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G20 di Londra: pacchetti a confronto

G20 di Londra: sul tavolo c’è il tema scottante della riforma delle istituzioni economiche internazionali affinché siano all’altezza della crisi globale. Si parlerà di ridefinizione dei rapporti di forza al loro interno, con i Paesi emergenti che scalpitano, Cina su tutti.

Ma non solo: si parlerà anche di soldi, tanti. Sono da un lato le “quote” che i maggiori player globali si impegneranno a riversare nelle casse comuni - leggi Fondo Monetario Internazionale - per partecipare al club dei Grandi in versione nuovo millennio; dall’altro, sono le risorse che ogni Paese ha deciso di destinare ai pacchetti di stimolo per rilanciare l’economia.

Quest’ultimo tema, in particolare, ha visto di recente una frizione tra Usa ed Europa che è quasi paradossale dal punto di vista storico-culturale: Washington, già capitale del libero mercato, diventa ora patria dell’interventismo statale in economia e sprona un’Europa riluttante a fare altrettanto.

Ma quanti sono i soldi che i maggiori Paesi hanno stanziato? E soprattutto, come vengono spesi? Qui non contano tanto le cifre assolute, bensì la percentuale sul Pil, perché da questo dato si evince sia la salute di un Paese - leggi, quanto può permettersi di spendere - sia quanto quell’economia ne beneficerà nel medio-lungo periodo.

Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale (febbraio 2009) - che si riferiscono alle economie del G7 più Cina e India per il periodo 2008-2010 - gli Stati Uniti hanno stanziato il 4,8% del proprio Pil in aiuti all’economia. Poi Cina (4,4%), Germania (3,4), Canada (2,7), Giappone (2,2), Regno Unito (1,5), Francia (1,3), India (0,5), e infine Italia (0,3). La media complessiva è del 3,4%.

In seguito, gli Usa hanno approvato un altro pacchetto da 787 miliardi per il 2009-11 (5,6% del Pil).

Stati Uniti vs Cina, quindi, il leitmotiv del nuovo millennio.
Ma se in cifre assolute gli Usa sembrano dispiegare una maggiore potenza di fuoco, molti osservatori continuano a riporre molta fiducia nella Cina in prospettiva, come Stephanie Flanders, firma economica della Bbc, che assegna al Dragone il “premio della leadership economica”in vista del G20.

Perché?


Secondo alcuni, gli investimenti cinesi puntano a settori più strategici; inoltre, nel futuro del Dragone si prospetta l’enorme espansione del mercato domestico.

In base ai dati del Fmi, la Cina destinerà infatti risorse alle costruzioni (settore trainante del mercato interno) e a un non meglio specificato “supporto di industrie strategiche“. Due tipologie che mancano nell’analisi del pacchetto Usa. Evidentemente il sostegno a General Motors, Ford e Chrysler in questa particolare fase storica non è considerato altrettanto strategico.

Anche gli aiuti destinati alle campagne puntano ad allargare il mercato interno cinese. Quanto alle banche di Stato, hanno avuto specifico mandato di concedere prestiti in forma aggressiva per la costruzione di infrastrutture e nei programmi di sviluppo occupazionale.

Dietro a tutto ciò, l’enorme liquidità a disposizione.

Va poi considerata la quota di risorse che finirà in progetti orientati allo sviluppo sostenibile, considerato da più parti il futuro anche economico del pianeta.
Si è molto parlato della svolta in questo senso rappresentata dal piano Obama, ma secondo “Università Verdesolo il 13% del pacchetto Usa è destinato a efficienza energetica, rinnovabili e ricerca-innovazione. Si tratta dello 0,6% del Pil, mentre l’Onu suggerisce di destinarne almeno l’1% alla lotta contro il riscaldamento climatico.

Altri Paesi fanno meglio: la Corea del Sud ha per esempio veicolato agli investimenti verdi circa i due terzi dei 36 miliardi di dollari stanziati contro la crisi, cioè il 3% del suo Pil.

Quanto alla Cina, si ritiene che sia “sostenibile” almeno un terzo dei 580 miliardi che costituiscono il suo pacchetto anticrisi.

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