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Il Governatore Draghi e l’«azzardo morale»

Dopo aver sollecitato per mesi gli Istituti di Credito a rafforzare il proprio capitale, oggi il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi lancia l’allarme dell’«azzardo morale».
 
Si tratta della più importante regola generale del libero mercato, assimilabile a quella che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama indicò come “principio di responsabilità nella trasparenza” nel suo discorso di insediamento di inizio d’anno.

Il libero mercato è tutt’altro che un mondo senza regole.
 
La prima in ordine temporale è quella della trasparenza: ogni operatore sul libero mercato deve essere reso pienamente edotto di tutte le circostanze relative alle sue possibilità. Per questo motivo, ad esempio, è vietato ai venditori “manipolare” gli acquirenti mediante una “pubblicità ingannevole”: essa causerebbe una distorsione del libero mercato.

Il passo successivo è la libera scelta di iniziativa nel rispetto della trasparenza richiesta dai regolamenti. Ad esempio si può liberamente decidere di partecipare al capitale di una società acquistandone obbligazioni, cosa da fare esclusivamente in Borsa.

Dulcis in fundo
l’operatore acquisisce i vantaggi e/o gli svantaggi della sua libera scelta: dall’incasso delle cedole dell’obbligazione sino alla totale perdita del capitale investito in caso di fallimento della società finanziata. E questo deve sempre accadere perché, se qualcuno viene aiutato a non subire le conseguenze derivanti dalle sue stesse decisioni, quale motivo avrà in futuro per prendere decisioni corrette? Consiste in questo l’«azzardo morale».


In effetti questo principio, nella recente crisi della finanza globale, non è stato applicato: prima le Banche Centrali, con la Federal Reserve in testa, e poi i Governi di mezzo mondo sono intervenuti sul sistema finanziario globale, salvando dal fallimento banche e compagnie di assicurazione mediante l’utilizzo di risorse economiche imponenti.

Era accaduto che si erano diffusi ed erano proliferati in maniera esponenziale nuovi prodotti finanziari ed assicurativi
, denominati in una derivati, praticamente su ogni tipo di attività: dalle materie prime, ai mutui immobiliari, ai titoli di Borsa. Ad esempio i credit default swap, mediante i quali l’acquirente delle obbligazioni sopracitato poteva cautelarsi dal rischio della perdita del suo capitale semplicemente sottoscrivendo una polizza: al massimo poteva non ricavare alcun utile dal suo investimento, ma il capitale era al sicuro. Tutto questo con contratti sottoscritti fuori dalla Borsa, fuori da qualsiasi forma di pubblicità. Per questo semplice motivo non si hanno dati certi sull’ammontare complessivo dei derivati ed ancor meno sulle perdite presunte ad essi attribuibili.
 
Tutto ciò ha finito per creare una rete mondiale di collegamento economico fra le Istituzioni finanziarie, tale che il fallimento di una sola di esse avrebbe causato a catena quello delle altre, come in un gigantesco domino: non era più possibile la crisi di un solo operatore finanziario punito dal libero mercato per le scelte errate fatte, bensì la crisi sarebbe stata sistemica, ossia dell’intero sistema finanziario. E’ il processo che i fallimenti di Lehman Brothers e del colosso assicurativo AEG hanno messo in moto. Da ciò l’intervento dei Governi, principalmente mediante iniezioni di liquidità nelle banche : per salvare il sistema finanziario son dovuti intervenire contraddicendo in pieno le regole del libero mercato, prima fra tutte quella dell’«azzardo morale».
 
La vicenda, ci ricorda il Governatore Mario Draghi, è ancora ben lontana dal suo epilogo. Innanzitutto i titoli tossici sono rimasti nei bilanci della banche in buona parte (il Fondo Monetario stima in una percentuale fra il 40 % ed il 60 %). E poi occorre stabilire per il futuro nuove regole che evitino crisi del libero mercato di questo tipo.
 
Ad esempio Tim Geithner, ministro del Tesoro dell’Amministrazione Obama, sta ricercando la trasparenza dei contratti dei derivati mediante un sistema di “contratti tipo” e mediante l’obbligo di iscrizione in un apposito elenco. Qualcuno altro propone anche per essi l’obbligo di commercializzazione nelle Borse alla stregua dei titoli azionari ed obbligazionari.
 
Probabilmente occorre anche andare oltre, nella direzione da sempre indicata dal Governatore Draghi, ossia quella di adeguata capitalizzazione dei soggetti che li sottoscrivono, in modo che la crisi di un operatore non possa mai più diventare automaticamente sistemica.

Commenti all'articolo

  • Di Francesco Rossolini (---.---.---.47) 23 ottobre 2009 12:37

    Ottimo articolo. Vengono trattati temi molto complessi in modo esemplare, chiaro e completo.
    I titoli tossici verrano rifilati nuovamente ai risparmiatori incauti, purtroppo. 

  • Di Francesco Rossolini (---.---.---.47) 23 ottobre 2009 20:56
    Francesco Rossolini

    uno, buona parte degli asset in sofferenza (ovvero tossici) sono stati scaricati sul mercato retail, sono finiti in fondi d’investimento, polizze e addirittura in piani previdenziali. C’è poco da dire i titoli tossici (trasformati ma sempre tossici) sono finiti sul mercato retail.

    In tutta onestà non mi sembra etico trincerarsi dietro pretestuosi tecnicismi per non ammettere i gravi errori commessi dalle principali banche d’affari, poi ricaduti sulle banche commerciali ed infine piombati sui risparmiatori. 

    Affermare che ai risparmiatori non siano arrivati "titoli tossici" alla luce degli effetti che essi hanno comportato è veramente assurdo. 

    uno credo che, dato che conosciamo tutti e due la verità, ad essere in malafede sia tu.



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