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Fermi i grandi sistemi

Niente al vertice di Ginevra del WTO che dovrebbe, concretamente, smuovere a favore dei più deboli i meccanismi del commercio internazionale. Nessuno se n’è occupato. I difensori dei poveri (ONG, UN, etc.) hanno gli occhi e le tasche aperte su Copenaghen, dove la nuova moda del "climate change" porterà qualche miliardo di euro all’industria dell’assistenza.

Si fa un gran parlare di ridurre la povertà nel mondo, le disparità fra Paesi poveri e ricchi attraverso un commercio internazionale più equo e solidale. L’organismo che dovrebbe lavorare a questo scopo è il WTO (World Trade Organization) che, dopo l’inizio a Doha nel 2001, si era prefissato l’obiettivo entro il 2010 di ridurre barriere doganali, sussidi all’agricoltura, dazi e balzelli per facilitare il commercio specie dai mercati più marginali.
 
Un’attività importante, specie in questa fase, in cui il commercio internazionale è calato sensibilmente (10% a livello mondiale); nei Paesi più poveri si calcola il 40% (dati WTO). I più colpiti sono i settori ad alta intensità di lavoro (manodopera a basso costo) quali il tessile e il manifatturiero di base. Le conseguenze sono state brutte per i meno garantiti (cioè la maggioranza della popolazione) come abbiamo scritto in altri post. Le aperture ai commerci e la diminuzione di barriere fisiche e tariffarie, richieste dallo stesso WTO a Paesi quali la Cambogia e il Nepal negli ultimi anni, li ha resi più vulnerabili alle peripezie dei vampironi di Wall Street (e delle altre borse e banche occidentali). In questi Paesi i vantaggi delle liberalizzazioni vanno nelle tasche di pochi e ricchi, gli svantaggi in quelle di tanti e poveri. Niente di nuovo.
 
Come detto, il WTO dovrebbe avere un compito decisivo e concreto, quello di smuovere merci, persone e servizi, di creare un nuovo sistema del commercio internazionale diretto a favorire, per lo sviluppo, i Paesi più arretrati. Dovrebbe essere seguito, pressato da tutti i combattenti a favore dei poveri (ONG, UN, etc.), invece, il vertice di Ginevra ha raccolto l’attenzione solo di quale giramondo della contestazione, pochi giornalisti. Tutto il mondo della cooperazione, dell’industria dell’assistenza e dei difensori dei poveri aveva gli occhi e le tasche aperte sul nuovo business del climate change e sui milioni di dollari che pioveranno da Copenaghen.
 
Neanche gli svizzeri si sono curati del vertice. A Ginevra sono abituati al via vai dei burocrati delle Nazioni Unite (hanno un sacco d’uffici lì) e poi, da qualche tempo, gli svizzeri sono un po’ assediati da chi vuole svuotare le loro banche per riportare a casa i soldi dei propri cittadini, da scudi fiscali europei, da compravendite dei correntisti\evasori dai Paesi vicini. All’inizio di dicembre (quando è iniziato il vertice WTO) stavano preparando il referendum sui minareti che s’è rivelato un ulteriore disastro per l’immagine del Paesino del cioccolato e delle banche. Con imbarazzo, il Governo ha cercato di sminuire l’effetto, di giustificare il voto per non far alterare gli esportatori di petroldollari. La stessa opinione pubblica più sensata (che non è andata a votare) è rimasta esterefatta. Gli italiani (i ticinesi) hanno dato l’esempio votando per 2\3 a favore del blocco dei minareti.
 
Quindi la riunione ministeriale ha seguito l’esempio di tutti e si è conclusa, come spesso accade, "Nothing substantive was done to resolve the differences to free global commerce. If we don’t make progress soon, we will miss our 2010 target and that would be a great loss for the global economy and the world’s poorest", come hanno dichiarato, fra gli altri, gli indiani. Tutti hanno puntato il dito sul caro Obama che ha altre priorità (Afghanistan, sanità USA, etc.). I bei discorsi fatti su un nuovo ordine economico mondiale sono rimasti fermi. Tanto gli indiani dei villaggi, che non riescono a pagare gli usurai e si buttano nei fiumi, non sono suoi elettori.
 
Risultato ufficiale dell’incontro “Ci vediamo fra tre mesi” per un nuovo Round (qui li chiamano così) per ridiscutere se e quando togliere, per esempio, i sussidi all’agricoltura in USA e UE, che sono una delle cause principali del distorsioni nel mercato alimentare, per le quali a rimetterci sono, ovviamente, i più deboli.
 
Anche a Copenaghen poco si sta muovendo, Cina e USA litigano, i rappresentanti (numerosissimi) dei Paesi marginali (guidati dagli africani) hanno abbandonato i lavori, "They refused to continue negotiations unless talks on a second commitment period to the Kyoto Protocol were given priority over broader discussions on a “long-term vision” for cooperative action on climate change". Possiamo prevedere che l’unico risultato concreto sarà lo stanziamento di qualche miliardo di euro per sanare la coscienze dei Paesi inquinatori, saziare un po’ di governanti di quelli in via di sviluppo, creare qualche nuova agenzia delle NU e far contente un po’ di NGO che hanno fiutato la preda. Come scritto in altro post le cose piccole e concrete (pozzi, acqua potabile, controllo del traffico e dei combustibili, argini nei fiumi, risboscamenti comunitari, sostituzione del legno per cucinare e riscaldare, etc.) non fanno spettacolo.
 
E’ partito anche il primo ministro nepalese Nepal a capo di una delegazione di 90 persone (costo USD 150.000), l’India ha 34 delegati e la Cina 38. Il PM Nepal ha risposto contrariato a un giornalista che chiedeva spiegazioni sul gruppone, "We paid for so many delegates since we wanted Nepal to make a good impression". Ah, va be’.
 

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