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Il Premier albanese: “Albania e Kossovo una sola nazione”

Alcuni maggiorenti del Partito Democratico albanese che fa capo a Sali Berisha assicurano di avere in merito l’appoggio della Nato e dei paesi dell’Europa occidentale, ma è una boutade propagandistica.

Il Ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic ha convocato con urgenza, presso la sede del suo Ministero a Belgrado, l’ambasciatore d’Albania e gli ha consegnato una durissima nota di protesta indirizzata al governo di Tirana ed al suo “ premier” Sali Berisha che, il giorno di ferragosto, in un appello al popolo albanese ha affermato essere in politica estera il fine del suo governo quello di “ giungere all’unificazione degli albanesi del Kossovo e della madre patria”. Durante un comizio molto seguito Sali Berisha aveva infatti dato la stura ai peggiori sentimenti nazionalisti proclamando nell’entusiasmo generale, come recita il primo lancio d’agenzia Ansa, che “ a nessuna condizione Albania e Kossovo devono considerarsi l’un l’altro come paesi stranieri”. Immediata l’indignazione di Belgrado che ha definito il discorso di Berisha una nuova sfida di tensione per la regione. I ministri Jeremic e Bogdanovic, quest’ultimo titolare del dicastero serbo per il Kosovo e Metohjia, dopo essersi informalmente consultati con le cancellerie dei paesi amici, e non solo con Mosca ma anche con quelle dei paesi dell’Unione europea che sinora si sono rifiutate di riconoscere l’indipendenza unilaterale di Pristina, hanno deciso di consegnare al governo di Tirana la durissima nota di protesta e di chiedere l’intervento della comunità internazionale, sentendosi minacciati dal vicino “ Paese delle Aquile”.


A Belgrado le dichiarazioni di Berisha sono giunte come un fulmine a ciel sereno e vengono giudicate come una seria opera di boicottaggio contro l’integrazione dei Balcani occidentali nella Nato e nell’Unione europea. Il governo filo- europeo che dal 2008, guidato da Mirko Cvetković, si è insediato a Belgrado ora teme anche il fronte interno: nella capitale danubiana infatti le dichiarazioni di Berisha potrebbero avere come indesiderato effetto quello di riorientare l’elettorato serbo verso i partiti ultra- nazionalisti e sostanzialmente isolazionisti. A Tirana invece, in un eccesso di megalomania, alcuni maggiorenti del Partito Democratico che fa capo al premier hanno assicurato che il progetto di unificazione tra Albania e Kossovo, pur trattandosi di un progetto a medio termine, è appoggiato dagli alleati della Nato, organizzazione di cui l’Albania è membro, e dai paesi dell’Europa occidentale. Le cancellerie di questi ultimi però smentiscono decisamente. Rimane dunque un mistero la motivazione per cui il premier Berisha sabato scorso ha affermato certe cose in palese contrasto con tutti gli accordi sin qui raggiunti internazionalmente circa lo “ status” dell’autoproclamata repubblica che ha in Pristina la sua capitale. Il timore è che l’Albania voglia riportare ai massimi livelli la tensione nella regione ed il suo governo offrire agli albanesi un diversivo allucinogeno onde far dimenticare le ristrettezze economiche in cui potrebbe venirsi a trovare di qui a qualche mese considerato che, con un anno e mezzo di ritardo, anche nella nazione d’oltre Adriatico iniziano a farsi sentire gli effetti della crisi economica globale.

Sinora infatti l’Albania era rimasta pressoché immune, grazie all’arretratezza della sua economia, nei confronti della crisi ma ora con tutta probabilità non sarà più così. Ecco allora giungere in soccorso a Berisha ed al Partito Democratico, al governo da cinque anni, la panacea populista del sogno mai sopito della Grande Albania. La Serbia, che mai ha riconosciuto l’indipendenza di Pristina, è allarmata ma tanto tranquille non sono neanche Macedonia e Montenegro.

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