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A rimorchio di un chip

Tempo di Strategic and Economic Dialogue (S&ED) Cina-Usa e il Dragone coglie l’occasione per chiedere agli interlocutori di esportare più tecnologia oltre Muraglia: volete che sviluppiamo il nostro mercato interno e che compriamo la vostra merce? Beh, togliete i limiti all’export high-tech e vedrete che noi compreremo, compreremo tantissimo.

Il punto è che i governanti consapevoli di tutto il mondo hanno ormai compreso che la crisi è anche un’occasione. Dopo, nulla sarà come prima e le nuove opportunità di business (e di lavoro) si creeranno soprattutto nella green economy e nell’Ict.

Dunque economia fa anche e soprattutto rima con “tecnologia“: lo si pensa, lo si crede, lo si spera.

Ora, anche l’Ocse ci dice, dati alla mano, che la ripresa globale potrebbe partire proprio dall’Ict.

Secondo un recente rapporto anticipato dal New York Times, il mercato globale dell’high-tech svolgerà un ruolo notevole nel tirare la ripresa e le prime avvisaglie già si vedono. Gli esperti parlano di “turning point“, come a dire che si sta scollinando dopo un’ardua salita o che “è passata ‘a nuttata”.

Se infatti la produzione di semiconduttori, computer, cellulari e altre apparecchiature elettroniche non ha ancora raggiunto i livelli pre crisi, è anche vero che il settore ha cominciato a riprendersi già alla fine del 2008, con ritmi di crescita superiori alla media. E le buone notizie vengono soprattutto da Oriente.

La Corea tira il gruppo, con un -3% a maggio rispetto allo stesso mese del 2008, un calo contenuto che diventa crescita se paragonato ai precedenti mesi del 2009.
Poi c’è il Giappone, a ruota Germania, Francia e Gran Bretagna, mentre negli Usa sembrano stabili (a maggio, -15% rispetto all’anno scorso ma stessi livelli del mese precedente).

La società di ricerca Gartner ha appurato che le spedizioni internazionali di personal computer sono calate del 5% nel secondo trimestre 2009, una contrazione inferiore alle attese. Per la fine dell’anno ci si aspetta un calo del 6%, con una ripresa del 10% nel 2010, soprattutto grazie al mercato dei notebook low-cost.

Insomma, si fa fatica ma si comincia a vedere il sole.

Sacha Wunsch-Vincent, l’esperto Ocse sull’argomento, ritiene perfino che potrebbe manifestarsi un rischio di insufficiente offerta nel medio-lungo periodo, dato che molti produttori di chip hanno tagliato i fondi destinati alla ricerca o hanno addirittura chiuso gli impianti.

Anche se non è un Paese Ocse, il rapporto si occupa della Cina.
Rimarca innanzitutto che “il governo cinese ha annunciato che investirà più di 40 miliardi di dollari in infrastrutture telefoniche di terza generazione (3G) nei prossimi due anni”.

Il Dragone è già il più grande mercato di telefonia mobile (”oltre 600 milioni di abbonati nel 2008), il che fa le fortune di China Mobile “che aveva ancora tassi di crescita a doppia cifra nel primo trimestre 2009 (14% nella seconda metà del 2008 e 10% nel primo trimestre 2009)” ed è l’unica grande compagnia internazionale in attivo quest’anno.

Tutto qui? Solo telefonini?
Non necessariamente. Le informazioni, questa volta, ci arrivano dal Paese più “tecnologico” d’Oriente, la Corea, dove il Chosun Ilbo ritiene che Pechino abbia ormai superato Seoul “nei campi delle comunicazioni a fibra ottica, dei sistemi multimediali, della gestione delle reti, delle plastiche ad alti polimeri, dei superconduttori e dell’endoscopia. Si tratta di tecnologie emerse negli ultimi dieci anni su cui la Cina ha deciso di puntare, lasciando perdere quelle vecchie in cui il gap era ormai incolmabile e raggiungendo il top a livello mondiale.

Come ha fatto? Comprando aziende e brevetti all’estero e importando cervelli. In questo contesto si inserisce il “Progetto 111“. A partire dal 2006, il governo cinese ha cominciato ad assumere, nelle 100 migliori università del Paese, 1000 talenti provenienti dai 100 istituti di ricerca al top delle graduatorie mondiali.

Secondo il rapporto Ocse, sarà proprio il contributo della politica a fare la differenza nel rilancio dell’economia mondiale: saranno per esempio gli investimenti pubblici in broadband a far crescere definitivamente il mercato tecnologico, così come lasciano intendere i fondi destinati a questo scopo nei pacchetti di stimolo messi a punto dai diversi Paesi.

Secondo Wunsch-Vincent “l’idea di governi che pensino a dove andrà l’economia da qui a cinque anni sembra essersi diffusa”.
Sarà così ovunque?

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