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Dal sud Salento, meditazioncelle estive

Fra il meriggio e il crepuscolo, finalmente con l’agio di respirare l’aria piacevole di una leggera tramontana, mi trovo al timone della mia piccola barca a vela, intento a bordeggiare sotto costa e appena fuori dell’incantevole rada di Castro.
 
A portata d’occhio, oltre il braccio di mare, nitidi, e insieme misteriosi, i contorni dei rilievi montani del Paese delle aquile, mentre, a nord est, fa intanto capolino il bianco faro d’Otranto.
 
Al che, come sempre mi accade, si snoda nella fantasia la breve sequenza dei navigli dell’eroe troiano, il quale, fuggendo dal fuoco appiccato da Odisseo, approdò da noi e diede germoglio alla storia pluri millenaria che ci riguarda.
 
Fra i pensieri e il luccichio delle onde lente e lievi, ecco stagliarsi una scena sublime, della durata di appena alcuni minuti, che, però, paiono un’eternità: frotte di guizzanti abitatori marini saltellano rapidissime a pelo d’acqua, esponendo i dorsi affusolati ed agili e dando l’impressione di volersi accompagnare all’andatura del battello e di cogliere le povere riflessioni silenziose del nocchiero.
 
Così godendo, mi prefiguro che domattina schizzerò giù dal letto precedendo l’alba e potrò in tal modo gustare il miracolo del primo buongiorno con il disco rosso del sole.
Mi è venuto spontaneo di spargere intorno e diffondere queste minuscole briciole di privilegi profondi - giuntimi, senza merito, dalla natura generosa - di cui, perciò, di buon grado, intenderei poter fare ideale dono a chi avrà modo di scorrere le presenti righe.

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