Circa un mese fa, ricevo una comunicazione dalla scuola di mio figlio. Parla di misure straordinarie anticrisi.
Immediatamente penso: “Sicuramente non mi riguarderà, i lavoratori autonomi non sono mai inclusi in queste misure”.
Lo penso perché lavoro come traduttrice e interprete in regime libero-professionale da oltre 20 anni e non mi è mai capitato di usufruire di misure o di agevolazioni di qualsiasi tipo. Sì, perché io faccio parte del popolo delle partire IVA, degli invisibili, dei senz’albo, di quelli che versano i contributi alla Gestione separata INPS.
Leggo ugualmente la comunicazione e, con mia grande sorpresa, vedo una frase magica: “Le misure adottate riguardano tutte le categorie di lavoratori, sia con rapporto di lavoro subordinato che con contratti di lavoro “atipici”, nonché la categoria dei lavoratori autonomi nei casi di riduzione e cessazione dell’attività lavorativa”.
Ohibò, mi dico, per la prima volta una misura anticrisi rivolta anche a noi!
Rientro sicuramente nel caso di riduzione dell’attività lavorativa. Mi procuro la modulistica necessaria, l’Unico del 2008 e tutto il resto e mi reco a un CAF per farmi calcolare l’ISEE speciale. E qui scopro che le misure anticrisi aiutano solo i lavoratori autonomi che hanno cessato totalmente l’attività e chiuso la partita IVA. La gentile impiegata arriva addirittura a consigliarmelo. Un’idea interessante, quella di chiudere la partiva IVA, ossia smettere totalmente di lavorare (dato che io lavoro come traduttrice e come interprete e che i miei clienti sono le aziende, che vogliono le mie fatture e la mia partiva IVA per poter scaricare i costi), in cambio di una riduzione di magari 10 o 20 euro sulla refezione scolastica di mio figlio.
Provo a ribattere che sul modulo c’è scritta una cosa diversa, ma non ottengo nulla, se non un’ammissione a denti stretti relativa al fatto che il modulo “è scritto male”.
Chiedo a chi mi devo rivolgere per fare presente l’iniquità dei criteri, e mi rispondono che devo rivolgermi al Settore Istruzione del mio Comune.
Scrivo. Nessuna risposta. E allora scrivo qui.
Il mondo del lavoro cambia, non sarebbe opportuno che le normative avessero la stessa flessibilità che si chiede ai lavoratori, soprattutto agli “atipici” e ai professionisti senza albo né cassa?