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Il cane inquina più di un suv...

Ma non sarà che il sensazionalismo e la ricerca dello scoop a tutti i costi abbiano influenzato un pochino le valutazioni dei due architetti che affermano con tanta enfasi i risultati della loro indagine?


“Il cane inquina, anzi un cane di taglia grande ha un impatto ambientale di circa 1.1 ettari, molto più di un suv che percorra 10.000 Km”. A dichiararlo sono due architetti della Victoria University di Wellington, in Nuova Zelanda: Robert e Brenda Vale, specializzati in stili di vita sostenibile. 

Già avrei una leggera obiezione nel ritenere validi i risultati della ricerca: gli architetti in genere non si occupano di costruire case piuttosto che strade o ponti?

Certo possono anche occuparsi di ambiente e di "stili di vita sostenibili" ma di solito lo fanno attraverso lo studio e l’utilizzo di materiali di costruzione che rispettino l’ambiente in cui sono utilizzati e prodotti.

Sta di fatto comunque che questi due architetti Neozelandesi si sono impegnati a comparare l’impatto ambientale di tutti gli animali da compagnia con gli oggetti della vita quotidiana, megli se hi-tech come televisori, automobili o cellulari.

Evidentemente le trovate pubblicitarie e di marketing non hanno il benché minimo interesse a diffondere verità, sono soltanto tese a trovare l’ultima “notizia sensazionale” e questa della responsabilità dell’inquinamento da parte dei cani e degli animali domestici in genere, tutto sembra tranne che la notizia scientifica per cui vorrebbero farla passare.

Premesso che io, animalista convinta, quand’anche tutti i calcoli fossero esatti sosterrei comunque la vita accanto agli animali come più sana e naturale di quella accanto alle macchine, non posso fare a meno di notare delle incongruenze nel metodo utilizzato per arrivare a tale affermazione.

L’appunto principale che si può muovere ai due neozelandesi è certamente sul metodo di calcolo dell’impatto ambientale usato. Esprimono infatti i loro dati in ettari, mentre per gli studi ambientali riguardanti l’impatto generato dall’industria, per esempio, il parametro che si prende in esame è un parametro energetico basato sul calcolo dell’emissione di gas serra e di anidride carbonica. Metodo che tra l’altro è ancora in discussione nel mondo dell’industria per trovare un approccio univoco che fornisca risultati comparabili e dunque facilmente interpretabili sulla stessa scala di valore. I Vale invece, disinteressandosi totalmente della discussione in atto nel mondo scientifico, hanno basato il loro calcolo sugli ettari di terra necessari per la produzione del cibo che i nostri cani mangiano e comparandola poi con quanti ettari sono necessari per la produzione di un oggetto tecnologico come un cellulare o con quelli necessari al funzionamento di un suv hanno ritenuto ovvio giungere alla conclusione che un animale domestico consuma più erba di una macchina! Credo che anche un bambino capisca che gli ettari di terra sono direttamente proporzionali agli animali che mangiano l’erba ma hanno un rapporto diverso con il plasma dei nostri televisori ultimo modello che ovviamente non mangia erba nè carne!!!



Oltre alla tecnica di calcolo per riuscire a determinare l’impatto ambientale delle attività umane sulla natura, è abbastanza controversa anche l’interpretazione che va fatta dei dati. Per noi internauti l’indagine è a portata di clic, basta vedere quanti siti si interrogano sull’argomento e quante posizioni vengono sottoscritte al riguardo. Ne riporterò acune a puro titolo di esempio, ma ogni lettore sarà autonomamente in grado di rintracciarne altrettante, tutte rigorosamente in disaccordo tra loro!

Impatto zero ha messo a disposizione dei suoi utenti un calcolatore di impatto ambientale basato sui kg di anidride carbonica messi in circolazione da ognuno secondo il proprio stile di vita

il sito Green Arrows pubblica La formula dell’impatto ambientale “IPAT equation”

I = P x A x T

dove: P = popolazione; A = affluence = consumo pro-capite di prodotti e servizi cioè consumi/popolazione; T = tecnology = impatto ambientale dell’unità di prodotti e servizi consumati cioè impatti/consumi

Lega Ambiente da parte sua utilizza più dettagliati metodi di indagine dell’impatto ambientale riferiti in particolare ai detersivi

Secondo Paolo Pini, ricercatore del CNR è importante evidenziare che il calcolo del “potere di alterazione” dell’uomo sull’ambiente non si esaurisce soltanto nell’acquisire dati numerici ma anche nell’interpretare dei fenomeni nel loro complesso

Dunque, ritornando al tema della responsabilità dell’inquinamento da parte dei nostri cani e di tutti gli animali domestici, per dare una conferma dei dati dei due architetti neozelandesi dovremmo cercare di comparare i loro metodi di calcolo con quelli maggiormente diffusi e usati ed in secondo luogo dovremmo cercare di analizzare tali dati nell’ambito della struttura di rapporti e connessioni tese tra l’uomo il cane e l’ambiente.

A mettere in luce la motivazione che ha spinto i Vale a portare avanti e pubblicare questa ricerca è senza dubbio il consiglio dato agli amanti degli animali domestici nel loro libro dal titolo sensazionalistico “Time to Eat the Dog? The Real Guide to Sustainable Living” (”Tempo di mangiare il cane? – La guida reale alla vita sostenibile”) dove addirittura consigliano di prendere un cane in shearing, ovvero in affitto, dividendolo cioè in più famiglie in mondo da diminuire l’impatto ambientale provocato per persona! Evidentemente la tendenza a far parlare di se ed alla notorietà, o peggio il marketing spinto agli estremi livelli ed indirizzato solo alla vendita, fa fare scelte di questo tipo in cui, perdendo completamente di vista il contenuto della comunicazione si deraglia su strade inconsuete tanto per riscuotere interesse e far parlare di se. La parola ambientalismo qui è usata in maniera del tutto impropria ed i risultati di questa pseudo-ricerca sono stati raggiunti e divulgati al solo scopo di vendere il libro dei due architetti in cerca di notorietà. Nulla ha di vero, nulla ha di ecologico e nulla ha di serio.

Qualunque persona che viva con un cane sa quanto questo essere sia una parte fondamentale della propria famiglia, di quale gioia profonda sia capace ogni mattina quando ci incontra e con quale rapporto unico sappia riempire la vita di tutti i componenti della nostra famiglia. Prendere in affitto un cane vorrebbe dire non avere idea del rapporto con lui. Forse i due ricercatori dovrebbero imparare dalle famiglie con cani e con animali in genere cosa voglia "condivisione". Sfido qualsiasi suv, cellulare, televisore al plasma e quant’altro a provare ed a comunicare le stesse emozioni di un cane!

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