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Afghanistan: Storia di un paese martoriato da 30 anni di guerra

PDPA. Il partito al governo iniziò un gran numero di riforme includendo la legalizzazione dei sindacati, un salario minimo, una fiscalità progressiva, una campagna di alfabetizzazione, riforme nell’area sanitaria e della salute pubblica che facilitarono l’accesso della popolazione a tali servizi. Nelle aree rurali facilitò la creazione di cooperative agricole.
Ma la riforma più significativa, fu quella di favorire la liberazione della donna, aprendo l’educazione pubblica anche alle bambine e agevolando l’integrazione della donna nel mercato del lavoro e nell’università: con il governo del PDPA le donne studiavano agricoltura, ingegneria e commercio nelle università. Alcune donne ebbero posti nel governo e sette di loro furono elette in Parlamento.

L’Afghanistan, uno dei paesi più poveri del mondo, fu governato fino agli anni settanta, da un sistema feudale nel quale il 75% della terra era di proprietà del 3% della popolazione rurale. Un sistema basato, sostanzialmente, sullo sfruttamento della popolazione, che ne ha causato la povertà. Negli anni sessanta le forze oppositrici di quel regime feudale, retto da un monarca, formarono il Partito Democratico Popolare Afgano (PDPA) che guidò la resistenza e forzò la caduta della monarchia nel 1973. La monarchia venne così sostituita da un governo inefficiente, corrotto, autocratico e poco popolare.
 

Il PDPA aveva avuto le forze necessarie per esigere la destituzione del Re ma non aveva avuto forze sufficienti per cambiare il regime. L’insoddisfazione di quel regime raggiunse livelli così elevati che nel 1978 grandi mobilitazioni popolari riuscirono a forzare le dimissioni del governo, appoggiati anche da una parte dell’esercito, ed a stabilire il primo governo popolare diretto dal PDPA. Il partito al governo iniziò un gran numero di riforme includendo la legalizzazione dei sindacati, un salario minimo, una fiscalità progressiva, una campagna di alfabetizzazione, riforme nell’area sanitaria e della salute pubblica che facilitarono l’accesso della popolazione a tali servizi. Nelle aree rurali facilitò la creazione di cooperative agricole.

Ma la riforma più significativa, fu quella di favorire la liberazione della donna, aprendo l’educazione pubblica anche alle bambine e agevolando l’integrazione della donna nel mercato del lavoro e nell’università: con il governo del PDPA le donne studiavano agricoltura, ingegneria e commercio nelle università. Alcune donne ebbero posti nel governo e sette di loro furono elette in Parlamento.

Sotto il governo si registrò un miglioramento delle condizioni economiche della popolazione rurale, grazie alla riforma economica, la crescita del ruolo della donna nella società, il governo riuscì anche ad eliminare le coltivazioni di oppio, in un Paese che produceva il 70% dell’oppio impiegato per la produzione dell’eroina.
Quelle riforme generarono un enorme resistenza da parte di quei gruppi i cui interessi stavano venendo colpiti negativamente. Tre gruppi diressero l’opposizione. Il primo fu quello dei proprietari terrieri che sfruttavano l’agricoltura; un’altro fu quello dei leader religiosi che si opposero con tutte le forze all’emancipazione della donna; un terzo fu il gruppo dei trafficanti di oppio. In aiuto di tali gruppi vennero l’ Arabia Saudita, uno stato fondamentalista che apportò aiuti ai fondamentalisti islamici; l’Esercito del Pakistan, preoccupato che le riforme afgane contagiassero le classi popolari del proprio paese e dagli Stati Uniti, anch’essi preoccupati dall’aria di rinnovamento.

L’alleanza tra Usa, Arabia Saudita e Pakistan era poderosa e creava instabilità al governo del PDPA. Da lì l’esigenza del governo di chiedere aiuto all’Unione Sovietica, aiuto che fu rifiutato in varie occasioni, fin quando il governo dell’ URSS accettò di inviare le forze armate in aiuto dell’esercito Afgano (leale al PDPA) impegnato contro la guerriglia fondamentalista dei Mujahidden appoggiata da Usa, Arabia saudita e Pakistan.
 
Il Consigliere Nazionale per la Sicurezza del Presidente Carter, ha ammesso che il governo americano ha finanziato la guerriglia estremista responsabile di atti di sabotaggio come l’incendio delle scuole pubbliche. C’è di più, nel 1979, il governo federale degli Stati Uniti fu responsabile del colpo di stato militare contro il governo PDPA, durante il quale furono assassinati Taraki e i dirigenti del PDPA.
 
Le ostilità del governo federale degli Stati Uniti verso le riforme del governo PDPA riguardavano la nazionalizzazione della terra ed, in generale, tutte le scelte contrastanti con le linee politiche del governo federale americano. Riforme del governo afghano che non potevano prescindere dalla collaborazione tecnica dell’Unione Sovietica. Alla fine, nel 1979, il governo dell’Unione Sovietica accettò la richiesta del governo del PDPA di inviare truppe in aiuto dell’esercito afgano contro la mobilitazione di forze internazionali che stavano intervenendo sulla sua stabilità e sopravvivenza. In parte questo era quello che si aspettava il governo degli Stati Uniti, prendere tale invasione come scusa per mobilitare il mondo musulmano contro l’appoggio del governo dell’URSS a un governo laico, progressista e desideroso di modernizzare il paese. Usa, Arabia Saudita e sostenitori, spesero 40 miliardi di dollari in appoggio dei Mujahidden, ai quali si unirono 100.000 musulmani fondamentalisti provenienti da Pakistan, Arabia Saudita (tra cui Bin Laden), Iran e Algeria, armati e addestrati dalla CIA.
 
Dieci anni più tardi le truppe sovietiche abbandonarono l’Afghanistan. La guerra durò altri tre anni, periodo in cui il governo del PDPA continuò a essere popolare, nonostante gli enormi danni alle infrastrutture del paese, causate dall’ostilità delle forze reazionarie. Il governo del PDPA continuò a governare per un anno, dopo il collasso dell’URSS, senza il rifornimento di armi da poter utilizzare per difendersi dalle forze estremiste appoggiate da USA, Arabia Saudita e Pakistan.
 
L’opposizione vinse il conflitto ed iniziò così un governo di Mujahidden, che attuarono repressioni, saccheggi, esecuzioni in massa, chiusura delle scuole pubbliche, oppressione delle donne attraverso continue campagne di violazione sistematica dei lori diritti. In un rapporto del 2001, Amnesty International, accusava i Mujahidden di “violentare sistematicamente le donne come modo per perpetrare il terrore sulla donna e il popolo, e come ricompensa per le truppe". Il nuovo governo iniziò a commercializzare l’oppio con l’aiuto dei servizi segreti pakistani e della CIA, trasformando l’Afghanistan nel maggior produttore di eroina del mondo. Varie forze militari dei Mujahidden lasciarono l’Afghanistan e lottarono per Algeria, Cecenia, Kosovo e Cachemire, dando inizio così alla rete terroristica in difesa del fondamentalismo islamico.

I talebani, frangia dei Mujahidden, sono i il gruppo più fondamentalista di tale alleanza, che grazie al fanatismo, disciplina e crudeltà si impose e finì con il governare ampie zone del paese fino ad accedere al potere. Proibirono la musica, le scuole, l’educazione laica, le biblioteche e qualsiasi forma di modernizzazione. Stabilirono l’ordine, condannarono a morte tutti quelli che creavano disordini in qualità di oppositori e i ladri comuni. Imposero il burka alle donne e agli uomini proibirono di farsi la barba. Le donne furono private dei diritti, incluso quello all’educazione, e quelle donne considerate “immorali” venivano linciate e bruciate vive. In compenso terminarono le violazioni delle donne da parte dei Mujahidden e la produzione di oppio. Questo governo talebano contò sull’appoggio del governo degli Usa pagò gli stipendi dei funzionari talebani fino al 1999. Nel 2001, a seguito dell’attacco delle torri gemelle, il Presidente Bush, per ottenere il consenso del popolo americano a bombardare l’Afghanistan, denunciò il maltrattamento delle donne in Afghanistan. 
 
L’11 settembre, dunque, segnò la fine dell’alleanza tra Usa e Talebani e la caduta del governo stesso che venne sostituito nel 2001 da un altro movimento vicino agli USA, i Mujahidden che iniziarono la lotta contro i talebani. Si tornò alla produzione di oppio.
 
Un paese povero che cerca di modernizzarsi contro la volontà dei paesi “democratici e ricchi” paga con la vita di innocenti queste iniziative. Infatti, dal 1979 al 2001, la guerra ha causato la morte di un milione e mezzo di afgani, due terzi dei quali (un milione) civili.

Dalla fine del 2001 sono morti 14 mila afgani, di cui almeno 10 mila combattenti talebani e quasi 4 mila civili. A questi vanno aggiunti migliaia di civili afgani morti nei mesi successivi alla fine del conflitto per le malattie e la fame provocate dalla guerra.
 
Dal 2002 a oggi la guerra ha causato altri 11mila morti.
 
L’Afghanistan, è uno dei paesi più minati del pianeta. Non c’è provincia afgana che non sia afflitta dal problema dei campi minati. Secondo i dati della Ong britannica Halo Trust, dal 1979 ad oggi sono state disseminate, ufficialmente, almeno 640 mila mine, tra antiuomo e anticarro. A queste vanno aggiunti milioni di ordigni inesplosi, dal 1979 ad oggi 400 mila afgani (per l’80 percento civili) sono rimasti uccisi o mutilati dalle mine.
 
Da quando è iniziata l’attività di sminamento, nel 1988, sono state rinvenute e distrutte 250 mila mine e 3,3 milioni di ordigni inesplosi.
 
E’ stato calcolato che per bonificare completamente il territorio afgano, ai ritmi attuali, ci vorrebbero più di quattromila anni.
 
Solo tra l’ottobre 2001 e il marzo 2002 le forze aeree Usa hanno sganciato sull’Afghanistan 250 mila bombe a grappolo, la maggior parte delle quali rimaste inesplose. Solo nel 2003 ne sono state rinvenute e distrutte quasi 13 mila.
In tutto questo processo, se si fosse permesso al governo PDPA di attuare le riforme, la storia avrebbe seguito altre direzioni.
 
Un eterno conflitto di cui i governi “ ricchi, democratici, federali”, hanno pesanti responsabilità.

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