Craxi e la Seconda Repubblica (cronache dal fronte)
Personalmente sono uno di quelli che ritiene che Bettino Craxi mori da latitante. Rifiutando il processo, espatriando, si pose in una condizione di assoluto svantaggio, danneggiando enormemente la sua residua credibilità e autorevolezza. E fornendo, invece, un’ottima copertura a tutti quelli che senza modificare la reale, e non formale, prassi dell’illegalità come fonte di finanziamento della politica si apprestavano a riempire i vuoti del vecchio sistema avviando una presunta Seconda Repubblica identica nella sostanza alla Prima nella continuità dell’esercizio dei poteri reali.
Poi, a dieci anni di distanza, un pezzo della politica, di quel centrodestra forzaitaliota figlio della stagione degli allori craxiani e poi del crollo del leader e del disfacimento di un’identità autonoma socialista, ha deciso di riappropiarsi dell’icona craxiana per ridare lustro a una leadership, quella di Berlusconi, che ormai mostra crepe che nessun lifting chirurgico o mediatico potrà più nascondere. Nonostante Craxi e Berlusconi siano stati uniti non solo da un viscerale anticomunismo, ma anche da una lunga amicizia personale e da un ripetuto scambio di favori ampiamente documentato, penso che se oggi Craxi fosse vivo avrebbe enormi difficoltà a schierarsi per Silvio. Perché nonostamte i tanti errori, le illegalità da lui stesso ammesse, Craxi fu, perfino nel male, una persona “seria”, un politico coerente nel suo percorso. Un partito e una politica fatti di viscere e umori, di un padrone e di tanti sottoposti, di un aziendalismo brianzolo trasformato in ideologia che vuole a tutti i costi sostituirsi alla democrazia, non avrebbero fatto per Craxi. Di quel Craxi, tanto per intenderci, che ci piace ricordare mentre diceva no a Reagan sulla vicenda di Sigonella e che contemporaneamente diceva si alla trattativa nel caso del rapimento Moro.
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