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A Porto Torres il Teatro delle Identità

La Compagnia Teatro Sassari ha inaugurato il ventesimo Festival di Etnia e Teatralità. Osmosi culturale e apertura fra i popoli nell’eredità di Giampiero Cubeddu. 

Un debutto invernale con pioggia e vento battente ha segnato l’avvio della ventesima edizione del Festival dell’Etnia e Teatralità, nato a Porto Torres dal progetto di Giampiero Cubeddu.

L’edizione del ventennale è dedicata alla memoria dell’ideatore, drammaturgo e regista sassarese, prematuramente mancato due anni fa, proprio nel giorno d’inizio del suo festival. Per l’occasione è stato indetto anche un premio a concorso per un testo teatrale ispirato ai temi dell’isola, che sarà messo in scena dalla compagnia sassarese fondata da Cubeddu.

Un’opera prima inedita, tratta dal testo del premio Nobel tedesco Friedrich Durrenmatt con l’adattamento e la regia di Marco Spiga, ha impegnato in una prova atipica e superba la stessa Compagnia Teatro Sassari.

Atipica per un allestimento scenico mutuato fra testo, musica e buio, quest’ultimo elemento duplice protagonista, in uno sfondo sia scenografico che interiore ai contenuti dell’opera.

Superba per il contributo di tutti gli attori sul palco, alla prese con una versione sperimentale nel filone della prosa identitaria. Raramente trattata in questa proposta, nel progetto di ampio respiro popolare che li caratterizza da trenta anni abbondanti calcati sulla ribalta.

La vicenda de “La visita della della vecchia signora ruota sul ritorno nel suo paese natale (Gullen nell’originario copione svizzero-tedesco che traduce “letamaio”, traslato “Muntinaggiu” nell’adattamento sassarese) di Clara Zachanassian.

Questa vecchia signora (vera femme fatale, Teresa Soro), costretta a fuggire in gioventù dopo essere stata sedotta e abbandonata dal fidanzato (che ne fece anche una ragazza madre), dopo un duro esilio di sofferenze e prostituzione, ritorna reduce da sette matrimoni che l’hanno resa plurimiliardaria. 

Il motivo del rientro è la sete di vendetta nei confronti di chi la costrinse a tanto disonore, comprando all’epoca la falsa testimonianza di due testimoni che la costrinsero alla fuga. Clara offre una donazione di un miliardo di euro al piccolo paese a condizione che Alfredo Pompeddu (Mario Lubino) venga ucciso. Di fronte a questa proposta indecente per una comunità, pur ridotta in condizione di estrema indigenza, avvezza alla legalità ed allo stato di diritto, parte il moto dei sentimenti umani. Ad un’iniziale opposizione a tale barbarico baratto, la prospettiva di radicale miglioramento economico, avvolge tutte la fasce sociali, coinvolgendo quelle istituzionali: dal sindaco al maresciallo dei carabinieri, sino al canonico. L’orgia sottile del paventato miracolo economico contagia acquisti in massa di beni apparenti (abbigliamento e super alcolici), comprati a credito. Per una bolla speculativa capace solo di produrre un debito insostenibile per tutti i comuni illusi.

La solidarietà iniziale per Alfredo tramuta in graduale emarginazione che getta quest’ultimo in un’angoscia crescente, sino all’estremo atto da tutti avallato. L’opera, fra le più note dell’autore tedesco, tratta sentimenti diffusi: l’avarizia, la vendetta, il moralismo fondono un refrein di vita quotidiana alternando spaccati comici e grotteschi. L’induzione all’odio e all’omicidio, perpetuata da lauta ricompensa, distorce i concetti di giustizia e legalità. Materia che a distanza di anni e luoghi ritorna ad interrogare l’animo umano. In questa operazione, l’osmosi culturale auspicata da Giampiero Cubeddu con l’idea di questo festival, l’apertura ai costumi di popoli diversi, è pienamente assolta dallo spettacolo.

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