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Aggressione a Berlusconi: le responsabilità dei politici e del web

Dopo l’aggressione subita dal presidente del consiglio ci si interroga sui motivi che possano aver spinto un psicolabile a nutrire tanto odio contro il Premier. Alcuni esponenti della sinistra come Rosy Bindi e Antonio Di Pietro, affermano che il Cavaliere sia il primo responsabile dei mali, attraverso la sua condotta immorale; personalmente non posso che condannare queste parole, perché tendono a minimizzare l’accaduto giustificando indirettamente un gesto di violenza gratuita.

Certamente il termometro politico appare sin troppo surriscaldato, e credo sia doveroso un invito alla moderazione e alla riflessione, da parte di tutti: politici, giornalisti e cittadini.

Se esistono delle responsabilità nel clima di tensione che si è creato, vanno ricercate anche nei media che inneggiano direttamente alla violenza: quindi è vergognoso che su Internet esistano dei siti web o dei profili Facebook che hanno come slogan un augurio di morte prossima, e non perché si tratta di Silvio Berlusconi, semplicemente perché è immorale creare un fan club che si auguri la morte di qualunque individuo.
 
Il web non può diventare uno strumento per lanciare campagne d’odio contro l’essere umano: forse delle regole sono necessarie. Questo non significa mettere il bavaglio alla rete e/o criminalizzare chiunque abbia opinioni diverse, anche perché sarebbe un comportamento oscurantista.
 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.45) 17 dicembre 2009 19:16

    Non sono particolarmente preoccupato dell’esistenza di gruppi FB che si augurano la morte di qualcuno. Ho sempre pensato fossero goliardate e comunque auguti di "morte virtuale", più che fisica.

    Piuttosto, sono veramente sconvolto della quantità di persone che hanno inneggiato e festeggiato un gesto di "violenza reale" che, possiamo dirlo, puntava all’eliminazione fisica di una persona. Quelle decine di migliaia di persone che hanno aderito a tale gruppo, sono il sintomo di gravissimi problemi sociali presenti nel nostro paese.

    Paolo

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