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(In)ter(per)culturando: Attorno al corpo di Eluana Englaro - parte III

Alcune nozioni: l’ossatura dei fatti attorno al corpo di Eluana Englaro:  Prima parte con premessa e inizio sezione 1 QUI, seconda parte con fine della sezione QUI.

2. Attorno a ‘Corpo vivo e corpo morto’ di Giulio Mozzi (Transeuropa, 2009) con nota finale di Demetrio Paolin.

 
‘Corpo vivo e corpo morto – Eluana Englaro e Silvio Berlusconi’ è un pamphlet lucido, cadenzato, spinto da una provocazione iniziale (una proposta) esposta sotto forma di lettera aperta.

Giulio Mozzi riunisce i fili di un percorso iniziato nel web, all’interno di Vibrisse, bollettino di letture e scritture on line. Il percorso è iniziato ruotando attorno al ‘testamento biologico’. Mozzi ha proposto agli utenti web di inviare il ‘proprio’ testamento biologico da divulgare on line, progetto condiviso dalla rivista ‘Il primo amore’ che ha raccolto i testi. Parallelamente Mozzi ha seguito le vicende, le evoluzioni della storia di Eluana Englaro e del suo corpo (link all’archivio di Vibrisse su ‘testamento biologico’, on line i pezzi dal 2009 – n.d.r.). Nel Settembre 2009, sempre su Vibrisse si sono pubblicate periodicamente immagini denominate ‘I corpi di B.’ (reperibili on line qui - n.d.r.). Alcuni stralci delle prime divulgazioni virtuali, dunque, trovano spazio tra le pagine di carta per precisare, rafforzare quanto si sta argomentando.
 
In un articolo pubblicato su Il Mattino di Padova il 22 Ottobre 2009 (testo integrale dell’articolo QUI on line ) si recupera la genesi del libro dalla voce dello stesso autore: “«è un libro - dice Mozzi - che è nato su commissione. Un piccolo editore toscano, Transeuropa, dopo aver letto i miei articoli sul caso Englaro pubblicati sul “Mattino di Padova”, mi ha chiesto se mi interessava scrivere un libro sull’uso che ne hanno fatto i media. Io ho detto che mi interessava, ho cominciato a pensarci, poi ho proposto un libro molto diverso».” 
 
Le argomentazioni di Mozzi, che nel libro seguono una sorta di percorso ricostruttivo e conclusivo di ‘cerchi’, per ragionamenti, logiche, riflessioni e confronti, sono argomentazioni parallele in incastro continuo tra loro.
Il corpo di Eluana Englaro
, la ‘battaglia’ del padre, Beppino Englaro, gli interventi di organi pubblici, cariche politiche, religiose, mediche; prendono forma entro interrogazioni che dal web si diramano. Contestualmente il corpo di Silvio Berlusconi, le sue azioni recenti, i sensi entro poteri e ritorni, i simboli sottilmente celati.

Pare evidente da subito che il corpo di Eluana Englaro non è solo il corpo di Eluana Englaro. Lo è, evidentemente ma già nei primi ragionamenti on line, Mozzi guarda oltre, attorno. Alla medialità, ai significati entro sessioni straordinarie del Consiglio dei ministri, dichiarazioni e prese di posizione di cariche politiche. Negli ultimi mesi in cui quel corpo ha continuato a respirare, pare quasi che l’iter giuridico, tra sentenze, ricorsi e mancate applicazioni sia stato ‘il male minore’. Tale impressione si propaga a macchia d’olio proprio nel libro.

Mozzi inizia dichiarando chi è e da ‘dove’ argomenta. E per ‘dove’ intendendo evidentemente una localizzazione nella società, precisazione necessaria per stendere le basi dei ragionamenti successivi, per liberarli da infrastrutture e aspettative fuorvianti. Non c’è alcuna pretesa, da parte di Mozzi, di individuarsi entro un ‘ruolo’ privilegiato, ‘alto’ nell’eccezione di ‘più adatto per competenze e conoscenze a intervenire sulla materia’.

Successivamente l’autore si occupa dei due corpi.
Come già anticipato, Mozzi avanza una proposta che viene ripresa e minuziosamente spiegata in ogni possibile evoluzione e obbiezione nel corpo del libro: “provvedere al più presto a dichiarare beata, e poi santa, la povera ragazza Eluana Englaro uccisa dopo diciassette anni di vita indescrivibile, e dopo lunga battaglia legale, dal padre Beppino Englaro. (pag. 7).
Naturalmente, la proposta ha una seconda parte, riguardante l’altro corpo oggetto del saggio: “prepararsi alla morte e fasulla resurrezione di Silvio Berlusconi […]: resurrezione che avverrà, se non sarà già avvenuta quando questa lettera riuscirà a essere pubblicata... […] (pag.8)
Quest’ultima affermazione, forte, politicamente (s)corretta entro labili confini di morale, responsabilità; trova poi una conclusione lucida, puntale, sul finire del libro passando per una prima e una seconda ‘immaginazione’ attraverso le quali Mozzi chiarisce ogni dubbio su quanto prevede accadrà in un futuro più presente che prossimo.
 
In questa sezione non si seguiranno i fili delle logiche principali, non si sveleranno le dinamiche che portano Mozzi a sostenere le tesi precise di cui sopra, argomentandole senza filtri, ma con proprietà di linguaggio, analisi e collegamenti tra tempi e spazi.
In questa sede mi soffermo su alcuni punti che entro confini ‘collettivi’ di tematiche, dai corpi oggetto del libro (quello di Eluana Englaro prioritariamente per questo progetto), coinvolgono, investono potenzialmente ogni corpo.
 
Mozzi utilizza continuamente il termine ‘vita indescrivibile’ riferendosi alla condizione in cui si è trovato il corpo di Eluana dal 18 gennaio 1992 al 9 Febbraio 2009. Di fatto, Mozzi riconosce l’impossibilità di descrivere dunque comprendere a pieno tale condizione. Ammissione nella sua semplicità, destabilizzante considerando la quantità abnorme le affermazioni, teorie, spiegazioni che si sono susseguite e diramate (dai media alle case) entro valzer prevalentemente a sostegno di tesi (uccidere sì, uccidere no). Ciò che Mozzi da subito esprime, anzi, dà per scontato, contrasta nettamente con ciò che è riscontrabile entro battaglie mediatiche ed opinionistiche ovvero che in molti sapessero o credessero di conoscere ragionevolmente quella condizione. Ma quella condizione non è oggettivamente riscontrabile, non entro la qualità del vivere oltre parametri di stretta rilevazione medica.
Un senso analogo lo si ritrova di frequente negli snodi dei ragionamenti, entro quelle che diventano ragionevoli in-certezze. Mozzi afferma spesso “Non sono in grado di…” oppure “Se non si sa nulla […]non si può escludere…” oppure ancora “Non possiamo sapere se…”. Negare certezze entro logiche che riprendono snodi degli ‘scontri’ legali, morali, religiosi e sociali attorno al corpo di Eluana Englaro, negare insomma fondamenta precise su cui poggiare altrettanto precise posizioni, può confondere. Eppure è probabilmente questo uno degli impatti più forti e crudi del testo: non darsi diritti (di sostenere questa o quella tesi, di credere in questa o quella teoria, di sapere se o cosa quel corpo sentiva o meno e così via) ma accollandosi doveri. Doveri di logica, analisi, scavo, visione e immaginazione.
 
Altro leitmotiv, attorno al quale ruotano ragionamenti importanti è ’ la tecnica’ ovvero il progresso scientifico capace di abbattere naturali barriere di tempo e spazio (non sempre, per ora, ma i confini, i limiti paiono limabili in continuazione). La tecnica, però, non ha altre ragioni se non le proprie: eseguire quanto gli viene insegnato/imposto, nella fattispecie ‘tenere in vita’ un corpo.
 
Il problema è che, andando avanti così il progresso della scienza-tecnica – il progresso del potere della scienza-tecnica –, verrà il giorni in cui tutti saremo destinati a non morire mai, ma a sopravvivere indeterminatamente in una condizione indescrivibile.
(pag. 39)
 
Sostanzialmente, sostiene Mozzi, ci sono elementi della vita, così come la si intende oltre la mera respirazione in sé, che la tecnica ignora perché non è in grado di comprendere, non le compete, non saprebbe misurarli, oggettivizzarli. E quest’impossibilità di conciliare progresso con ‘un qualcosa’ noto all’umano scatena un divario incolmabile. Ma l’umano anela al potere della tecnica, non riesce a fermarsi o, eventualmente, a fissarsi limiti rispettabili da tutti. Non riesce perché è un grande potere, quello della tecnica. Un potere che abbatte barriere inimmaginabili (e contestualmente altre vengono svilite, ignorate o riposte su gradi d’importanza minori, minori non per tutti gli umani fortunatamente, specie se si trovano ad affrontare determinate circostanze in prima persona o molto da vicino).
 
La tematica della ‘tecnica’ si aggancia per riflesso, entro logiche e ragionamenti continui, con quella del ‘ male’. Ciò che la tecnica arriva a fare sui corpi, oltrepassando precisi confini, è secondo Mozzi male.
 
… in fondo è una condizione nuova, creata dal progredire della tecnica; è un modo nuovo che il male ha inventato per prender forma ed entrare nel mondo…
(pag. 48)
 
C’è poi un altro spigolo, del ‘male’ che ha investito il corpo di Eluana Englaro e che Mozzi riconosce in uno dei mezzi di comunicazione più diffuso, ormai a portata di quasi ogni famiglia: la televisione.
Ci sono state precise reazioni negli ultimi mesi concitati in cui il corpo di Eluana Englaro ancora respirava. In particolare, da fine Gennaio 2009, avvicinandosi l’inizio del protocollo ufficiale di progressiva riduzione dell’alimentazione e idratazione forzata, il mezzo televisivo ha tentato di entrare in ogni possibile piega della carne, dimenticando però, alla fine, il corpo stesso.
 
La televisione italiana fa stare male, ma questo stare male non è sottoprodotto irrilevante o casuale, o addirittura perverso: è la mission aziendale.
(pag.67)
 
Dunque, la sera della morte di Eluana andò in onda, come da palinsesto, il Grande Fratello piuttosto che Matrix condotto da Enrico Mentana (qualunque fosse l’intenzione del giornalista, l’eventuale intento divulgativo, spettacolare o meno, non è evidentemente possibile saperlo) perché fa stare più male, dunque cattura ascolti, un reality show piuttosto che un qualunque studio-salotto dove si discute di una morte, delle implicazioni tra la vita e la morte.
 
Il corpo di Eluna Englaro che emerge prepotentemente da questo saggio è un corpo ‘sigillato’ (pag.54), un corpo che nulla aveva a che fare con le fotografie della ragazza che tutt’ora circolando come santini. Resta una profonda incertezza su ciò che era, quel corpo, mentre prendono forma idee o sussurri su ciò che ‘è diventato’, sul simbolo o i sensi che se ne sono appropriati.
 
L’uso del termine ‘corpo’ è evidentemente preponderante. Pressante. Claustrofobico come se quell’involucro che ognuno mentalmente ha ricostruito perché un nome e un cognome potessero avere una ‘forma’ improvvisante stringesse, togliesse il fiato.
Ma c’è, secondo me, un uso sapiente e voluto, del termine ‘corpo’, posto su un piano diverso da altri termini quali ‘persona’ e ‘ragazza’.
 
Se non si sa nulla di che cosa senta e di che cosa provi una persona nelle condizioni in cui era Eluana Englaro, non si può escludere che la povera ragazza non provasse nulla…
(pag.37)
 
Non voglio sostenere che una persona nella condizione nella quale si trovò Eluana Englaro non sia più una persona, bensì un semplice corpo, o che l’anima si distacchi dalle persone che cadano in una simile condizione a prescindere dal funzionamento, più o meno assistito, di alcune funzioni vitali. Non voglio sostenere che il corpo che vive solo perché è assistito dalle macchine, e che non faccia altro che vivere, perda la sua forma per assumere la forma delle macchine. Voglio solo far notare che questo è pensabile, ed è pensabile senza eccessivo sforzo.
(pag.46-47)
 
Quando Mozzi usa il termine ‘corpo’ si riferisce all’involucro nudo e crudo. E lo usa consapevolmente intendendo a seconda del contesto ciò che questo involucro era, rappresentava, è diventato dunque il suo essere anche simbolo, strumento, segnale. Ma ‘persona’ e ‘ragazza’ sono altri suoni. Entrano in altri contesti, logici comunque, ma che hanno a che fare con Eluana Englaro in quanto corpo e altro. In quel ‘altro’ c’è l’anima, le volontà, gli affetti, i sentire, desiderare. La vita.
 
… forse Eluana Englaro aveva ancora una vita cosciente. E una vita cosciente non va interrotta. Ora: immaginatevi diciassette anni di vita cosciente in un corpo nella condizione in cui era il corpo di Eluana Englaro…
(pag.54)
 
La nota finale di Demetrio Paolin, aggiunge carne alla carne. La lucida sequenza di proposte, riflessioni, affermazioni di Mozzi, in quest’ultima parte trova probabilmente la corrispondente foce di carne pulsante.
Paolin non infila dita in ulteriori (o nuove) piaghe. Il corpo di Eluana Englaro è lo stesso delle precedenti ottanta pagine.
Eppure Paolin lo guarda da lontano, quel corpo.
Lo riconosce dimenticato (pag.84), inutile secondo logiche sociali e politiche. Lo vede ‘conteso’ (sempre pag. 84).
Lo sente al pari di tutti gli altri corpi: un’espressione di ciò che si è (nel caso specifico di ciò che era Eluana Englaro).
Ragionare sul corpo di Eluana Englaro, è per Paolin, percorso per arrivare ad ammissioni sui corpi di tutti, su come oggi sono (non) percepiti, (non) vissuti, ostentati, spettacolarizzati e strumentalizzati.
Il corpo di Eluana Englaro è un ‘immagine “fuori fuoco” ‘ (pag. 87). E in questa indeterminatezza la sua carne ha mutato nelle forme, ha assunto quelle che gli altri (gli altri tutti, gli spettatori tv, i lettori, la gente in piazza, i ruoli di peso in questo e quel contesto o luogo..) hanno voluto e plasmato. Il corpo di Eluana Englaro è forse tanti corpi, nell’immaginario, entro gli occhi degli italiani? Possibile, verrebbe da rispondere dopo la lettura.
C’è infine, una riflessione ‘sul morire’, sull’accadimento in sé vissuto oggi come ‘optional’, quasi fossi un ‘fuori dotazione’ della vita stessa in una sorta di inversione (il)logica di tempi, cadenze e ritmi. Una riflessione che si intreccia evidentemente anche con il testamento biologico.
 
Morire era un accadimento, a cui ci si abituava. Ora mi pare che la medicalizzazione della morte abbia allontanato il morire dalle nostre esistenze.
(pag.93)
 
Quanto argomenta Paolin mi ha riportato alla mente un breve saggio di Iona Heath, ‘Modi di morire’ (Bollati Boringhieri, 2008, collana ‘Incipit’, traduzione di M.Nadotti).
 
La società contemporanea sembra avere del tutto smarrito il senso del valore della morte; del legame indissolubile tra morire e vivere; dell’organicità della morte rispetto alla vita. […] Paradossalmente, è la morte che ci fa dono del passare del tempo. In sua assenza saremmo smarriti in un’accozzaglia di eternità e non avremmo nessuna ragione di agire o meglio di vivere.
(pag. 23 – Modi di morire di Iona Heath)
 
Il corpo di Eluana Englaro ci ha costretto suo malgrado a riconsiderare ‘la morte’. Ed è stato sicuramente un ‘riconsiderarlo’ soggettivo, vario, parziale e frammentato. Ma il rito della morte, “questo tipo di tensione, di sguardo e di consapevolezza” (pag.93) forse è bagaglio ingombrante, dimenticato, perso.
 
Il corpo di Silvio Berlusconi così come emerge da questo saggio, scelgo qui di non trattarlo, preferendo rimandare la lettura alle ‘immaginazioni’ di Mozzi e dei paragrafi a esse collegati dove c’è spazio per incastri politici e religiosi, mosse, contromosse improvvise, aspettative disilluse e proiezioni.
 
Come ogni presagio, qualunque peso specifico gli si attribuisca, è possibile avvalersi della ‘prova del nove’ che si insegna alle elementari: attendere i fatti. Possibilmente rintracciandoli o rendendoli ‘nudi’, questi fatti.
 
 
La scheda del libro sul sito di Transeuropa QUI.
Disponibili on line le prime pagine del libro QUI.



Da Giovedì 12 Novembre 2009: sezione tre: ’Massmedialità: il corpo di Eluana Englaro attraverso i media’.

A seguire, sezione quattro: intervento di Piero Bocchiaro, research fellow presso il dipartimento di Psicologia della Vrije Universiteit di Amsterdam. Autore di articoli scientifici e del volume Introduzione alla psicologia sociale (con S. Boca e C. Scaffidi Abbate, Bologna 2003), ha insegnato all’Università di Palermo e trascorso periodi di formazione e ricerca alla Stanford University. Ha pubblicato ‘Psicologia del male’, Laterza 2009.

 


Questo progetto non si avvale di immagini (n.d.r.)


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