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Boss Raccuglia: notte in questura e noccioline tostate

Una brutta notte quella appena trascorsa per l’ex latitante Domenico Raccuglia. Arrivato nella sede palermitana della mobile intorno alle 21 è rimasto in mano degli agenti della sezione catturandi e dello Sco, per le rituali operazione post arresto, li gli sono state notificate le ordinanze di custodia cautelare pendenti a suo carico. Insieme a lui ieri è stata una bruttissima domenica anche per i favoreggiatori del boss, proprietari dell’abitazione di Calatafimi (TP) in cui Raccuglia si nascondeva. Tra le 10 e le 11 di questa mattina il superboss è stato trasferito al carcere Pagliarelli.

Intanto dopo la prima ricognizione di ieri sera da questa mattina sono in corso le perquisizioni nella palazzina nel trapanese. Gli esperti della Polizia scientifica stanno eseguendo dei rilievi nelle stanze dell’edificio, nel centro storico del piccolo comune.

L’arresto del boss

Si era appena messo a letto e con la tv sintonizzata su “Domenica Cinque”stava per sgranocchiare un pacchetto di noccioline tostate ed uno mandorle quando il relax pomeridiano è stato interrotto dai cinquanta uomini della polizia di stato. Il numero due di Cosa nostra indossava un paio di pantaloni neri di cotone pesante, scarpe da ginnastica “Puma” ed un maglione di lana. Accanto al letto gli uomini della Squadra mobile hanno anche trovato un biglietto scritto a macchina con le date delle vacanze scolastiche natalizie, pasquali ed estive. Probabilmente stava organizzando l’ennesima sparizione della moglie Maria e dei due suoi figli, avuti tra l’altro durante la latitanza. Il boss per due anni di seguito tra l’altro era già riuscito a far sparire la moglie nel periodo estivo, per poi farla ricomparire puntalmente a casa dopo due mesi.
Al momento dell’arresto era solo in casa, la famiglia che lo custodiva era uscita da pochi minuti.
Gli uomini della Catturandi, guidati dal dirigente Mario Bignone, hanno atteso che la coppia lasciasse l’edificio per capire se in casa fosse rimasto qualcuno. In effetti, sono passati pochi minuti e qualcuno ha acceso la televisione. A quel punto è scattata l’irruzione.
Raccuglia ha tentato subito di scappare dal terrazzo di casa portando con se un sacchetto. Ma il capomafia latitante non immaginava che l’immobile fosse completamente circondato. Nel sacchetto, si è poi scoperto, c’erano quasi 140 mila euro, due pistole e diversi pizzini, molti dei quali scritti a mano altri a macchina. Dalla notte scorsa i pizzini sono al vaglio degli investigatori che stanno tentando di decifrare il contenuto. Topo secret ancora il contenuto.

Le congratulazioni dei sindacati di polizia

«Grande operazione della polizia di Stato, dei colleghi della squadra mobile di Palermo, della mitica sezione Catturandi. Colleghi che portano avanti inchieste delicatissime e che ottengono sempre risultati straordinari. Non a caso la squadra mobile di Palermo è considerata una delle migliori al mondo e ne siamo orgogliosi». È quanto scrive in una nota la segreteria generale del Sap, il sindacato autonomo di polizia. «L’arresto del super boss – aggiunge il Sap – è la conferma che, nonostante i problemi cronici del nostro comparto e i tagli alle risorse per la sicurezza, i risultati arrivano, grazie esclusivamente all’impegno e alla bravura dei professionisti della sicurezza, dei quali non possiamo che essere orgogliosi». «La classe politica tutta – conclude la nota – dovrebbe meditare profondamente e pensare che forse, con mezzi adeguati, con risorse congrue e con organici all’altezza, i risultati contro la mafia e la criminalità potrebbero essere ancora migliori».

L’arresto di Domenico Raccuglia dimostra «che la guerra si può vincere» e testimonia «l’ altissima professionalità degli uomini della polizia». È quanto afferma il segretario generale del Siulp Felice Romano sottolineando che era stato lo stesso sindacato, in occasione di un convegno a Palermo con l’associazione Libera e la commissione Antimafia a ribadire la necessità di proseguire nella lotta alla mafia, considerando che «ci sono tutte le capacità investigative per dare l’affondo finale». «Per fare questo però – aggiunge Romano – occorrono le necessarie risorse che il Governo, a questo punto, ha il dovere di reperire in seno alla legge finanziaria. Non invertire oggi l’azione che il governo sinora ha portato sulla sicurezza, che è stata caratterizzata solo dai tagli, significherebbe ridare ossigeno al cancro della mafia». Romano rivolge poi una richiesta al ministro dell’Interno. «Speriamo che a differenza di quanto avvenuto per l’arresto di Provenzano, per il quale i colleghi vantano ancora un credito di 20mila ore non pagate, questa volta il Governo, attraverso il ministro dell’Interno, dimostri riconoscimenti concreti a questi valorosi colleghi e non la consueta pacca sulla spalla».

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