che la malattia segua il suo decorso naturale. Il problema, a questo punto, e’ stabilire quale sia la regola applicabile ove il malato non sia in grado di manifestare la sua volonta’. La Cassazione, un anno fa, ha stabilito che puo’ decidere il tutore.” Precisa anche: 
Il tutore dovra’ decidere, ha stabilito la Cassazione, non «al posto» del malato, ma «insieme a lui», ricostruendo la presunta volonta’ del paziente inconsapevole tenendo conto dei desideri da lui espressi quando era cosciente ovvero desumendo la sua volonta’, dalla sua personalita’, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori, dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali. Di qui l’importante principio di diritto enunciato. In caso di malato incapace tenuto artificialmente in vita, il giudice puo’ autorizzare la disattivazione del presidio sanitario, ma unicamente quando sia provato con certezza che lo stato vegetativo e’ irreversibile e che la richiesta d’interruzione da parte del rappresentante legale corrisponde alla presumibile volonta’ del paziente. […]in assenza di una regolamentazione specifica del testamento biologico, ha desunto la regola di giudizio applicabile attraverso un’attenta ricostruzione dei principi costituzionali, della giurisprudenza pregressa in tema di consenso informato, delle norme di diritto soprannazionale in materia. In questo contesto, parlare d’illegittima autorizzazione all’omicidio mi sembra, quantomeno, indice di scarso rispetto per le istituzioni giudiziarie che hanno valutato e deciso.”
 
Su L’Unità, dal 15 al 17 novembre, si susseguono tre interventi concatenati.
 
Il 15 novembre 2008, Lidia Ravera chiede ‘Eluana: non mostrate quelle foto’. La Ravera si domanda anche altro, e lo fa con lucida consapevolezza:
"mi viene naturale pormi qualche domanda. È una scelta casuale? È legata esclusivamente al fatto, obbiettivo, che il padre, giustamente, non concede fotografie del terribile stato del presente? È l’ambiguo sinistro frutto della comune, e inevitabile, commercializzazione delle grazie femminili? Insomma: perché pubblicare, continuativamente, ossessivamente, istantanee della fulgida e interrotta giovinezza di Eluana Englaro? E se si trattasse (per certi giornali involontariamente, per altri con coscienza della propria scelleratezza) di dar corpo a un sottile messaggio implicito, quasi un invito a difendere qualcosa che non esiste più? Il sottile messaggio è: guardate quant’è bella, quant’è giovane, quant’è radiosa. E voi volete ucciderla? Volete staccarle il sondino, il respiratore, quello che è? Volete staccare dalle macchine che la tengono in vita questa fanciulla nel fiore degli anni? Certo l’articolo che correda la fotografia spiega le cose come stanno veramente. Spiega che Eluana subisce una non-vita, è in stato vegetativo, lontana anni luce dalla condizione in cui viene, quotidianamente, ritratta. Ma lo sappiamo tutti che le immagini parlano più forte e più chiaro delle parole. Le immagini si impongono mentre le parole vanno lette, decifrate, capite. Le parole sfumano, dettagliano, spiegano. Le immagini colpiscono. E colpiscono, in genere, là dove non si dovrebbe, là dove le parole non arrivano. Sotto la cintura. In zone fragili, fortemente reattive. E lontane dal cervello." 
 
Sempre il 15 novembre 2008 mentre Lidia Raveda si interroga sul potere delle immagini, sempre su L’Unità, Ferdinando Camon scava nell’amore e scrive ’Se la vita diventa blasfema’. Per Camon non c’è scontro tra chi ama e chi no, perché tutte le parti che si sono esposte e che hanno preso posizione ’amano’. Ma non Eluana:
"Se il medico ama la scienza, se la giustizia ama la legge, se la Chiesa ama Dio, nessuno ama veramente Eluana. Ad Eluana è mancato l’amore che amasse Eluana per quel che è, e le desse ciò di cui ha bisogno. Adesso Eluana non verrà più nutrita, e si spegnerà di fame e di sete cellula per cellula, impiegando in questa agonia (di cui non sappiamo niente) sei-sette giorni. Come Terry Schiavo. Per amare Eluana bisognerebbe aiutarla molto di più. E risparmiare alle sue cellule lo strazio della fame e della sete. Riconoscerla per quel che è. Per amare Eluana, bisognerebbe liberarla, in un unico istante, di sofferenza, coscienza ed esistenza." 
Nei ragionamenti di Camon, Eluana è Eluana, non c’è uso del termine ’corpo’. E’ un nome a cui si può associare qualunque cosa (immagine o non immagine, senso o non senso). Oltre tutto i termini ’ sofferenza, coscienza ed esistenza’ usati nell’articolo rafforzano la percezione che si stia ragionando sulla ’persona’ piuttosto che su ’mero corpo’.
 
Il 17 Novembre 2008, Concita De Gregorio intitola ’In nome del padre’ e ragiona sul rapporto corpi e immagini: 
"Aggiungevo anche, in pieno accordo con Lidia Ravera (l’articolo del 15 novembre 2008 riportato come stralcio sopra e rintracciabile tra le fonti - n.d.r.), che mostrare le immagini di una giovane donna sorridente non aiuta a comprendere cosa ne sia di un corpo che giace esanime da 17 anni." 
Nella prima pagine de L’Unità proprio del 17 novembre 2008 c’è una foto di Beppino Englaro con dettaglio del volto visto di lato, la testa reclinata in avanti, gli occhi chiusi (e un’espressione tra le labbra difficilmente descrivibile. Prima pagina de L’Unità del 17-11-2008 rintracciabile tra le fonti - n.d.r.). Di quest’immagine scrive sul finire del pezzo la stessa De Gregori, motivando la scelta:
"Abbiamo discusso a lungo, ieri sera, se pubblicare in prima pagina la foto di Giuseppe Englaro, il padre sotto assedio. Proprio perché avevamo chiesto silenzio: forse dobbiamo spegnere i riflettori noi per primi, ci siamo detti. Però poi ci è sembrato di dover dire che è un’indecenza accanirsi su una persona così addolorata, così tremendamente provata, così stanca e così sola. Condurre una battaglia politica sulla pelle di un uomo e di sua figlia."
Dunque, la misura ‘del dire’, le ragioni di quel ‘dire’ sono state espresse attraverso una fotografia di Beppino Englaro. Il riferimento al titolo in prima pagina e ad altri ragionamenti della De Gregorio riguardano una fiction in onda in quel periodo su RaiUno. C’è, si avverte tra le righe, il dilemma del ’potere delle immagini’, il dilemma su chi guardandole le associa a un corpo, un’idea, una fede (religiosa, sociale, politica). Le immagini dei corpi come unico canale diretto, non filtrato, non appesantito da infrastrutture apparenti come possono essere le parole. Le immagini che danno una forma, a nomi propri, a stati d’animo di nomi propri.
 

Fonti (dell’intera sezione 3)

IGN: (‘Englaro racconta l’addio a Eluana’ articolo del 12/10/2009 QUI). 
Rizzoli: La vita senza limiti (QUI la scheda del libro), Eluana (QUI la scheda del libro).
Serendipity, di Guido Romeo ( ‘Sul biotestamento gli italiani hanno le idee più chiare del Parlamento’ articolo del 13/10/2009 QUI).

La stampa.it:
Il convivente voleva farla abortire lei si è opposta, è nata Eluana del 25-08-2009, La Stampa di Imperia a pag.61 
Eluana e gli stormi di avvoltoi del 14-02-2009 di Guido Ceronetti. 
Aggrappati a una spina del 6-08-2009 di Lucia Annunziata. 
’’Si’, non basta che un organo sia perduto’’ Il medico: ma c’e’ il rischio di un blocco dei trapianti Il neurologo di Eluana del 3-09-2009 di Lisa Elena. 
’’Mia figlia deve morire, cosi’ finira’ il mio inferno’’ Oggi potrebbe decidersi la sorte della ragazza in coma del 08-10-2009 di Lisa Elena. 
Il Diritto di dire basta del 14-11-2008 di Carlo Federico Grosso. 
Eluana, qui si rompe il principio di legalità del 19-01-2009 di Carlo Federico Grosso.  
Dalla parte delle regole del 09-02-2009 di Carlo Federico Grosso.  
Reportage Nelle stanze delle ventitre’ Eluana’’ Nessuno si illude, ma abbiamo cura di loro del 28-01-2009 di Neirotti Marco. 
Ira e preghiere contro il padre, ‘assassino’ si riuniscono in 200: è l’ora degli anatemi. C’è anche chi porta i figli in carrozzina del 05-02-2009 di Fabio Poletti.

Il Corriere della Sera.it: 
Testamento biologico: il 50% non sa cos’è del 17-11-2008 di Renato Mannheimer. 
Lecco, una giornata nella stanza di Eluana del 13-08-2008 di Grazia Maria Mottola. 
Il medico, bocconiano con l’orecchino <lei non è più quella delle fotografie> del 04-02-2009 di Marco Imarisio.  
In piazza con i figli malati: sono prove di vita del 05-02-2009 di Marco Imarisio.
Monsignor Betori: < Per i cristiani le persone sono sopra la legge> del 09-02-2009 di Ado Cazzullo. 

L’Unità.it:
Il caso Englaro: un pasese senza volontà del 26-06-2008 di Carlo Albero Defanti. 
Eluana: non mostrate quelle foto del 15-11-2008 di Lidia Ravera. 
Se la vita diventa blasfema del 15-11-2008 di Ferdinando Camon. 
Prima Pagine de L’Unità del 17-11-2008 da Funize.com. 
In nome del padre del 17-11-2008 di Concita De Gregorio. 
Habeans corpus del 23-01-2009 di Concita De Gregorio (Habeas Corpus, definizione da Encarta QUI). 
La foto che manca del 09-02-2009 di Giovanni Maria Bellu. 
Lo stupro sul corpo di Eluana del 14-02-2009 di Marco Rovelli. 

La Repubblica.it: 
Da 16 anni mia figlia invasa dalle mani degli altri è ora di lasciarla in pace del 16-07-2008 di Piero Colaprico.  
La legge e l’amore del 16/07/2008 di Adriano Sofri.  
Un paese tra la vita e la morte. Il confine di Eluana del 15-11-2008 di Emanuela Audisio.
La volontà di una donna del 18-12-2008 di Umberto Veronesi. 
Corpo. L’oggetto del desiderio del potere politico del 17-02-2009 di Filippo Ceccarelli. 

Il Messaggero Vento: 
Prigioniera del suo corpo del 05-02-2009 di Onorio Gonano. 
Simbolo di amore del 05-02-2009. 

Il Corriere Fiorentino:
La conta dei vocianti del 09-02-2009, editoriale di Eugenio Tassini.

Il Manifesto: 
Estremi confini. Manovre di potere nei territori del limbo del 10-11-2009 di Marco Mancassola (link all’articolo dal suo blog – n.d.r.)

Intervista a Beppino Englaro del 10-09-2009 su Arcoiris.tv a cura di Davide Sannazzaro e Daniel Bertacche.

Il corpo e il sangue di Eluana Englaro: lo stupro assoluto del 8-02-2009 di Giuseppe Genna su Carmilla.

 

 


Giovedì 19 Novembre 2009: ultima parte della sezione tre: ’Massmedialità: il corpo di Eluana Englaro attraverso i media’.

Giovedì 26 Novembre 2009: sezione quattro: intervento di Piero Bocchiaro, research fellow presso il dipartimento di Psicologia della Vrije Universiteit di Amsterdam. Autore di articoli scientifici e del volume Introduzione alla psicologia sociale (con S. Boca e C. Scaffidi Abbate, Bologna 2003), ha insegnato all’Università di Palermo e trascorso periodi di formazione e ricerca alla Stanford University. Ha pubblicato ‘Psicologia del male’, Laterza 2009.

 


Questo progetto non si avvale di immagini (n.d.r.)

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares