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Breve la vita felice dei Tremonti bond

Intesa Sanpaolo potrebbe rinunciare ai Tremonti-bond. L’ipotesi viene avanzata dall’amministratore delegato Corrado Passera in un’intervista al quotidiano Financial Times.

“Potremmo andare avanti con il nostro piano di emettere 4 miliardi di Tremonti-bond – ha spiegato Passera -. Ma potremmo anche dire no o decidere di emetterne solo una parte”. “Il consiglio – ha aggiunto – prenderà una decisione alla fine del mese sulla base dell’andamento del mercato, dei nostri risultati e della possibilità di conseguire le cessioni di asset che abbiamo in programma”.

Passera, in questi giorni a Londra per incontri con analisti e investitori, sostiene che la rinuncia ai Tremonti-bond sarebbe proprio quella preferita dagli investitori: molti di loro, spiega, “sarebbero contenti se, considerato il loro costo, non emettessimo i Tremonti-bond”. Per il banchiere infatti gli strumenti sono diventati, nelle attuali condizioni di mercato, “piuttosto costosi”. “Ma non penso – aggiunge Passera – che il governo cambierà i termini delle emissioni”.

Eh già. Per quale bizzarro motivo una banca dovrebbe emettere i Tremonti bond quando può ricorrere al mercato finanziario con una emissione Tier1 a condizioni economiche sensibilmente migliori, e in assenza dello strascico di moralismo che accompagna gli ibridi governativi? Soprattutto ora che le banche possono contare su condizioni di redditività migliori sul trading proprietario e persino sul margine di interesse, vista la pendenza delle curve, che consente di raccogliere a zero ed impiegare a molto, spread inclusi?

Il fatto è che, con buona probabilità, le banche italiane non avevano bisogno dei Tremonti bond forse neppure nel momento più acuto della crisi. I Tremonti bond servivano in fondo soprattutto come strumento di PR nei confronti del governo. Oggi che le banche si sentono più forti (o percepiscono il governo come più debole, chissà), ecco i primi tentennamenti, che sono tuttavia ineccepibilmente motivati in termini di costo dello strumento rispetto alle alternative. Certo sembrano lontanissimi i tempi in cui Passera proclamava:

“I Tremonti bond sono una grande cosa buona, le banche hanno fatto bene a prenderli e il governo a proporli”

Era il 30 marzo, durante un convegno organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera, i mercati avevano da circa tre settimane iniziato un poderoso rally destinato ad abbattere l’avversione al rischio, soprattutto sul credito. Nel mezzo sono stati versati fiumi d’inchiostro da analisti, opinion maker, politologi e sguatteri dell’italica cucina. Ora Tremonti e la sua strategia di coalition building dovranno trovare nuovi strumenti, auspicabilmente più efficaci della retorica moralistica contro le banche.

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