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Di cosa ha paura il Cavaliere?

Le gravissime parole del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi davanti ai delegati del PPE non avrebbero avuto a livello mediatico nazionale la rilevanza dovuta, se non ci fosse stata in questo caso la risposta altrettanto pesante del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e se non avesse pronunciato quelle parole ad un congresso internazionale.

Gli attacchi del Cavaliere all’impianto costituzionale non sono mancati nell’arco degli ultimi due anni.
 
La Corte Costituzionale è costantemente accusata di essere un organismo politicizzato, il Consiglio Superiore della Magistratura viene sistematicamente definito un organo di sinistra espressione di una precisa parte politica (vorremmo sapere quale parte, visto che i comunisti sono fuori dal Parlamento e l’opposizione è realisticamente inesistente).
 
Berlusconi invoca una modifica della Carta Costituzionale che trasformi la figura del Presidente del Consiglio in quella di Capo dello Stato, e nella fattispecie che trasformi direttamente egli stesso da premier a Presidente della Repubblica.
 
Tutti attacchi pretestuosi volti a celare agli occhi dell’opinione pubblica, e alla maggioranza pensante della stessa, le modiche normative ordinarie portate avanti dalla sua maggioranza parlamentare e dal suo stesso governo, a colpi di fiducia.
 
Berlusconi sa perfettamente di non avere a disposizione la maggioranza qualificata del Parlamento per far entrare in vigore direttamente le modifiche alla Costituzione. Le modifiche costituzionali che fossero imposte dal Cavaliere dovrebbero passare il vaglio del referendum costituzionale, e già una volta lo stesso Berlusconi ne è uscito sconfitto. Quando si voleva far passare la riforma costituzionale di un uomo come Calderoli.
 
Gli attacchi alla Costituzione hanno, secondo noi, una finalità nota. I giudici che indagano e rimandano a processo il Cavaliere.
 
Berlusconi ha paura, ma non sappiamo ancora precisamente di cosa.
 
Forse è preoccupato per la piega assunta dal processo nei confronti del senatore Marcello Dell’Utri? Forse si è sentito mancare quando il collaboratore di giustizia Spatuzza ha fatto in aula a Torino il suo nome? Oppure è un attacco preventivo nei confronti di quelle procure che potrebbero decidere di togliere la polvere ai fascicoli sulle stragi del 1993?
 
Una consistente parte della stampa italiana, anche sul web, accusa direttamente il Presidente del Consiglio di essere riuscito a mettere su un impero editoriale e mediatico grazie alla "consocietà" con uomini poco puliti dell’onorata società.
 
Venerdì 11 dicembre scorso il boss di Brancaccio di Palermo, Filippo Graviano, ha smentito il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. Graviano afferma di non avere mai conosciuto Silvio Berlusconi. Marcello Dell’Utri esulta. Il senatore siciliano è convinto che il boss si sia "ravveduto".
 
Silvio Berlusconi parla addirittura di "comiche".
 
Il Regime si rilassa per un attimo.
 
La stampa, e per essere precisi Repubblica, ipotizza un ricatto di cui sarebbe vittima il Cavaliere, reo di aver accettato l’enorme disponibilità finanziaria di "Cosa Nostra" alla base del suo "Impero".
 
Noi diamo una chiave di lettura un po’ originale, ma non certo solo fantasiosa.
 
Gaspare Spatuzza e i Graviano sono la faccia della stessa medaglia, espressione della criminalità mafiosa e terroristica.
 
La mafia lancia il messaggio "Aiutaci altrimenti ti distruggiamo. Abbiamo i pentiti che possono parlare e di Spatuzza se ne possono trovare altri mille".
 
Berlusconi attacca i giudici, attacca il Presidente della Repubblica, attacca gli organi di garanzia come la Corte Costituzionale, attacca il CSM, attacca la Carta Costituzionale, attacca tutti.
 
Inserisce nella finanziaria per il 2010 una norma che mette all’asta i beni confiscati alla mafia, non scioglie il comune di Fondi per infiltrazioni mafiosa, con lo scudo fiscale assicura il ritorno in patria, e perfettamente ripuliti, dei capitali delle organizzazioni criminale.
 
Ma non basta, non alla mafia la mafia vuole molto altro.
 
La mafia vuole anche la libertà, il salvacondotto, la mafia vuole uscire dal carcere.
 
I graviano venerdì scorso, con le parole di Filippo e il silenzio di Giuseppe, hanno rinviato "l’esecuzione" per il Capo de Governo.
 
Con la mafia bisogna prestare attenzione alle bombe, ma anche ai silenzi.
 
"Il primo avvertimento te lo abbiamo dato, adesso tocca a te. Assicurati tutti i poteri istituzionali che ti servono, ma tiraci fuori dal carcere". 
 

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