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Dati su emissioni di CO2, consumi elettrici in Italia ed effetto serra

Le emissioni globali di CO2 sono aumentate dal 1971 del 92%, in media 1,9% all’anno. Le stime dicono che aumenteranno del 54% fino alla fine del 2009 (1,8% all’anno).

Nel 1971, i membri dell’OECD erano responsabili del 66% delle emissioni globali, ma oggi solo del 48%. La diminuzione è dovuta al rapido aumento di emissioni dei Paesi in via di sviluppo. Nel 2030, i Paesi OECD saranno responsabili del 36% delle emissioni.

L’aumento piú considerevole di emissioni é avvenuto in Asia: quelle cinesi sono aumentate del 5,6% all’anno tra il 1971 e il 2005. L’uso del carbone in Cina è la causa maggiore (3,5 miliardi di tonnellate di CO2 in piú in 34 anni). Il che significa che il rischio è che la temperatura a fine secolo cresca di ben 2/6 gradi! Secondo quanto riportato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite (IPCC), la temperatura superficiale globale del pianeta sarebbe aumentata di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100 anni, fino al 2005[1][2]. Per il futuro, le proiezioni del modello climatico riassunte dall’IPCC indicano che la temperatura media superficiale del pianeta si dovrebbe innalzare probabilmente di circa 1,1 °C - 6,4 °C durante il XXI secolo.

Il compito di associazioni trasversali e apartitiche come MDF (Movimento per la Decrescita Felice) e di tutte le altre che si muovono verso il futuro sostenibile, quindi, è quello di fare divulgazione, la più ampia possibile, presso l’opinione pubblica ,sopperendo la carenza d’informazione ed approfondimenti dei media più seguiti .

Il rischio che comporta la crescita della temperatura globale è la creazione di turbolenze atmosferiche virulente, ove a zone di progressiva desertificazione si alternano aree con piovosità di tipo ciclonico improvviso, con effetti devastanti. Il progressivo scioglimento dei ghiacci polari portera’ nel corso di questo secolo all’innalzamento del livello dei mari, causando catastrofi inimmaginabili, con intere zone della terra sotto il livello del mare.

Quindi, l’impegno consta nel diffondere know-how e conoscenza verso un modello di società meno energivora spingendo per l’impiego rapido nei prossimi anni in Europa e in Italia di sistemi d’approvvigionamento rinnovabili .

Oggi il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto per il 73,8% attraverso centrali termoelettriche che bruciano principalmente combustibili fossili in gran parte importati dall’estero (di questi, piccole percentuali - inferiori al 2% - fanno riferimento a biomassa, rifiuti industriali o civili e combustibile nazionale). Un altro 13,4% viene ottenuto da fonti rinnovabili (idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica) per un totale di energia elettrica di produzione nazionale lorda di circa 313887 GWh annui (2007). La rimanente parte per coprire il fabbisogno nazionale è importata all’estero nella percentuale già citata del 12,8%.[3]

L’“economia all’idrogeno” può rappresentare una risposta efficace sia alla problematica ambientale, sia alla problematica dell’accesso alle risorse energetiche.

I cicli termochimici per la produzione di idrogeno che fanno uso di acqua come materia prima, alimentati da energia solare induttrice di elettrolisi, possono dare un notevole contributo al gravoso problema dell’approvvigionamento energetico del Paese. I cicli termochimici possono costituire un metodo molto efficiente per produrre idrogeno dall’acqua, necessitano però di un intenso e costante lavoro di ricerca e sviluppo che consenta di portare la tecnologia dalla fase di laboratorio a quella industriale. Basti pensare che questo tipo di studi a lungo termine sulla produzione di idrogeno sono oggetto di interesse da parte dei maggiori centri di ricerca del mondo (General Atomic e Sandia negli USA, CEA in Francia, CIEMAT in Spagna, DLR in Germania, JAEA in Giappone, KAERI in Corea, ENEA in Italia).

Non dedicare la giusta attenzione a questi processi che sono allo stesso tempo fattibili, ecologici e, potenzialmente, anche economici, potrebbe rivelarsi una grossa opportunità persa per la politica energetica di qualsiasi Paese, ed in particolare per l’Italia. E’ una nuova frontiera del mercato dell’energia che si sta aprendo, e se l’Italia saprà investire le sue energie nello sviluppo della ricerca e della tecnologia adeguate potrà interpretare un ruolo da vero protagonista con ripercussioni benefiche su tutta l’economia nazionale. L’ENEA, dal canto suo, si è già attrezzato per intraprendere questa strada da protagonista.

La dipendenza energetica italiana è tra le più elevate del mondo: la riduzione delle importazioni energetiche e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento rimane una questione strategica importante. La fonte solare è inesauribile, l’installazione di impianti solari nel territorio italiano può costituire una valida fonte di integrazione energetica con un enorme potenziale da sfruttare,nel nostro sud e, anche, nelle aree desertiche del Nord Africa. Il solare ad accumulo termico di Rubbia pare offra ottime performances paragonabili ad una centrale trazionale a combustibili fossili.

Ci troviamo di fronte ad un’importantissima sfida riguardante l’approvvigionamento di energia e la soluzione di problemi geopolitici ed ambientali, che diventeranno cruciali nei decenni a venire. Utilizzare le risorse rinnovabili, ampiamente disponibili in Italia, per produrre idrogeno “pulito” e/o elettricità fotovoltaica o solare da integrare alle fonti fossili è un passaggio più che obbligato.

Articolo redatto a Genova nell’ottobre 2009, in ambito di approfondimenti MDF (Movimento per la Decrescita Felice).

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